Oggi, posto un post che, per lo più, sarà una lunga citazione (ovviamente, infarcita e condita con tutta l’arguzia e le cazzate di cui sono capace, come sempre), tratta dall'opera del mangaka Kouji Mori, che sta uscendo in Italia da 6 mesi a questa parte, "Destroy and Revolution", perché è un bellissimo esempio dei picchi cui può arrivare la "nona arte" e di quanto, indipendentemente dal medium, così altamente specifico da un punto di vista culturale, quest’opera si attagli in modo inquietante alla realtà italiana.
Dal risvolto di copertina del n. 3 della serie, uscito l’11/09, riporto, tel quel: "Decisa diminuzione delle nascite, divario sociale, territorialità, mancanza di meritocrazia, debito pubblico, pensioni, istruzione... In più di vent'anni niente di questo è cambiato di una virgola. Molte cose sono addirittura peggiorate e ho una triste certezza: di miglioramenti nei prossimi dieci anni ce ne saranno davvero pochi. In ogni paese, in ogni società (*), chi non riesce a ottenere determinati risultati professionali viene licenziato senza tanti complimenti. Invece, 'loro', mantengono sempre il posto che occupano. Le persone comuni devono assumersi la responsabilità di ogni singolo errore, 'loro' non lo fanno mai. Restano li', attaccati alle poltrone".
(*): A quanto pare, Mr. Mori ignora le similitudini che si sono tra il suo paese e il nostro, ma, del resto, io ignoravo del tutto che il Giappone fosse incasinato economicamente e socialmente quanto l'Italia.
E sapete perché non avevo idea di come fosse messo il Giappone?
Perché il sistema carcerario giapponese è assolutamente... Giapponese.
Efficiente, retto, dritto come una spada, e, diciamocelo, per noi occidentali, perfino psicologicamente inquietante. Del resto, la cultura nipponica antepone il gruppo al singolo, e, per noi italiani in particolare, talvolta così individualisti da essere egoisti, è una realtà non solo difficile da accettare, ma proprio di immaginare.
E io lo sapevo che il sistema carcerario nippuz [>_<] fosse duro (vi spiego: esistono carceri speciali per gli omicidi stradali e se ti beccano anche con delle quantità minime di droghe leggere tarrombono ‘u culu), quindi mi fa meraviglia constatare come la classe politica giapponese sembri somigliare tanto a quella italiana (e non solo per come è ora, ma per come è da 80 anni ca). Qui, per darvi un’idea, riporto l'ottimo "Giappone, luci ed ombre del sistema carcerario", da il Fatto Quotidiano ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/03/giappone-luci-e-ombre-del-sistema-penale-reato-piu-frequente-furto-della-bici/644083/ ): "In carcere, ai detenuti, soprattutto quelli stranieri che qui sono quasi la metà degli ‘ospiti’, appena entrati viene consegnato un libretto stampato in varie lingue (c’è anche l’italiano) e le prime due settimane si passano, in assoluto isolamento, a imparare oltre un centinaio di minuziosissime regole (da come e quando lavarsi i denti alle posizioni da assumere durante i pasti, il riposo e perfino il sonno) e memorizzare una sorta di ‘pentalogo’ che i detenuti sono costretti a urlare a squarciagola ogni volta che si spostano, marciando o correndo, da un posto all’altro del carcere, e, che, più o meno recita così: ‘D’ora in poi sarò onesto, sincero, educato e rispettoso. Collaborerò e rispetterò le regole e mi pentirò profondamente. E sarò riconoscente’ ".
Insomma, credevo ingenuamente, chiccacchio andrebbe a delinquere in un paese dove, se sfori troppo, ti affettano il culo con un raggio della morte laser?
(Che ce l'hanno, il cazzo di raggio della morte laser, credetemi, guardate solo cosa sono capaci di fare nell'ambito della robotica, ce l'hanno!)
A quanto sembra, parecchi, a riprova del fatto che la minaccia della punizione non costituisce affatto un deterrente al delinquere (se ci pensate, perfino quando è presente la pena di morte per omicidio, ci sarà qualche sociopatico-pazzoide-piscopatico che ammazzerà qualcuno fottendosene delle conseguenze ).
Non vi sto a spiegare la storia nel dettaglio; vi riporto solo alcuni estratti (in parte adattati), del Manifesto del gruppo terroristico "Coloro che interrogano", che, nella sceneggiatura, vuole ribaltare lo status quo nipponico...
