Questo è un re-post... Ovvero, sto ripostando un racconto che avevo già inserito tempo addietro.
Però...
Però l'ho modificato leggermente; però, malgrado sia pessimistico, oltremodo cupo e possa, a chi ha una concezione del mondo religiosa, parere blasfemo, è una delle mie creature preferite.
(Sì, insomma, siete avvertiti... ;-))
- "Karma"
Daniele è a letto, fisicamente in forma, e ciò è non poco strano rispetto alla regola della sua vita.
È mentalmente che si sente frollato.
“Dani’el: ‘Dio ha giudicato’ ”, pensa: quello è l’etimo del suo nome.
L’ha appena scoperto.
“Ha giudicato ed ha trovato colpevole, mi sa”, aggiunge ad alta voce.
Non vuole cedere anche quel pomeriggio ma, memore della discussione avuta via e-mail con Max, si sente prossimo a capitolare.
“Capitombolare, altro che capitolare, mica cazzi...”, riflette seriosamente.
È da qualche giorno che ragiona con il Signor Fortunato, ex-Allievo Ufficiale di Complemento come lui, sull’'Eterno Ritorno', così come l’ha definito il baffuto di Roecken.
In quel momento non rammenta più quando, ma la discussione è caduta sull’Eterno Ritornare proprio del Sāmsara.
Strane bestie, le conversazioni, considera con deferenza Daniele.
Nascono, si sviluppano e si diramano come creature dispettose dotate di vita propria, intersecandosi con precedenti conversazioni e, talvolta, facendoti pensare che la sincronicità sia un fenomeno duro e concreto come una murata di mattoni.
Poco prima che la discussione in questione finisse sul concetto della 'metempsicosi' e del 'raggiungimento della beatitudine del non essere', infatti, Daniele stava meditando sulla possibilità di stare rivivendo la stessa vita da un tempo indefinito.
E, così, è andato in angoscia. La depressione derivante dal dubbio di stare rivivendo la medesima vita da un tempo infinito è un mostro orrendo, e, congiuntamente agli altri mostri che ogni giorno affronta, lo sta per spingere ad assecondare le sue voglie.
Solo che ancora non vuole accettarlo.
"E, ammettiamolo", si dice, "la paura degli interessi passivi ci mette del suo".
In effetti, deve previamente verificare la sua disponibilità finanziaria; poi, solo nel caso in cui sul suo conto ci siano almeno un paio di centinaia di euro, potrà abbandonarsi al peccato.
Trecento e sarà una giornata magnifica.
E a proposito di circolarità: sono sei giorni che non riesce ad accedere al suo conto corrente on line, poiché stanno ristrutturando in modo radicale il sito della banca che lo gestisce, e sono sei giorni che chiama l’assistenza tecnica e non cava un ragno dal buco (e il sei è un numero circolare, col quale da una decina d’anni ha un pessimo rapporto).
Sei giorni che ripete i medesimi gesti.
In condizioni normali non sarebbe un problema; purtroppo però, quel pomeriggio, trattandosi di una di quelle giornate in cui gli manca tanto la voglia di uscire da sentirsi agorafobico, deve sapere in anticipo se varrà la pena di sbattersi.
Alla quarta telefonata al call-center della sua stimatissima banca, la ‘Stocax Bank (così l'ha ribattezzata, perché ha sempre l’impressione di prendersela dove il sole raramente arriva, tutte le volte che ci ha a che fare), un disco automatico in vena di beffe, gli dice: “Benvenuto in ‘Stocax: se sta chiamando per i codici di accesso alla nuova versione, entri subito in www.’stocax.it e clicchi sul bottone rosso denominato “Aiuto”. La procedura è guidata e le fornisce in tempo reale i codici di cui ha bisogno. Se sta chiamando da un telefono a tastiera, la preghiamo di digitare due volte il tasto asterisco, in basso a sinistra. Se sta chiamando da un telefono a disco, la preghiamo di attendere in linea.
(Digita due volte il tasto asterisco)
Per “Ordini di Borsa”, digiti “1”, per “Servizi di Banking”, digiti “2”, per “Assistenza Tecnica”, digiti “3”.”
