-03/02/07, ore 09.00 a.m.
Era da poco che era riuscito a smettere di tremare, ma ciò non cambiava il suo stato d’animo: si rendeva conto che presto avrebbe ceduto, quindi, sapendo che quel momento di calma non sarebbe stato foriero di miglioramenti ma solo una distrazione temporanea, si rassegnò mentalmente ad abbracciare l’angoscia che presto lo avrebbe di nuovo assalito.
Realtà incompatibili, pensò, questo avrebbero dovuto essere.
Ma non lo sembravano.
No, la verità era un'altra, anche se non ne voleva prendere consciamente atto: non lo erano.
Ma si dovva controllare, doveva tenere a bada quei flussi di pensiero, altrimenti avrebbero esondato, e lui sarebbe affogato travolto da una marea di inarrestabile follia.
In nessun modo l’una realtà avrebbe dovuto attagliarsi all’altra; in nessun modo l’una avrebbe dovuto interagire con l’altra; a dirla tutta, la realtà altra, o la realtà oltre che si fosse voluta dire, sarebbe dovuta rimanere nei romanzi di fantascienza o di orrore.
Cazzo, quello schifo non avrebbe dovuto dilagare in modo così indegno nella sua vita.
“Ma dove cazzo sono finito?", pensò Daniele, “ in una versione malata e aberrante di "The twilight zone"?
Era prossimo al pianto, ma la domanda che appena si era posto lo fece ridere sgangheratamente.
Rise incongruamente e fuor di controllo per un bel po’, talvolta dovendo persino appoggiarsi ai muri, indifferente al fatto di stare camminando in piena Piazza Vittorio, di Sabato pomeriggio, nella per nulla ridente Torino. Rideva e tremava, tremava e rideva; l'una cosa però non escludeva l'altra.
“Ne ho le palle davvero piene: la mia vita è sempre stata costellata di eventi anormali, ma ora si sta esagerando!”, si disse, e qui, infine, i tremiti lo vinsero, a discapito assoluto delle sue risa.
“Passino le anomalie numeriche, asfissianti e ripetute oltre ogni logica probabilistica… Passi che mi è stato dato di vedere la ‘proiezione astrale’ di mia madre accanto al mio letto… Ora che ci penso, era dalla parte sbagliata però, poiché l’ho vista dove ci sarebbe dovuto essere il muro… Passino gli incubi in cui sogno che mi fanno del male e mi sveglio dolente ed i sogni premonitori, passi la telepatia, ma cazzo, i rubinetti del gas che si aprono da soli? E le forchette che mi saltellano nel lavandino? Non sono troppo perfino per me?”, si disse.
Non era roba da horror, o, peggio, da horror-movie di serie "B", quella?
In un certo senso, lo era.
Ma era anche appannaggio concreto e continuo del suo mondo, al di là di quanto volesse pensare od accettare.
In effetti, da così tanto tempo da non potere essere non solo negata, ma nemmeno sottovalutata.
Trascorsero un paio di minuti, in cui camminò come se qualcuno gli avesse obliterato il cervello.
D’improvviso, una folata di vento gelido lo riportò alla realtà, e, così, si trovò a riflettere su quanto aveva da poco pensato.
“ ‘Mi è stato dato di vedere?’ Ma di che cazzo blateri, Daniele? ”, si disse.
“ Non è che questa sia una benedizione, se ci pensi, bello mio. Quello è il modo di parlare dei Santi, e tu Santo non sei, nemmeno un po' ”, pensò.
'Benedizione' una favazza acerba, ragionò.
Per la verita', sembrava l'opposto. Sembrava che qualcuno l’avesse maledetto, poche storie.
Ma fino a che punto sarebbe arrivato, tutto quanto?
Sarebbe morto, ucciso da una qualche forza ultraterrena? Il solo pensarlo pareva una cazzata risibile.
In effetti, ragiono', se ad ucciderlo non fossero state le Forze Maligne che sembravano avere dilagato nella sua vita, magari avrebbe provveduto il senso di colpa... Dietro la visione della proiezione astrale di sua madre c’erano le sue cattive abitudini, e, fosse stato un evento reale o un'allucinazione indotta, la sostanza delle cose non cambiava: si sentiva un bastardo traditore.