E vediamo se provocano anche in voi la reazione che hanno suscitato in me.
"NOI DUBITIAMO DELLA DEMOCRAZIA"
‘Gli ideali su cui si fonda ciò che viene definito ‘democrazia’ sono senz’altro nobili, tuttavia al giorno d’oggi essa si è ridotta ad uno strumento nelle mani dei politici, un mezzo per mantenere saldamente il potere e utilizzarlo a loro piacimento, per arricchire le loro tasche e il loro ego.
Ebbene, ciò lede la sovranità popolare.
Il nostro paese va incontro di continuo a fallimenti strategici, politici ed economici, ma i cittadini ne vengono tenuti all’oscuro. E le rare volte in cui tali insuccessi sono così imponenti da non potere essere taciuti, i responsabili riescono sistematicamente a lavarsene le mani, a rimanere nell’ombra, a fare come se nulla fosse accaduto. Ciò impedisce un cambio di rotta e il miglioramento della situazione.
Qualche temerario ha l’ardire di affermare che le tante battaglie che ci sono state per instaurare e tenere in piedi la democrazia siano state e sono inutili ed infruttuose... Ebbene, è esattamente così. Il sistema perverso nato dopo le grandi guerre e sviluppatosi per mezzo secolo si è radicato nella società fino ad avvelenarla. È nostro dovere cambiarlo.
Sostituire i politici incapaci che non hanno mai ottenuto risultati reali con persone abili e capaci, in grado di guidare con onestà e lungimiranza questo paese.’
"NOI DUBITIAMO DEL CAPITALISMO"
[i testi in tra parentesi quadre sono miei esempi e/o commenti]
‘Non abbiamo mai messo in discussione il principio meritocratico secondo cui ci si possa muovere in un mercato libero, ne’ decantiamo le meraviglie del socialismo e del comunismo.
Semplicemente, riteniamo un controsenso che lo stato debba intervenire in caso di fallimenti da parte di banche e capitalisti, aggravando sempre più il peso delle imposte sulle spalle dei cittadini.
Liberalismo e libero mercato non significano affatto salvare capitalisti, top manager e banche che non sanno fare il proprio lavoro.
[Pensate all’Italia, e alla mostruosità, citata nel link, del tracollo del Monte dei Paschi di Siena, dovuto, in breve, all'acquisto dell'Antonveneta a un prezzo, pare, ampiamente fuori mercato, di 9 miliardi di euro, agli spostamenti illeciti di fondi da una piazza all'altra (da Siena a Roma, per convincere Bankitalia e l'Antitrust di avere adempiuto all'obbligo di ridurre le proprie quote di mercato sulla Toscana, ma di fatto facendo una loscata che sarebbe parsa chiara pure all’ispettore ‘Staceppa) e al modo in cui si è concluso il teatrino, ovvero alla ancora più aberrante operazione che ha comportato l'operazione di salvataggio Tremonti Bond, per 4.05 miliardi di euro, in attesa di conversione poi nei c.d. Monti Bond, per 3,9 miliardi di euro, ibridi finanziari a metà tra le azioni e le obbligazioni.]
E, tutti questi problemi, sono dovuti ad un unico, grande problema, che accomuna l’attuale sistema democratico con quello capitalistico.
Il non sapere la verità: il non aver modo di sapere chi siano i veri responsabili degli errori e dei fallimenti.
[Per fare un esempio: nel 2009, l’allora presidente di MPS, Giuseppe Mussari, che certo doveva avere un ruolo di primo piano all’interno di MPS stessa, come poteva essere all’oscuro di quanto stava avvenendo sotto la sua responsabilità? A quanto dovette sembrare, doveva essere assolutamente ignaro ed assolutamente innocente, tant’è che l’ABI...Tenetevi forte, questa è da sbracarsi, ed è la prova evidente di come i sistemi corrotti abbiano il terrificante potere di auto-conservarsi e perpetrarsi da sé stessi... Lo nominò suo presidente.]
Costoro si guardano bene dall’uscire allo scoperto, dall’ammettere le loro colpe, e, dall’alto dei loro scranni dorati, lasciano che le conseguenze si abbattano rovinosamente su di noi, il popolo, che dovrebbe essere sovrano.
