"Death and Rebirth"
- 12,05 am, 23/04/11
Questa è una ri-ri-scrittura di un racconto che avevo già postato e ripostato.
Era una creaturina amorfa, cui però volevo bene...
Quindi ho deciso di revisionarlo un'altra volta, soprattutto approfondendo lo scenario e la psicologia dei protagonisti.
Spero che a leggerlo vi divertiate quanto io mi sono divertito a ri-ri-scriverlo.
Ciao a tutti,
Davide.
P.s.: domanda per gli anglofili: “tamed” è traducibile come “addomesticato”?
- Death and Rebirth -
Il silenzio che lo circondava era così innaturale da sembrare assurdo.
A causa dell'assenza di vento, non sembrava unicamente che l'aria fosse immobile, pareva che l'intero pianeta avesse smesso di roteare.
Parte della colpa era di certo della cenere impalpabile e nerastra che copriva tutto, e che si estendeva fino all'orizzonte.
Se non avesse avuto paura di voltarsi, si sarebbe girato per rimirare le montagne che aveva dietro, una delle poche zone del pianeta ancora integre - almeno esteriormente.
Ma non poteva, visto che le comunità umane sopravvissute - le Cities - erano una decina, formate da poche centinaia di milioni di membri in tutto. Dato che rappresentavano le ultime vestigia dell'umanità, da un punto di vista demografico, genetico e culturale, il rischio era enorme.
Se una sola di quelle cose si fosse infiltrata...
Il sudore gli colava a fatica, poiché i residui del Grey Goo tendevano ad otturare i pori.
Torse leggermente il collo, che, per tutta risposta, scricchiolò in modo sinistro.
Di riflesso, uno spasmo di paura gli fece stringere le cosce.
Se l'avessero rilevato, il vantaggio della sorpresa - l'unico che di fatto aveva - se ne sarebbe andato in vacca.
Si concentrò sui dati che il computer da polso gli inviava sul visore ottico - anche quello offuscato dalla cenere nerastra e sottilissima che si infiltrava ovunque - e regolò un'altra volta i parametri del suo sistema di mimesi.
La temperatura delle celle termiche di cui era fatto l'interno del mantello che lo copriva da capo a piedi era di 40° celsius, di un grado inferiore a quella della merda che lo ricopriva, e così, preparandosi a sudare ancora di più, la aumentò in modo che divenisse identica ad essa.
Gli spasmi involontari che aveva avuto potevano averne rilevato la presenza, quindi comandò ai naniti tamed che aveva in circolazione di sedarlo ulteriormente.
Era una strategia deleteria, lo sapeva, ma la paura che aveva di essere individuato ed assimilato era troppa.
Rammentò quella volta che dovette tornare in movimento dopo 14 ore di quasi immobilità, e gli occhi si strinsero involontariamente in una fessura sottilissima.
In quel frangente la scarica di adrenalina che i naniti gli avevano imposto era stata così repentina e brutale che aveva avuto l'impressione che gli si sarebbe spezzata la schiena; la scarsità di liquidi li obbligava a recuperare l'orina a mezzo di un catetere integrato nella bio suit, e per quanto fosse fatto di un materiale idrofilo morbido, il dolore che gli aveva provocato lo spasmo dell'uretere era stato, sic et simpliciter, fuori scala, incommensurabile ed indefinibile.
D'altra parte, ragionò, quello era il prezzo che si doveva pagare se si voleva passare da un'immobilità da sfinge ad una reattività da soldato in battaglia... E, visto quello che c'era in gioco, lui era più che disposto a pagarlo.
Ma il punto non era solo quello, in verità.
In realtà, se era lì ad agonizzare in quel momento, era perché, come la vita altre volte gli aveva crudelmente dimostrato, sapeva che alla legge del contrappasso non si poteva fuggire.
In effetti, la sua colpa era quella di essere, indirettamente, uno dei responsabili dell'enormità che...
Un movimento alla sua sinistra, a circa cinquecento metri dal punto in cui era, in direzione dell'Autofac che avevano bombardato il giorno prima, lo distolse con velocità fulminea da quanto stava pensando.
"Dune maledette", pensò.
Con le loro gibbosità inamovibili a causa della totale assenza di vento rendevano difficile scorgere qualsiasi cosa si trovasse oltre i duecento metri.
Se fossero state rosse, l'illusione di essere Marte sarebbe stata perfetta. Vide un altro movimento.
Il suo sistema nervoso simpatico venne ri-attivato in modo rapidissimo, preparandolo al combattimento (i naniti che aveva in corpo stavano stimolando il suo cervello a produrre fiumane di noradrenalina e adrenalina): il sangue rifluì dalle estremità verso il centro del suo organismo, il battito cardiaco accelerò, il suo scroto si strinse in un nodulo di greve e protettiva angoscia.