(Avevi promesso, tra le lacrime, di cambiare, cazzo, e, invece, non sei cambiato di una virgola)
Tra sua madre e la sua donna, non ne poteva più.
“E, frattanto, tua madre muore”: parole elaborate dl suo stesso cervello in una fase di delirio astinenziale particolarmente acuto.
“Già: frattanto, mia madre muore”, si disse ad alta voce.
Tornò a pensare alle forchette.
Innegabilmente, quella delle forchette era stata un’esperienza orribile, forse la più orribile e vischiosa esperienza paranormale da lui vissuta, addirittura peggiore di quella volta in cui, un paio di mesi prima, un’entità molesta - ammettere che fosse "maligna" nel senso letterale del termine in quel momento gli pareva troppo - quasi non gli aveva fatto esplodere casa con del gas da uso domestico.
(Il fatto che mi fa più paura è che sembravano risa)
Ma tutte a lui dovevano capitare?!
(Se quelle fottute forchette si fossero limitate a saltellare le une sulle altre, mi sarebbe stato quasi bene... Ma cazzo, sembravano risa... E, poi, quella sensazione di odio, così violenta da avermi dato l'impressione di avere ricevuto un urto materiale sulla nuca...)
Fosse stato un malvagio peccatore, avrebbe anche potuto comprendere, ma era solo un povero fesso di heavy abuser (ormai quasi un dipendente fatto e finito, in verità) e i presupposti della 'legge del contrapasso' mancavano tutti. La più grande vittima delle sue cazzate era, in effetti, se' stesso.
(Odio puro: ci hai pensato? Certo che ci hai pensato)
Aveva fatto del male, era vero, ma pensava di collocarsi troppo in basso nella scala del Male Cosmico per riuscire a credere di meritare punizioni ultra-terrene in vita.
Aveva rubato, mentito e ingannato, ma, di fatto, non aveva mai procurato danni permanenti a nessuno.
Non era uno stupratore di donne (ne', tantomeno, di bambini), non era un omicida, non era uso risolvere i problemi con la violenza (anzi, per motivi pratici, non avrebbe potuto praticarla, per motivi estetici e filosofici, la aborriva), non era in grado di odiare nessuno, perche' l'odio comportava irrazionalita' e malvagita'... Insomma, che cazzo di colpa aveva?
Penso': "Qual fallo mai, qual si' nefando eccesso, macchiommi anzi il natale...?"
Chi poteva dirlo? Magari pagava le colpe di una vita precedente...
Salvo forse a sé stesso, alla sua morale, alla sua relazione con Sarah e al rapporto coi suoi genitori (malgrado tutto, la sua morale continuava a farsi sentire con forza, e a rompergli il cazzo, quindi aveva vita doppiamente difficile), a chi aveva davvero nuociuto?
(Ma poi, rubare ad un pusher, è peccato? Magari non lo sarebbe, ma tu gli hai rubato etti ed etti di sostanza: che dici, è peccato?)
D’altronde, poche ciance, il punto era un altro: ammettere castighi da parte di forze ultra-umane voleva dire prendere a calci nel deretano la sua visione del mondo.
(Merda, ad un certo punto, la sensazione si è fatta così forte che ho avuto paura che il cranio mi si gonfiasse come in un film della serie Scanner e mi esplodesse come un cocomero)
Perche', a dirla tutta, se faceva quel salto di logica, non si trattava solo di prendere a calci la sua visione del mondo: significava sovvertirla.
Questo era il motivo per cui aveva sempre ignorato, più o meno consapevolmente, la maggior parte delle stranezze che gli capitavano: era meglio fingere di non sapere, di non capire, nasconderle ai lati della visione consapevole, piuttosto che rimuginarci sopra tutti i maledetti giorni e, cosi', dare loro sostanza ed ammettere che esistono.
Ma quando le stranezze passano il limite?
Accade che, per qualche momento, in un atto di autodifesa estrema, le si possa ignorare del tutto, ma una tregua siffatta è destinata a durare poco, lo sapeva, ed era, effettivamente, durata poco...
Così, d'improvviso, tutto gli era crollato addosso...
...E tutto assieme.
Aveva vissuto un altro evento paranormale in sé per sé, ed era inutile che se la raccontasse.