[In breve, ripeto, il sistema non solo si auto-conserva: è blindato e protegge sé stesso dalle interferenze esterne, con una tale nonchalance ed una tale incuria nei riguardi di tutto e di tutti da dare l’impressione a chi è dotato di capacità di pensiero – non superiori, sa solo pensare e basta – che questa gente si diverta a defecarci addosso.]
Per definizione, un leader è una guida, un modello che, quando è necessario, si assume la responsabilità per coloro da cui è stato scelto. Ebbene, a noi non servono leader che non sappiano e non vogliano fare tutto ciò.
E, di conseguenza, non ci serve nemmeno un sistema che non preveda una chiara assunzione di responsabilità.
[Mussari è stato condannato in prima istanza a 7 anni; questo che riporto è il sagace commento del suo legale, l’avvocato Tullio Padovani: "Temevo la richiesta di condanna al rogo. Poi mi sono ricordato che la pena di morte è stata abolita". A mio parere se ne farà forse 2, di anni, pure essendo responsabile di quella che sarebbe potuta essere una crisi finanziaria da miliardi di euro con conseguenze alla Lehman Brothers, se lo stato italiano non c’avesse messo le pezze usando le nostre - non proprio intonse - chiappotte.]
Quello di cui abbiamo bisogno è un nuovo sistema, con nuove regole.’
Per ottenere tutto ciò, nella finzione di D&R, che per essere finzione fumettistica mi pare essere un’opera con le contropalle, "Coloro che interrogano" puntano all’introduzione di 3 semplici regole (e, leggonsi, tre, non trenta, o, peggio, come si farebbe in Italia per dare l’impressione di volere cambiare lo status quo e poi in stile perfettamente gattopardesco non cambiare una mazza, trecento, poiché i politici italiani sano da sempre applicare alla perfezione la massima "Perché niente cambi, tutto deve dare l’impressione di cambiare"):
"1-a REGOLA"
‘I politici devono attuare il programma elettorale per cui sono stati votati dai cittadini, rendere o cercare di rendere reale ogni suo punto. Più la percentuale di attuazione del programma elettorale sarà bassa, più posti l’esecutivo perderà dal parlamento.’
"2-a REGOLA"
‘I politici devono rispondere di ogni proposta di legge presentata, di bilanci ed andamento delle aziende pubbliche. In caso di malfunzionamenti, inefficienze, perdite e mancanza di impegno, saranno espulsi dal parlamento.’
"3-a REGOLA"
‘I deputati, per diventare tali, dovranno sottoporsi ad un esame specifico.’
A quanto pare, dunque, il Giappone è afflitto dagli stessi mali che affliggono l'Italia (le similitudini sono così profonde da essere inquietanti, ripeto, ed ora immagino abbiate capito la verbosità con cui ho sottolineato questo stato di fatto in apertura di post). Una classe politica fortemente clientelare ha portato l'opinione pubblica all'esasperazione e sta danneggiando il paese non solo economicamente, ma su tutti i fronti, in specie quello sociale, avendo contribuito (ovviamente, come in Italia, il mal governo è una concausa della situazione attuale, non la fonte di tutti i mali, intendiamoci), alla disintegrazione della classe media, dividendo, esattamente come in Italia, il paese in due classi sociali: quelli che hanno nulla, poco o giusto il necessario per viversi addosso e, in assoluta, inedita, impossibile da sostenere a lungo senza conseguenze, contrapposizione, una classe benestante, che comprende da coloro che hanno molto a coloro che, coi propri patrimoni, potrebbero saldare personalmente il debito pubblico di uno stato africano.
Se pensate, in realtà, di essere messi meglio di quanto io non sostenga, ditemi, quanti di voi riuscirebbero a reggere l’urto di un’improvvisa spesa che vada oltre i 20 mila euro?
Io credo pochi, e se vi state rispondendo che sto esagerando, molto probabilmente siete dei benestanti (buon per voi, ovvio! E domani spero di poterlo diventare pure io!).
Insomma, non fraintendetemi: non sono un agente comunista che si è attivato dopo 35 anni di latenza, vedo sento, analizzo e commento semplicemente quello che mi sta attorno.
