Pensavo, pensavo, pensavo… Al Vangelo, secondo il coyote.
Se vi piacciono il meta-fumetto e il meta-cinema, non mancate di acquistare "Il vangelo del coyote", di Morozzi, Camuncoli e Petrucci, edito dai tipi di Guanda Graphic.
Ah! This is very important!
Se siete dei puristi del fumetto, e odiate le anticipazioni, di ogni sorta, fermatevi qui, perché, in questo post, i più fissatelli (e, nella categoria, sotto certi pdv, rientro pure io), potrebbero ravvisare gli estremi per appiopparmi un ergastolo per “spoileraggio a tradimento”.
Se, invece, siete un po’ meno radicali e vi volete fidare di me – prometto, non faro’ alcuna anticipazione inerente alla storia in se’ , ma solo un’analisi critica della stessa – potete proseguire senza tema.
Indi, tornando all’obj di questo post: che dire de “Il vangelo secondo il coyote”?
Beh, senza paura di esagerare, si può dire che "Il vangelo secondo il coyote” è letteratura disegnata spaventosa (nel senso che fa molta paura), da un certo punto di vista aberrante (qui, alla lettera, nel senso che parla di aberrazione in modo intelligentemente aberrante), ben scritta (dialoghi spiazzanti e micidiali, affilati ed appuntiti come il coltello di un fiorentino ai tempi del Rinascimento) e, in fine di storia, cosi' straniante da lasciarti a bocca aperta per diversi secondi, col cervello che rimugina a palla, mentre, con una serie di sonori "clac!", mette assieme i pezzi del puzzle, e in un’epifania, ti mostra quest’opera per quello che è: arte “vera”, arte che trascende così prepotentemente il genere che ogni appassionato di cinema, letteratura e fumetto dovrebbe leggere "Il vangelo" almeno una volta (due è meglio, lo capisci di più).
Il punto più importante, però, è un altro: questo fumetto è cosi' bello che, imho, vi lascerà profondamente stupiti, scombussolati da quanto la mente umana possa tralignare malamente verso sentieri oscuri e sgangherati, e portarvi dove conscio ed inconscio se ne vanno a puttane così di brutto che, parole del protagonista, capirete che significhi sentirsi "Come se, al posto del sangue, nelle vene, vi pulsasse del vetro tritato" e i significati delle cose - anche i più banali - diventassero un nulla straniato in cui gli altri sono rappresentati come oggetti da usare, e non persone.
Poi, quantunque stia sproloquiando da non poco (o, si’, insomma, stia perpetrando l’attività equivalente nell'ambito della grafomania), anche se ormai la rece è bella avanzata, premessa per le anime tenere: “Il vangelo del coyote” è un fumetto molto crudo e molto spinto.
Sopra ogni cosa, è cattivo, visto che non ci sono buoni che finiscono bene e, i cattivi, o si sfasciano cosi' male cuore, anima e cervello da, infondo-infondo, indurti ad una inevitabile pietas (pur se appartengono ad un "meta-mondo", e non sono reali, come "Il Professore", e de, facto, si spaccano pseudo-cuore, pseudo-anima e pseudo-cervello), o, in angosciosa alternativa, rimangono le bestie folli e sradicate dal consorzio umano che sono (come Skoda e Liu', ragazzotte che, all'inizio del fumetto, sono perfide, arrapate, bi-sessuali in modo deviato ed abbruttite dalla routine, e, alla fine fumetto, sono perfide, arrapate, bi-sessuali in modo deviato ed abbruttite dalla routine).
In ogni modo, ricordiamolo, qui siamo nel mondo della finzione, nel mondo dell’arte, che non deve rendere conto a nessuno, e se anche la violenza dovrebbe avere valenza catartica, non essere violenza fine a se' stessa, ne "Il vangelo secondo il coyote", la valenza catartica della violenza non esiste. E questo lo rende un'opera coraggiosa, perché scrivere del male è un conto, lasciarlo vincere senza alcuna avvertenza morale e senza alcuna possibilità di riscatto o possibilità di punizione è un altro. E nell'Italia del buonismo coglione fine a sé stesso per scrivere così devi avere coraggio. O magari no, magari gli autori han pensato solo alla storia che volevano raccontare ed il coraggio non c'entra, ma, in ogni modo, il risultato finale è decisamente sui generis.