L’aveva ignorato per due settimane, fintanto che era riuscito a procurarsi sostanza: finiti i soldi, il ricordo di quel fenomeno folle che aveva vissuto gli era esploso in testa come una supernova, e, adesso, i raggi X che aveva emanato dalla deflagrazione a quel momento stavano cominciando a farsi dolorosamente sentire, facendogli pulsare gli occhi da dentro, come se volessero schizzare fuori dalle loro cazzo di orbite.
Perché aveva mentito a sé stesso?
Perché ammettere le implicazioni di ciò che aveva da ultimo vissuto comportava una verità potenziale la cui portata gli riempiva l’animo di un terrore informe?
Eh, quello poteva essere un motivo da non ignorare.
Era tanto che non si sentiva così impressionato dai fatti della vita (diciamo della "sua vita", che erano sempre stati non poco bizzarri, ma che, appunto, aveva sempre, alla bisogna, ignorato).
Ora stava tanto male che, anche se si concentrava, non riusciva a distinguere dove finisse il dolore dello spirito e dove cominciasse quello del corpo.
Si trattava di un fatto oramai accadutogli due mesi e mezzo prima, eppure, s’era dovuto trovare in piena sindrome astinenziale per prendere atto di quanto gli era avvenuto: da ridere, se non ci fosse stato da piangere.
Era il torpore indotto dalle droghe nel quale sguazzava di norma a funzionare da ombrello, e, adesso che stava a rota, per dirlo alla romanesca, la pioggia di merda era cominciata.
“‘O Maletemp dell’anema mia', diceva Paz”, pensò, "o qualcosa del genere".
All’improvviso, e senza un nesso apprezzabile se non quello rappresentato dal luogo in cui era, gli affiorò alla mente il ricordo di un incontro che fece esattamente dove si trovava, una decina di anni prima.
Certo era che quel ricordo, in quel momento, c’entrava meno della radice quadrata di un cazzo... Eppure era lì che bussava sulle soglie della sua percezione consapevole.
Cercò di metterlo a tacere, ma non ci riuscì: “Senti come sono forbito? Eh? Hai sentito come sono elegante, quando parlo?”.
Perché quella reminescenza riaffiorava in quel fottuto momento?
Quella strada era per lui usuale, ciò malgrado, perché, come un missile impazzito, il ricordo di un mitomane imbottito di coca con cui si era intrattenuto a parlare forse dieci minuti, dieci anni prima, si faceva vivo in quel cazzo di momento? Diamine, il ricordo di quel povero pazzo derelitto che vaneggiava attorno alla propria squisita proprietà di linguaggio doveva riemergere e deflagrargli dintr’ a ‘capa proprio in quel cazzo di istante?
“Ma davvero sei all’oscuro del perché di questa visione mentale?”, pensò.
(Ma no che non lo sei, cazzo)
“Come il cadavere gonfio di un tossico morto annegato nel Po, eccolo qua, il bastardone, riaffiorante in tutta la potenza del mio personale ed ultra preciso Mental-Technicolor...”, pensò tristemente.
In quel momento il flusso dei suoi pensieri si spezzò, a causa di un cònato di vomito improvviso e violento come una frustata inattesa.
“So perché riaffiori ora... Eccome se lo so. Sei semplicemente ciò che temevo di diventare...”, e qui dovette cedere alla voglia di rimettere.
Dette di stomaco, e riuscì a calmarsi dopo una crisi di un paio di minuti.
Com’era prevedibile, le persone che gli passarono accanto lo trattarono come se fosse stato incorporeo.
“Intangibile come un cazzo di fantasma: se questo non è un segno, non so cos'altro potrebbe esserlo”, si disse sempre più intristito e, ancora, la sua mente tornò a pensare alle mostruosità che gli stavano accadendo in quel periodo.
L’evento che l’aveva messo in crisi del tutto e definitivamente fece capolino nella sua mente.
(Ahaha-ahahaha! Tikkete-Tikkete-tikkete-tak! Tu non ridi con noi?)
Caaaazzo, no: non rido con voi.
Proprio non gli veniva da ridere per niente.
Ripensò - un'altra volta - al fatto del gas.
“Per la puttana, forse ancora non ci hai ancora ragionato seriamente, ma ti sei reso conto che poteva esplodere tutto il fottuto palazzo?”, mormorò a sé stesso.
Alex, mesi addietro, uno dei più assidui frequentatori di casa sua, s’era fatto prendere dal trip delle sedute spiritiche.