Digita “3”, et voilà: “Benvenuto in ‘Stocax: se sta chiamando per i codici di accesso alla nuova versione, entri subito in www.’stocax.it e clicchi sul bottone rosso denominato “Aiuto”. La procedura è guidata e le fornisce in tempo reale i codici di cui ha bisogno. Se sta chiamando da un telefono a tastiera, la preghiamo di digitare due volte il tasto asterisco, in basso a sinistra...”
Un altro malefico loop!
Non solo sono sei giorni che gli fanno sprecare tempo, ora vogliono pure infilarlo in un’altra situazione del cazzo di quelle da fantascienza, dove il malcapitato di turno si trova incastrato in una curva temporale chiusa!
Sempre a fare le stesse cose, come un coatto o un topo da laboratorio!
Rivivere la propria vita, ma senza alcuna originalità; solo ripetendo all’infinito gli stessi gesti, e subendo gli stessi scazzi.
“Mi volete pazzo, bastardi”, urla roteando gli occhi, come se fosse osservato.
“Maledetta sia la divinità che si prende gioco di me!”, pensa rancoroso e serissimo Daniele.
Tace per due minuti, riuscendo a non pensare a niente.
Il nulla.
Il nulla: Daniele teme che, per lui, la possibilità di giungere al non essere non esista; il constatarlo come cosa vera lo spinge ad abbandonarsi ad un accesso di risa sgangherato. La risata sfocia in un pianto da fanciullo nell’arco di pochi secondi.
Un pianto sommesso, ma doloroso da spaccare il cuore: lui, a differenza di molti suoi simili, non vuole l’eternità, vuole un riposo oscuro come la pece.
Si scuote, richiama.
Digita, alla terza o quarta telefonata, “2” eeeeh... ri-voilà: “Benvenuto al Servizio Clienti di ‘Stocax, The New Bank. Siamo spiacenti, il collegamento con l’elaboratore centrale non è disponibile. Sarà nostra cura ripristinarlo non appena possibile. La sua chiamata è stata inoltrata ad un nostro operatore”.
Al primo tentativo di inoltro il telefono squilla libero per un minuto buono, ma non ottiene risposta alcuna.
Al secondo non accade niente, di nuovo: la sua chiamata si dissolve nell’etere dell'albero di fonìa, tra scelte impossibili da ricordare, andando a morire nel limbo delle telefonate perdute ai call-center.
“Se non altro però, sono uscito dal loop...”, pensa, e prende a sghignazzare fuor di controllo. Non ha ancora finito di ridere che un rumore tremendo gli scoppia nelle orecchie.
Non capisce se è stata un’implosione mentale o se si è trattato di un fenomeno oggettivo, ma, in ogni maniera, si dice, “non ho tempo da perdere”, e, così, con la nonchalance che sempre riesce a sfoggiare quando vuole ignorare qualcosa di proposito, accantona l’evento come se non fosse nemmeno mai successo.
Al terzo tentativo, dopo la medesima trafila di prima ed un’attesa di tre-quattro minuti, gli risponde una morbida voce di femmina, che, dapprima, gli chiede i suoi estremi (codice cliente, anagrafica), facendogli quasi credere che lo aiuterà a raggiungere la sua disperata meta; poi, una volta ottenuti i suoi dati, lo liquida (gentilissimamente e colma di dispiacere, ma lo liquida), dicendogli che, testuali parole, per evitare di finire di nuovo nel loop del risponditore automatico (“Eeeeh! Allora non sono pazzo!”, pensa), è bene che contatti senza tramiti l’Assistenza Tecnica, e celermente gliene fornisce il numero.
Daniele chiama così l’Assistenza Tecnica ma, al primo tentativo, prende la linea e questa cade all’istante (dandogli la nettissima impressione che, l’operatore dall’altra parte del cavo abbia interrotto la conversazione ancor prima di iniziarla), al secondo il telefono squilla per due minuti buoni ma non ottiene niuna risposta, al terzo una sospensione musicale gli flagella le orecchie per cinque minuti abbondanti, fino a che non si spappola ‘o cazz e attacca il ricevitore con ferocia.