In ogni caso, Mori, fatta una breve analisi dei mali che affliggono il Giappone contemporaneo, senza perdersi in gigantesche, inaudite e, in breve, dis-utili masturbazioni mentali (come tende a fare il sottoscritto), propone una serie di soluzioni pratiche ed immediate. E, ancora una volta, lo fa con una praticità così estrema da potersi dire disarmante (senza perdersi in gigantesche, inaudite e, in breve, dis-utili masturbazioni mentali).
Certo, il medium culturale è quello che è, quindi necessita di sintesi e di mancanza di verbosità intrinseche, ma, proprio grazie a questo, riesce ad esprimere concetti complicati con semplicità adamantina.
E, con una semplicità altrettanto adamantina, propone i rimedi pratici che avete letto sopra.
Cazzo, è un fumetto, in esso non puoi dispiegare trattati economici o sociologici, altrimenti ammazzeresti il tuo stesso pubblico (e, se una persona volesse leggere di questi problemi ad altri livelli, dovrebbe leggere altro, tout court), ma il punto è che Mori esprime verità essenziali e offre una serie di soluzioni pragmatiche per uscire dal pantano in cui il Giappone pare essere sprofondato. Che, peraltro, è quella stessa tipologia di pantano in cui siamo sprofondati noi “itagliani”: quindi, se volessimo tirarci su, basterebbe cominciare da un riordino non solo della classe politica, ma dei criteri base di funzionamento che dovrebbero tenerla in piedi. O farla crollare malamente, se e quando si dimostrasse incapace.
Prima, però, una domanda a bruciapelo, per te, fedele lettore (se devi aver retto fino a qui, devi essermi per forza fedele!): da quanto queste idee aleggiano nell’aria delle società occidentali o occidentalizzate?
Incredibilmente, ritengo siano le stesse cose che ognuno di noi, in modo consapevole o meno, in maniera così organica o meno, abbia pensato possano essere i modi per uscire dal mare di mota in cui siamo sprofondati.
Attenzione però ad un punto fondamentale. Mori è assai obiettivo, e, in più momenti della storia, sottolinea come il fine non sempre giustifichi i mezzi, e come parte della popolazione viva la propria vita in una sorta di stato di felice ignoranza, da cui pare non voglia nemmeno uscire (del resto, non pochi sono coloro che hanno notato che il grado di depressione che deriva dalla consapevolezza della realtà che ci circonda sia tanto più basso quanto più si è ignoranti, ma sto divagando, tanto per cambiare!).
Altrettanto interessante il contenuto metafisico dell'opera e il concetto di "Oneness", potere/status fisico e mentale grazie a cui i protagonisti, potendo intervenire sulla realtà modificandola (nella fattispecie, disintegrando o teletrasportando materia), dato che sono un tutt’uno con essa, e, più in profondità, con l’universo, riescono a mettere in seria difficoltà il governo giapponese.
Per altro, per gli amanti del genere, i personaggi sono ben caratterizzati, ma di essi, in questo contesto, vi dico soltanto che D&R è un perfetto esempio di come il potere assoluto possa (e, quindi, non necessariamente, finisca col) corrompere in modo assoluto, e, di come di fronte ad un potere assoluto acquisito, si possa reagire in maniera diametralmente opposta, con equilibrio e senza la volontà di volere schiacciare gli altri o abusarne in pieno delirio di onnipotenza.
Insomma, tornando alla realtà di tutti i giorni, viene fatto di chiedersi: ma perché la cattiva qualità dello stato delle cose, quello che ci fanno sembrare da più fronti come un cumulo di mer#a inestricabile, come un problema irrisolvibile, non viene trattato con il pragmatismo che Mori riesce a buttare giù in 4 pagine?
Perché la nazione non viene gestita come se fosse una società privata di alto livello, con budget e obiettivi definiti annualmente, manager accuratamente selezionati, incentivazione del merito, eliminazione fisiologica degli incapaci, riduzione del numero dei dipendenti se e quando serve (senza temere anatemi da parte dei sindacati), adeguamento del prodotto - i servizi pubblici - alle esigenze dei consumatori/cittadini?
Forse perché, viene da dire, in fondo di cambiare le cose non gliene frega un cazzo a nessuno, in parte perché si gode dei privilegi che un sistema distorto come quello italiano inevitabilmente produce e in parte perché cambiare richiede capacità di abnegazione e sacrificio che decantare a parole è un conto e mettere in atto tutt'altro?
Mah...
"Ai posters l'ardua sentenza".
Over,
Dave.
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