Cazzo, lui su quell’argomento in particolare era più che scettico, ma, a quanto pareva, non solo qualcosa di reale era successo, qualcosa era riuscito a passare da un mondo all’altro.
Suonava ridicolo, era un’asserzione alla Stephen King, ma era un fatto duro e puro, nudo e crudo: in breve, reale come un muro di mattoni.
Ripensò al modo assurdo in cui era andata, e, per la prima volta da quando era successo, si rese conto che quanto era avvenuto era, semplicemente, terribile.
“Possibile che quel mondo sia come e peggio di questo?”, pensò.
Possibile che aberrazioni come quella potessero avere luogo?
E l’"Ordine Cosmico"?
Non c’era un cazzo di Ordine Cosmico?
Non c’era un cazzo di Fottuto Garante Della Compagine del Mondo?
No: a quanto pareva, non c’era.
“Gas. Io. Gas-io. Gas. Io, gas, Io”: questo aveva detto - come chiamarla? - l’“entità” in presenza sua e di Alex.
Santa Merda, ma come poteva essere?
Aveva visto, in proposito, uno speciale in tivù che diceva che, in sostanza, a pilotare il “cursore” dell’Oujia fossero i partecipanti.
E, talvolta, diceva il servizio, i partecipanti stessi erano in buona fede. Per dirla in altri termini, senza rendersene conto in modo consapevole, facevano dire al “convenuto” cose che, in realtà, giacevano nelle loro stesse coscienze.
Ma, per la merda lurida e infame, lui in quel momento non aveva le mani sulla tavoletta.
Alex, contrariamente alle regole che lui stesso aveva imposto (“Bisogna fargli fare il segno della Croce, in chiusura ed in apertura di seduta. E mai - dico mai - bisogna interpellare l’Oujia da soli”), stava “giocandoci” senza il suo intervento.
Quella delle sedute spiritiche in solitaria pareva essere divenuta un’ossessione che gli stava bruciando il cervello.
Ma quella era un'altra questione, e, in quel momento, preso com'era dai suoi problemi, non gliene poteva fregare di meno.
Quando aveva raccontato il fatto a Sarah, la sua ragazza, questa, con il suo pragmatismo di sempre, gli aveva risposto: “Devi avergliene parlato, e poi hai rimosso il fatto. Oppure, peggio, è stato lui, e poi, visto che ti sapeva scettico, si è fatto con te quel numero da stregone indovino, per impressionarti”.
Sul momento le aveva dato ragione per evitare di inquietarla, però non era vero né che gliene avesse parlato né che potesse essere stato lui. In particolare, poi, aveva taciuto il fatto che, essendo lui ed Alex amici di sangue, legati da un vincolo fortissimo, l'idea era talmente idiota da essere risibile. Ma non aveva potuto dirglielo: si sa, le donne sono strane, e, si disse Daniele, sanno incazzarsi e portarti rancore per mesi per i motivi più assurdi. E, poi Sarah, se la contraddicevi o contrariavi, eri fottuto: era capace di non dartela per periodi assurdamente lunghi; quindi, dal momento che aveva da poco rabberciato il loro rapporto facendole credere che "si era del tutto disintossicato", e che di non scopare per mesi non aveva nessuna voglia, aveva preferito tacere. Col senno di poi, si vide come un coglione e un "servo della gleba", per dirla nel senso in cui lo intendeva Elio. "Come un Big Jim, cui schacci la testa ed esce 'u sfaccim'. Triste, vero e inevitabile, come altri fatti della vita. Ma nessuno può prevedere ragionevolmente cosa stia accadendo nelle profondità della sua stessa anima, quindi decise di smetterla di biasimarsi per avere ceduto alla sua donna. In fondo era un prezzo equo.
Era accaduto alle dieci di mattina.