È una reazione sproporzionata, lo sa, ma non può e non vuole farci nulla.
Si sente come perseguitato e ciò lo rende folle di rabbia (sta sbavando una schiuma bianca, densa e spessa come mousse): la sua collera ha fatto saltare un pezzo della centralina in cui il cordless va riposto e lui, di regola attento alle sue cose, se ne è bellamente fottuto.
Cazzo, non può mica scendere in strada e buttarsi in pista senza avere la certezza matematica di potersi sbomballare!
Bancari bastardi, rimugina.
Certo, se sono furbi come immagina che siano, hanno diviso i clienti in base al saldo, per cui la probabilità di riuscire a verificare via internet quale sia il suo saldo è quasi nulla.
Inoltre, non è da escludere l’eventualità che suddividano la clientela con dei codici di pericolosità e, considerato l’uso quantomeno bizzarro che Daniele fa della sua carta di credito (e, da che ha esaurito il plafond di quest’ultima, del suo Bancomat), di sicuro non avrà un "codice di pericolosità zero".
Mentre pensa tutto questo le orecchie gli fischiano e ronzano assieme.
Sa che questo è quanto gli capita quando ha degli attacchi di paranoia cieca, ma proprio non si riesce a calmare.
Trema, al pensiero: come farà oggi ad abbracciare 'la petite mort'?
La disponibilità della carta di credito è finita da giorni e, se sul suo conto corrente non ci sarà un cazzo, come farà ad acquistare?
Quando riuscirà ad accedere al suo conto?
Ma poi, avrà davvero tutta questa importanza farlo, considerando che il suo saldo è patologicamente e sistematicamente vicino allo zero assoluto e, se proprio vuole, può sempre darsi alla sua pusher?
Eppure, c’è qualcosa che non gli torna (o che non vuole digerire).
Non se la starà raccontando?
Sarà davvero così facile come si sta dicendo?
Una telefonata, un appuntamento, un pompino, uno schizzo nel vuoto o un ingoio (a seconda, sembra, del di lei umore), una busta e via, più pimpanti che mai?
Per quanto sia analitico, alle volte s’è ingannato con tale maestria da impiegarci giorni a prenderne atto (alle volte mesi, in verità, ma non ci può mica soffermare su certe cosine, no?).
Betta, la sua attuale e più assidua pusher, non è così bella, ma, per fare sesso, è ok.
Il problema è che l’ultima volta che sono stati assieme gli ha dato della puttana.
Lei ha dato della puttana a lui.
Scherzava, ma gli ha dato della puttana.
E, Daniele, per quanto smozzicato ed eroso, crede di avere ancora un filo di orgoglio.
In somma, il problema è bello grosso.
In sintesi: chiamarla vorrà dire ammettere la propria sudditanza psicologica, non chiamarla significherà una depressione da spaccarsi in due.
Non c’è quindi un lowest scenario: ciascuna delle due scelte è dolorosa, avvilente e schifosa.
“Accedere o non accedere? Questo è il dilemma...”, si dice convintissimo.
Prende il telefono, digita il numero di Elisabetta e si dice: “Bah, meglio fottere che essere fottuti...”
Mentre aspetta che Betta risponda, gli viene in mente, in modo in parte inaspettato, l’orrido, pacchiano ed esorbitante orecchino a cerchio che aveva addosso una settimana fa. Quell’orecchino era così grande che s’era immaginato a infilarci la mano serrata dentro. Non solo, in realtà: in un impeto di schifo verso sé stesso, rammenta che aveva pensato di cominciare col ficcarle il pugno nell’orecchino, come in un canestro, aprire la mano, agguantarle l’orecchio, eeeeh…
Strapparglielo.
Aveva pensato di staccarle un orecchio, e buttarglielo per terra davanti agli occhi, come se fosse stato immondizia.
Più per odio verso sé stesso che verso di lei, ma questo non aveva fatto la differenza: quando quel frutto marcio del male era esploso, poco c’era mancato che vomitasse.