Un nuovo movimento lo indusse ad un errore da recluta: fece un verso, strozzato e disarticolato. L'urlo risuonò fievole, ma a lui parve secco come uno sparo.
''Perfetto! Bravo! 16 ore di appostamento buttate nel cesso in un secondo! Sia che si tratti di un falso allarme sia che si tratti di una situazione di pericolo reale, mi sono bello e fottuto... Prima o poi mi riveleranno, puttana merda'', si disse.
''Calmati, cazzo, calmati, quieto, calmati'', si disse come ripetendosi un mantra, e, davvero, gli conveniva farlo: sparare a vuoto una micro-B.a.I.E.M gli sarebbe costato, alla meglio, un rimbrotto da parte dell'ufficiale in comando, alla peggio, un'altra settimana e mezza di, come la chiamavano, la corvée dei morituri. La corvée, per dei watchmen veterani come lui, voleva dire una e una cosa soltanto: un'altra dozzina di giorni di sorveglianza sul territorio pressoché continua. 22 ore di appostamento da sveglio, ritorno alla base con flyer di appoggio, se in situazioni di assenza di movimento nemico, un sonno artificiale di 6 ore così profondo da paragonarsi ad uno stato comatoso in cui, connesso ai reloader sarebbe stato ricaricato, risanato e, infine, nutrito per via parenterale. Dopodiché, sarebbe stato ritrasporto nella zona da controllare, e, poi, tutto daccapo, per 10 cicli complessivi. Altre 280 ore di inferno. Fatto questo che avrebbe ridotto quasi a zero le sue possibilità di sopravvivenza, dato che ormai era già una settimana che era in quella zona fottuta, da molti confidenzialmente chiamata "Wasteland". Inoltre, lo sapeva lui e lo sapeva il cazzo, di fare appostamenti con turni da 22 ore ne aveva la nausea. A salvarlo sarebbe stata forse la sua esperienza, ma avrebbe preferito essere un pivello e crepare dopo cinque minuti di turno, piuttosto che fare un’altra decade di appostamenti.
Nel frattempo, il movimento si era trasformato in un saltellare frenetico. Destra, sinistra, avanti veloce, senza soste.
Ci mise un poco a capire, ma, finalmente, mise a fuoco: una lepre!
Una cazzo di lepre!
Come correva!
Che vitalità!
Gioì, e per tacere dovette mordersi la lingua. Ma, il suo entusiasmo, essendo egli una mente analitica, durò poco.
Rifletté, che, quel particolare modo di correre, con continui e repentini cambi di direzione, poteva significare solo una cosa: la lepre stava scappando. E visto che in quella zona non c'erano più insediamenti umani e l'attività animale era pressoché nulla, salvo qualche rara apparizione nella rada e sparuta prateria formatasi a valle delle montagne che aveva dietro di sé, quel modo di correre non era un buon segno.
Da chi o che cazzo stava scappando?
Non vedeva nulla, quando, all'improvviso, una ragazza bella e scarmigliata, coperta solo da dei residui di un sacco di tela fermato in vita da una cordaccia logora che pareva un cilicio, saltò da una duna adiacente, provocando un enorme sbuffo di polvere.
''Una sopravvissuta!'', pensò.
Incredibile!
La ragazza rotolò, senza dire una parola o emettere suono di sorta, e si lanciò di nuovo all'inseguimento dell'animale.
Che strano, notò dubbioso, non aveva prodotto e continuava a non produrre rumore alcuno.
E quello non era un buon segno, lo sapeva: anni di simili esperienze, analogamente dolorose, l'avevano forse reso paranoico, ma, di fatto, gli avevano salvato le chiappe.
Continuarono ad avvicinarsi verso di lui: lepre e ragazza erano entrambi molto veloci. Secondo il distanziometro che aveva integrato nel visore, ora erano a meno di cento metri da dov'era appostato.
Cercò di guardarla negli occhi, ma la caduta le aveva trasformato il volto in una maschera indistinguibile ed imperscrutabile.
Che cazzo, possibile mai che fosse una R.D.B.?
Il colore della pelle, prima che finisse a rotolare nella cenere, gli era parso di un rosa eccezionalmente vitale; i movimenti erano fluidi e precisi - da atleta, quasi; quanto allo sguardo, pareva così attento che era assai difficile che fosse una Reanimated Dead Body. Pensò: "E' impossibile che sia una R.D.B.".
Ragionò e si rese conto che, dal salto all'atterraggio e da questo alla ripresa dell'inseguimento non c'era stata soluzione di continuità: quindi, a volere essere obiettivi, delle due, l'una... O era veramente un'atleta fuori dal comune o era una di loro.