L’appartamento, a parte lui, era vuoto. E, a dirla senza tergiversazioni, non avesse avuto 25 anni anagrafici e 15 di cervello, non si sarebbe messo a giocare da solo con le figurine di Alex ("A figu", si disse, gli andava proprio una partita a muro). Grazie al fatto che una figurina era finita in cucina svolazzando dalla sala da pranzo, e, cosi', s'era reso conto che non 1, non 2, non 3, ma bensì tutti e 4 i rubinetti del gas della erano aperti. Malamente (come se chi l'avesse fatto non avesse avuto forza), ma innegabilmente aperti. E, dato che era in vacanza, e la sera prima era stata una di quelle serate devastanti, quasi di certo quella mattina di studiare non se ne sarebe parlato per tutto l'oro del mondo. Quindi, che avrebbe fatto, al 99,99%, di li' a 10 minuti scarsi dall'inizio della partita? Sarebbe tornato a dormire... E che sarebbe accaduto? Al minimo, sarebbe morto intossicato dal gas nel sonno; nella peggiore delle ipotesi, come appena si era detto esplicitamente, se Sarah o qualcun altro avessero suonato il campanello dell'appartamento per farlo svegliare - perché il citofono quando era in coma proprio non lo sentiva - la scintilla provocata dalla pressione sul campanello medesimo avrebbe fatto da detonatore, e, se la quantità di gas nell'aria fosse stata sufficiente, il palazzo, essendo una costruzione recente a basso costo (le pareti in cemento erano così sottili da sembrare cartongesso), sarebbe crollato.
Quella figurina aveva svolazzato per dieci metri, per finire proprio di fronte alla cucina, facendo sì che si rendesse conto di quanto stava avvenendo.
Lo capiva: aveva avuto un colpo di culo colossale.
O forse no.
Forse dei Meccanismi Celesti di Compensazione esistevano, ma ci credeva poco.
Era più propenso a pensare che il Male esistesse in entrambi i Mondi, questo e quell'altro; il Bene forse - ma forse - esisteva e operava solo in quell'altro.
Qui l'uomo era lasciato a sé stesso, a fronteggiare con niente altro che il suo spirito (nella fattispecie, il suo debole spirito), forze insondabili, soverchianti e, per quanto poteva dedurre logicamente, imbattibili.
Del resto, quali strumenti poteva avere un uomo in questo mondo per, non tanto combattere, ma anche solo fronteggiare senza disfarsi dalla paura, il Male, inteso come forza tesa a distruggere per distruggere?
Ripensò a Sarah, e a come per risparmiarle pena, non le avesse fatto presente un punto fondamentale: quando, infine, dopo diversi secondi di terrore istupidito, aveva decifrato il messaggio, e lui gli aveva raccontato che quanto testimoniato "dall'entità" corrispondeva a verità, Alex prima era tragicamente impallidito, poi, poco dopo, s’era cacciato l’anima a vomitare.
Cazzo, ora che ci pensava, era finita che s’era messo lui a confortarlo.
Aveva il sospetto però che Sarah, più che non crederci davvero, volesse non crederci.
Anche perché, proprio con lei, era successo un altro fatto strano: facile dunque che tentasse di archiviare tutto come “fatti mai accaduti o male interpretati”.
La sera stessa del fatto del gas (“Evidentemente questi eventi modificano il tessuto della realtà a più livelli”, pensò, sempre più kinghianamente, ma trovò la cosa per nulla divertente), erano a casa sua, lui e Sarah, lei a rassettare in sala da pranzo in attesa degli amici invitati e lui nel ripostiglio che stava mettendo in ordine non ricordava più cosa, quando, ad un certo punto, l’aveva sentita che diceva, con un tono di voce stranamente frusciante e carezzevole: “Però: sono già le undici meno venti, sarebbe ora che ci vestissimo decentemente”.
Aveva capito subito cosa fosse successo (aveva sentito i pensieri della sua ragazza!), ma non poteva essere.
Per dare conforto a quanto non voleva credere, era uscito dal ripostiglio e le aveva detto: “Embé? Non è che sia grave accogliere gli amici in tuta, siamo in vacanza”.
Sarah lo aveva guardato schoccata (al momento pensò, forse, per il contenuto letterale della sua asserzione, lei che era addirittura più maniacale e perfezionista di lui, per quel che concerneva l'aspetto delle persone e il loro modo di vestire), ma poi, guardandola bene in faccia, aveva capito. A quanto pareva, da quanto poi si erano detti in proposito, aveva capito alla perfezione quanto era accaduto, ma ciò non solo non pareva comportare che volesse accettarne le implicazioni, semplicemente si rifiutava di ammettere che potesse essere successo.