Si sofferma su quello che sta pensando, e, a ben guardare, si rende conto che il pensiero di quello scandaloso gioiello non è così estemporaneo, nemmeno a considerare la tendenza innata del suo cervello a deragliare: è da una quindicina di giorni che è ossessionato da cerchi, anelli, dejà vu e ricorsività varie.
Non sa bene neanche lui perché, ma associa questi fenomeni all’idea della Morte (ma non 'la petite mort' dei sensi: la Morte, ontologicamente definita).
La morte: è una settimana che si dice che ogni uomo che voglia essere degno di questo nome deve accettarla come parte integrante della vita.
Ma lui non ci riesce.
Anzi, riesce solo a provare un panico cupo e stancante.
Tutti coloro che nascono prima o poi muoiono: lo sa, l’ha sempre saputo, da quando ha cominciato a ragionare, ma c’era stato un periodo della sua vita in cui aveva funzionato come se fosse stato immortale.
Ora però sentiva che quel periodo era andato, cancellato.
Non solo: per dirla tutta, quella stagione della sua vita era così sepolta da sembrare non essere nemmeno mai esistita.
Un nuovo deja vù gli toglie il fiato.
“È come se,” pensa persino, “le ricorsività aumentassero perché sto per crepare... Mi sto avvicinando alla fine, ecco perché è tutto così ripetitivo e ossessivo...”
Betta è in casa.
(si schiarisce la voce, imbarazzato)
“Ciao piccola, sono io... Com’è?”, le dice fingendo un entusiasmo che non prova affatto.
“Bene...”, risponde Betta con un voce stranissima, e poi ammutolisce.
“È il caso che le dica chi cazzo sono, ogni santa volta?”, rimugina, e poi, pensando alla libertinaggine di Betta, al suo mestiere di spacciatrice di droghe pesanti e al fatto che nove volte su dieci è fatta come una pigna, comprende che si, lo è, eccome: “Sono Daniele, piccola, com’è?”
“Daniele... Daniele?!? Oddio! Scappa! Sta venendo da te! È PAZZO! Mi ha quasi ammazzata di botte! Volevo solo farlo incazzare, ma sta venendo da te! È PARTITO DA MEZZ’ORA!”, gli grida Betta con un tono che non sembra nemmeno il suo.
Lei che, obbligata dall’etichetta della pusher raffinata e noncurante, è sempre così cool, così pacata, così vedopattola, adesso non solo sembra una pazza sotto tortura, pare che in bocca abbia mezz'etto di sugna.
Daniele non ribatte (ma pensa, con la sua solita analiticità: "se sta parlando così, è perché deve avere le labbra gonfie o spaccate"): butta solo giù il telefono così veloce da dare l'impressione da avere avuto uno spasmo involontario e con una tale foga che la basetta del cordless esplode definitivamente.
Mezz’ora?
Come mezz’ora?
Perché quella vacca imbecille e scervellata non l’ha avvertito prima?
Il citofono sta per suonare, se lo sente.
Respira a fondo e si alza dal letto.
Si guarda braccia, mani e corpo, contempla la propria stanza e le sensazioni di dejà vu si fanno così intense, veloci e insistenti da dargli l’impressione di stare vivendo le stesse sensazioni ed emozioni due, tre, cento, mille volte, in un osceno riverbero di impressioni tattili, visive, uditive e sonore.
E qui comprende.
Senza sorpresa, come chi abbia semplicemente avuto conferma di una cosa che, in fondo, sa da sempre.
Decide di scendere in strada.
Conosce Betta da un anno e, a quel punto, non solo gli ha fatto tanti di quei pompini da avergli reso il glande lucido e brillante come se fosse stato smaltato, gli ha regalato anche tanti di quegli enteogeni che, se se li fosse venduti, ci si sarebbe comprata una macchina.
Ad Assan, non ostante fossero conviventi da tre anni, aveva confessato a Daniele durante un discorso da letto, non glielo aveva nemmeno mai baciato.
Scopare si, magari prenderlo pure da dietro, ma, davvero, da lui, in culo e i pompini no.
“Donne, che strane e complicate creature”, si dice un’ultima volta.
Non che questo importi più, ormai: troie, maledette, insane, odiose, dolci, beneamate, adorabili, profumate, morbide, indispensabili o inutili che fossero, sarebbero ritornate.