(messaggio - fintamente - subliminale: ricordate solo questo... "Zardoz"!)
Riprendendo il filo del discorso, se “Il vangelo” fosse un film (in effetti, è una storia che, coi film, c'entra i pacchi), penso che cinematograficamente, date le sensazioni che provoca (prescindendo del tutto dai contenuti, ma paragonandolo solo alle forme di turbamento che induce), sia un ibrido tra le opere Woody Allen (quando era al suo apice) e quelle di David Lynch (pure lui, quando era al suo apice). Chi si ricorda “La rosa purpurea del Cairo”, o “Twin Peaks”, troverà momenti di affinità tale con le atmosfere del fumetto in parola, da uscirne, a tratti, con dei brividi da "Cold Turkey". Nella fattispecie, la realtà che si frange fa pensare all'Allen de "La Rosa purpurea del Cairo" (e i legami muoion lì), circa il Lynch di Twin Peaks, ve lo ricordate quell'episodio in cui l’Agente Speciale Dale Cooper sogna quella stanza, drappata di velluti rossi, dove un nano deforme gli si para davanti, parlando al contrario e contorcendosi in modo spaventoso? Beh, ci sono 3 o 4 momenti in cui "Il vangelo del coyote" è altrettanto disturbante e pauroso.
Infine, e qui concludo il post, è molto azzeccata anche l'alternanza, al disegno, di Camuncoli e Petrucci: il primo, che narra visivamente le vicende di Skoda e di Liu', ha un tratto essenziale, preciso e altamente comunicativo; il secondo, che narra visivamente le vicende de "Il Professore", ha un tratto strano, sporco e scarno, ma perfettamente adatto al personaggio attorno a cui la storia ruota (sembra un post-espressionista tedesco che si sia dato al fumetto).
In breve (tszk!), Morozzi entra di prepotenza nel novero dei miei autori di fumetti preferiti, e, visto che scrive pure racconti (mia grande passione, ma, qui, intendo scrittoria, non di lettore), dopo "Il vangelo del coyote" mi sa che mi toccherà di comperare il suo "Luglio, Agosto, Settembre nero".
Se tanto mi da' tanto, saranno soldi spesi bene.
Fin.
p.s.: quanto al titolo, beh, la storia l'ho capita alla perfezione, ma il titolo, 'nzomma, ad essere sinceri, proprio no. Morozzi consiglia di leggere il n. 5 di Animal Man, di Grant Morrison: "The Coyote Gospel". Il nesso, dice Morozzi, c'è, anche se è indiretto e contorto. Ri-'nzomma, a chi leggerà il "Vangelo del Coyote", e, di carattere, il "dubbio da incomprensione" non piace (io so', purtroppo, tra quelli), mi sa che toccherà pure di trovarsi tutto questo Animal Man... Dicono sia un gran fumetto, hai visto mai che nasca in me una nuova passione verso un altro cartoonist.
p.p.s.: per concludere davvero: "Zardoz", dovrebbe essere, se non ricordo male, un film mito appartenente al genere della fantascienza, risalente agli anni '70, con protagonista un Sean Connery che nel film appare in una tenuta bondage-post-apocalittica che, oggi, più che alle bombe atomiche, alle bombe all'idrogeno e ad un mondo ri-precipitato nella barbarie che cerca di tornare civile, farebbe pensare al sadomaso gay... E, a dirla tutta, vi ho voluto segnare con un messaggio fintamente subliminale perché sbatterete in quel titolo durante la lettura, e, anche lì, auguri a capire che diamine significhi e quale sia il il nesso col "Vangelo"...!
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