La frase in questione non era stata pronunciata, ma solo pensata, ma Sarah non lo avrebbe ammesso mai, nè con lui, nè con se' stessa. Il che, ragionò, dato che una donna, poteva spiegarsi.
Curiosamente, quanto di buono lui avrebbe potuto dedurre da un contatto telepatico siffatto (valeva a dire un legame assai forte tra lui e la sua donna), in quel momento lo lasciava pressoché indifferente.
Una parte del suo cervello aveva sussurrato: “Devi volerle parecchio bene se ti è entrata in testa!”, mentre la restante parte aveva urlato: “Bene una sega! È solo perché le sei entrato fisicamente dentro! In realtà non sai con certezza se la ami! È una pura questione di adiacenze!”, e, qui, era scoppiato a ridere, come un pazzo, davanti a lei, insensibile all’eventualità di poterla offendere.
Anzi, del tutto incapace di controllarsi, le aveva detto: “Vabbene che il cervello ha un potenziale elettrico notevole, però qui si sfora! Non sono un cazzo di elettrodomestico! Non sono una cazzo di radio!”
Ora, a pensarci a freddo, capiva che, di fatto, complice l'inquietudine che aveva addosso da giorni, aveva avuto una reazione isterica. E Sarah non l'aveva mandato a stendere perché, in qualche modo, doveva essersene resa conto e aveva preferito lasciarlo perdere. Inoltre, "Ricordiamoci", si disse, "che, se avessimo discusso in proposito, alla fine avrebbe dovuto darmi ragione per forza". E ciò, evidentemente, la spaventava non poco.
In quel momento sentiva di stare per avere un’altra crisi isterica, ma ben peggiore.
“Panico, cazzo, sono in preda al panico”, pensò senza riuscire a controllarsi.
“Non mi trovi una persona gradevole? Non pensi che, oltre che forbito, sono anche bello?”, gli ridisse - nel suo cervello - il demente cocainomane che gli aveva rotto le palle anni ed anni addietro, un pomeriggio d’estate, proprio lì, sulla scalinata dell’ingresso alla sede delle Facoltà Umanistiche Torinesi.
“Certo, sei bellissimo”, gli rispose ad alta voce, dieci anni dopo, esattamente usando le stesse parole che aveva usato allora, e, misteriosamente, si calmò.
In realtà, sarebbe anche potuto essere davvero un bel ragazzo, e forse lo era stato, ma la cocaina gli aveva divorato corpo e cervello con tremenda efficacia.
Il panico si affievolì quasi del tutto.
Pensare a quel povero rottame in qualche modo lo distraeva dalla piega paranormale che aveva preso la sua vita (e che ormai lui chiamava "la piaga paranormale"). Certo, lo riportava alla schifosa realtà di tutti i giorni e alla rota... Ma, almeno, era una realtà tangibile.
In quel momento comprese un fatto importantissimo.
Non era ciò che vedeva e viveva in sé, era quello che le sue “capacità” sottintendevano che gli creava sgomento ("Che odio definirle in quel modo", si disse).
(Capacità... "Capacità" per niente volute, in realtà, e, su tutto, per nulla utili o positive.)
Fece un respiro profondo, facendo una sorta di vuoto zen dentro di sé: a mettere insieme tutti gli eventi paranormali della sua vita, anche i più remoti nel tempo, a cosa doveva pensare?
Ad un universo di dèi e demoni incazzati?
Ad un mondo dove la propria coscienza poteva vagare tranquilla al di fuori del proprio corpo come nei fumetti del “Doctor Strange”?
Ad un mondo dove gli spiriti maligni potevano introdursi nei tuoi sogni ed una volta all’interno di essi non solo ti procuravano angoscia ed orrore ma anche dolore fisico?
Ad un mondo in cui capacità sciamaniche ti permettevano di predire il futuro?
Ad un mondo dove i confini tra un’individualità e l’altra potevano venir meno e ti era dato di sentire i pensieri altrui?
Ad un mondo dove entità malvage potevano gasarti a piacimento?
Ricordò “It” di King in modo inconsapevole, e rimembrando paure che lo inseguivano da che era entrato nell’età della ragione, pensò al terrore che affliggeva uno dei suoi protagonisti: quello che si suicidava, il borsista razionalista. In quell'istante capì che, quell'individuo, aveva preferito, semplicemente, l'idea di svenarsi in una vasca da bagno, piuttosto che quella di dovere ammettere che, al mondo, potessero esistere entità che rappresentavano incarnazioni del Male puro. Entità, per giunta, in grado di nuocerti scientemente e deliberatamente.