Come tutto il resto.
La sostanza che gli veniva regalata era, ovviamente, di Assan: di fatto Betta era solo la venditrice finale.
Scende le scale con calma affettata.
Non gli sono mai piaciute le teatralità, ma checccazzo, che soddisfazione si sta per prendere!
Apre il portone, lo vede attraversare la strada con una pistola gigantesca nella mano sinistra e gli grida: “UN GRAMMO PER OGNI POMPINO, PEZZO DI MERDA!”
FIN.
Ah!
Una cosa che non faccio mai è spiegare perché abbino una data immagine ad un mio scritto; in questo caso però, secondo me, una spiegazione non guasta: il disegno è di Jean Pierre Velly, un eccelso e, penso, ai più, misconosciuto autore di incisioni ed acqueforti. "Infine", oltre ad essere l'unica sua a colori, a mio parere si abbinanava perfettamente al contenuto di "Karma". Questo perché la luce centrale mi fa pensare alla morte (o, meglio, a ciò che coloro che hanno sperimentato esperienze di pre-morte dicono di avere visto), e il turbinìo folle di oggetti e persone che ruota attorno ad essa sembra quasi in sintonìa sincronica (da sincronicità, intendo, e, no, non mi sono fumato nulla, nè ho assunto altro tipo di droghe) con quanto alla fine del racconto accade a Daniele (alludo al turbinìo di impressioni visive, tattili, uditive e sonore che lo "folgora" poco prima della sua fine).
Chiaro che io del significato "vero" di "Infine" non so alcunché, quindi potrei stare dicendo una colossale cazzata...
Però, sì, ci prende, no?
Bello bello bello bello bello! Mi pare di averlo già letto tempo fa comunque e ti faccio di nuovo i complimenti=)ho notato che c'è sempre il nome Daniele nei tuoi racconti, come mai? (aggiungo anche che Daniele è un nome che mi piace tantissimo...)a presto spero baci by marlene86
Scritto da: marlene86 | 20/05/08 a 19:32
grazie Nadia...
Daniele mi piace sia per come suona, sia per l'etimologia.
chiaro che il significato di "Dio ha giudicato e trovato colpevole" _non_ è il vero etimo... mi era solo comodo usarlo in quel senso, visto quanto accade al protagonista (anche se, cmnq, vuol dire _davvero_ "Dio ha giudicato"!).
grazie ancora del complimento!
ciao,
Davide.
Scritto da: asmodeo | 21/05/08 a 08:49
Zakke!!! Ipertestualmente e supertempestivamente (perche' chi semina tempestivita' raccoglie teppisti tempisti) eccomi qui riallacciato al replay a "bere o non bere" http://asmodeo.blog.lastampa.it/correnti_alternative/2008/05/bere-o-non-bere.html
Eeehmmm si ma i dialoghi dove stanno? Nel descrittivo vai forte, a volte direi che sei "conradiano" (ma non ti montare la testa 8-) ma i dialoghi li diluisci troppo! Questa storia deve essere "slFLASHata" di piu'... ci sono cose molto buone, il soggetto e' minimale ma intrigante (instant cronaca nera - dacci oggi il nosto NOIR quotidiano) e meriterebbe un montaggio delle sequenze piu' incalzante... fammelo rileggere ancora un paio di volte... poi ti torturo un'altro po'!!!
Scritto da: Alphio | 21/07/08 a 14:40
"conradiano"?!
senti, tra "pippe" e "montarsi la testa", qui finisce male!
...Oppure, "bene", dipende da quanto uno ammetta di essere narcisista e, su tutto, da quanto tempo uno non tromba(*)...
cmnq, leggi, leggi, e se proprio devi, torturami!
io - per te - sono sempre gaudiamente pronto!
;-)
(a questo punto, la testa non montartela tu, pero'!)
Bye,
Davide.
(*):...uhm, dipende pure, a 'sto punto, da quelo che uno trova ingrifante... in effetti, triste ma vero, rimango un onanista-tradizionalista!