A che doveva pensare, ad un mondo dalle geometrie variabili?
La sua Weltanschauung, in fondo, non era pretenziosa.
La sua Concezione delle Cose prevedeva un mondo ordinato, con cubi che erano cubi, senza angoli bui intasati d’oscenità maligne, un mondo dove, fondamentalmente, ciò che era morto avrebbe dovuto rimanere morto.
A ben guardare, pensò, quella non era più la sua Concezione del Mondo. Da tempo aveva smesso di esserlo, e, in quell'istante, si stava dissolvendo come trementina al Sole, per venire sostituita da qualcosa di ben più funesto, mostruoso, sbagliato ed orrendo.
Quella concezione, di fatto, sarebbe voluta esserlo, ma la sua esperienza d’ogni giorno sembrava smentire con feroce ironia questa realtà.
Mondi incompatibili.
(Brutto bastardo, io vengo di là e ti scasso il culo)
Forse, a spiegare quelle notti in cui aveva avuto l’impressione che a corrergli nelle vene ci fosse stato del vetro triturato e nelle orecchie gli esplodevano rumori atroci (come metallo che strideva e si sfasciava), c’era questo: realtà antitetiche che si scontravano l’una contro l’altra.
E si sgretolavano, compenetrandosi.
“Perché? Perché a me? Cosa volete? Perché queste capacità? E se per disgrazia non fossi stato tendenzialmente razionalista? A quest’ora probabilmente starei urlando e sbrodando come una scimmia impazzita. Mi ci gioco l’organo: in molti, a vivere esperienze come quelle che io pressoché ogni giorno vivo, sarebbero già usciti fuori di testa...”, rifletté, sempre più inferocito.
“Ah!”, disse, gridante e sempre più isterico, “Ma io sono già fuori di testa!”.
“Se almeno mi fosse dato di intravedere un senso in tutto questo caos... Non dico di avere l’arroganza di riuscire a comprendere le Finalità Ultime, vorrei solo capire il senso contingente di quello che mi sta accadendo”, mormorò a mezza voce, e dette un calcio ad un pacco di sigarette vuoto... Che vomitò una cascata di lamette sozze di sangue. Lo guardò, guardò quelle lamette dall'aspetto omicida, e, senza nemmeno cercare di controllarsi, urlò e prese a correre.
"Eppure", pensò correndo, "qui non troverò alcuna spiegazione del cazzo"...Inconsciamente, ripensò alle lamette: lo sapeva come sapeva il suo nome: erano state usate in un qualche cazzo di rituale schifoso. "Nessuna spiegazione del cazzo!", urlò.
Sempre più, pur non sapendo perché, aveva la precisa ed esatta sensazione che, in questa vita, in questo mondo, oltre a ciò che poteva da sé inferire e ciò di cui si poteva convincere intorno a quanto riusciva a dedurre, nient'altro gli sarebbe stato dato di capire.
Però...
Però un modo di capire c’era.
E c'era un modo, allo stesso tempo, di... Di...
E lo aveva ben individuato da che era sveglio, anche se ancora, fino a quel punto, non aveva voluto prenderne atto.
Doveva attraversare la soglia.
Forse, se fosse andata come desiderava con odio maniacale da una settimana buona, non avrebbe soltanto capito: sarebbe riuscito a fare ciò che più voleva.
...Vendicarsi.
Entrò nell’armeria che da due ore stava cercando in modo inconscio, comprò un revolver Colt grazie al porto d’armi falsificato che aveva in tasca da un mese, e, infine, non più in paranoia dopo anni, si diresse verso casa.
FIN.
Bello, bellissimo!!! Come sempre hai scritto un bel racconto, complimenti...mi è piaciuto! By Marlene86 (la tua fan impazzita...:9)
Scritto da: marlene86 | 05/02/07 a 14:27
Ciao,
in realtà non è esattamente un racconto...
E' una - come dire - "estrapolazione" (chi vuole intendere intenda, gli altri in roulotte!).
Ovviamente grazie,
ciao,
a presto,
Davide.
Scritto da: asmodave | 05/02/07 a 15:46