Scritto da: asmodeo | 21/07/08 a 14:50
CERTO che sei Conradiano!!! Un maledetto oscuro, tormentato, introspettivo conradiano! Uno schifoso cuore di tenebra. Altrimenti perche' verrei a cercarti ancora vecchio mio??? In quanto al montarCI la testa... sappiamo benissimo che non e' la nostra altezza ad elevarci ma solo la miserabile, monotona piattezza del panorama che ci circonda. Vatti a vedere l'Email (se gia' non l'hai fatto) che ci sta "il tuo Karma" massacrato per benino! Buaaah aaah ahhh ( risata alla Gambadilegno) e consolati pensando a quanto mi sono dolorosamente riconosciuto nelle cose che scrivi. Ma a noi ci piace ficcarci i ferri roventi nell'anima, nevvero? Vabbeh fammi tornare alle cose serie... m'aspettano Tavernello, benzodiazepine e siti "Mature hairy" a riprova della sanita' delle mie tendenze.
Yup! Il prozio Alphio
Scritto da: Alphio | 21/07/08 a 22:33
ziastro, le tue abitudini mi sconquinferano assai!
devo solo capire cosa voglia dire "mature hairy"...
cmnq, se sei davvero sulla soglia del mezzo secolo, tanto di cappello, hai la freschezza mentale di un trentenne (e, noto, le sue perversioni).
cmnq, tornando al commento: allieti la mia giornata - alle lacrime, giuro ;-) - nel dirmi che sono un "cuore di tenebra"...
ma il mio non è mero compiacersi nichilistico, ovvio, mi fa piacere l'altezza (everestiana) del tuo complimento, intendiamoci.
grazie ziastro, mi inchino, umilmente!
in ogni modo, tornando ai dialoghi: hai letto il mio "Sepolcri Imbiancati"? mi sono arenato - per paura, per i troppi impegni lavorativi, per il fatto che sono acciaccato fisicamente in modo moooooolto fastidioso da mesi tre - ma stava partendo - imho, ovvio - abbastanza bene (interazioni dirette tra i personaggi inclusi)...
un parere illuminato (anche se di luce oscura) mi aiuterebbe e farebbe molto piacere.
bye,
Davide.
p.s.: tanto per romperti i coglioni al midollo: c'è anche la "ri-scrittura" di "Death & Rebirth" che è fittafittafitta di dialoghi... se puoi - e se vuoi - leggi e giudica!
Scritto da: asmodeo | 22/07/08 a 08:48
non so che dire...
la tua rielaborazione è molto bella...
cosi' bella che la postero' qui, con il titolo che gi hai dato tu...
perlatro, "Karma-Reloaded", suona pure matrixiano, il che, paradossalmente, ci incocchia pure con l'oggetto del loop!
i tuoi ritratti ritoccati sono strafichi, specie il secondo, quello di faustiana titolatura ed influenza...
ovvio che sarà l'immagine che accompagnerà "Karma-Reloaded"!
grazie,
dammi solo il tempo di formattare "Karma-Reloaded" (purtoppo, se dal "notepad" passo al "typepad" del mio blog, si "fracassa" tutto) e poi lo posterò!
bye,
Davide.
Scritto da: asmodeo | 22/07/08 a 09:43
Saro' lapidario che mi sto preparando per andare a fare una disinfestazione di rootkit... nella pulizia dei PC adotto tecniche, anche e sopratutto mentali, molto affini a quelle Antiterroristiche. Quindi in questo momento sto' piu sul feeling della testa di cuoio che sul mio abituale essere testa di cazzo filosofeggiante. ;-)
CMQ lietissimo tu abbia apprezzato e ri-OK per rivederci insieme le altre cose... in quanto alle mie fotoelab disponi pure. Anzi a breve pubblichero' una galleria virtuale in 3D navigabile con la mia opera omnia. Naturalmente considerati gia' invitato d'onore.
XXX By il Prozio Alphio
PS per la precisione sono 51 fra qualche giorno!
RiPS Rileggendo l'elaborato stanotte ho trovato dei refusi e ho limato qui e la'... ora ti mando il corretto.
Scritto da: Alphio | 22/07/08 a 13:15