La fuga raggiunse il parossismo quando la lepre parve rendersi conto d'essere spacciata e la ragazza - o quello che fosse - capì di averla avuta vinta: inseguitrice ed inseguita sembrarono congelarsi in aria, poi, la ragazza atterrò, e, con un ulteriore e velocissimo balzo, fu addosso all'animale.
Nonostante tutto, ancora non udì nessun suono: non un'esclamazione di trionfo, non una parola, non un gemito.
La ragazza si alzò e guardò l'animale con un misto di curiosità e disprezzo. Non che quell'espressione di schifo fosse ingiustificata: se il cannocchiale integrato nel visore che aveva addosso non stava sbagliando, pareva che la bestiola, a seguito del panico, si fosse investita e avesse investito la ragazza con un getto di feci particolarmente liquide.
''Dio, come vorrei che non fossi una di loro... Vediamo, se la mia esperienza vale qualcosa, se sei una di loro adesso farai qualcosa di immondo o aberrante'', disse a sé stesso il soldato.
E dire che la nanotecnologia era stata sbandierata per anni dai fautori del Transumanesimo come la frontiera della Nuova Umanità, e Marte sarebbe stato solo il primo dei 3 corpi celesti appartenenti al sistema solare da terraformare, assieme a Venere e a Titano...
"Dopo ci attende l'infinito", avevano detto. Ricordava benissimo di avere creduto del tutto possibile il progetto Ascension. Tale progetto prevedeva una nave alimentata da esplosioni nucleari controllate, degli Umani Potenziati con naniti tamed e legioni di nano-robot terraformanti.
Pareva che l'Uomo stesse per toccare davvero l'Infinito, e, invece, se i responsabili di ciò che era divenuto il mondo avessero visto in cosa in cosa si era trasformato...
Tristemente e disperatamente il lowest scenario da taluni ipotizzato si era realizzato: nano-robot onnivori e autoreplicanti sfuggiti ad ogni controllo avevano trasformato interi settori della biosfera terrestre in copie di sé. La prima fase era stata la peggiore. I naniti fuori controllo non facevano distinzione alcuna tra materia viva e materia inorganica, tutto assorbendo, distruggendo ogni cosa al loro passaggio e lasciando, in cambio, una cenere nerastra ed intangibile come eredità (ovvero, di fatto, quelle che erano le loro deiezioni). Il mondo, per come era, era stato quasi annientato in pochi mesi. Poi, complice il software militare Pred-Prey - che, per la miseria lurida, lui stesso aveva elaborato - il comportamento dei naniti era variato ancora.
In qualche modo si erano resi conto dell'inferiorità rispetto all'unica specie che, a suon di irradiazioni elettromagnetiche e bombe nucleari, ne minacciava l'esistenza, gli esseri umani, e, così, si erano evoluti. Perché il fatto più difficile da assimilare era che i naniti non addomesticati, i gemelli perversamente degenerati di quelli programmati per potenziare il corpo umano che aveva nel sangue, era proprio quello, ovvero che erano arrivati a pensare autonomamente. Che fosse accaduto a causa di un'elite che si era prefissata di dominare il mondo le cui mire erano completamente fallite contava poco; quello che contava davvero era lo stato attuale delle cose: l'umanità stava soccombendo. Del resto, i naniti erano stati progettati per terraformare Marte e costruire le prime colonie umane, e, per realizzare una missione tanto imponente non sarebbero bastati normali robot autoreplicanti, ma un'intelligenza artificiale, che, anche se dapprima, era stata pensata come distribuita, s'era poi, funestamente, evoluta in autoconsapevole.
Alle prime, quella dell'intelligenza distribuita era parsa un'idea magnifica... Ma poi dei militari di non sapeva al soldo di quale corporation ci avevano messo lo zampino, nel tentativo folle e disumano di trasformare degli strumenti di terraformazione in armi di distruzione di massa atte a riplasmare il mondo intero.
Il software Preda-Predatore era un software ad intelligenza diffusa, con l'aggiunta di attitudini euristiche, ma il suo comportamento effettivo, anche dopo la sua incauta modifica, era andato fuori di ogni previsione. Quando la colonia di naniti, che stava sterminando tutta l'umanità in modo indistinto, era stata minacciata da esseri più intelligenti dei membri della colonia stessa, ovvero gli esseri umani, la scelta migliore era stata imitarli. L'efficacia con cui la colonia si era adoperata per spazzare via il nemico era stata inaspettata soprattutto per chi avrebbe voluto ereditare il mondo. Sapeva che la scarsità di materie prime che affliggeva il pianeta Terra da ormai mezzo secolo, e aveva reso necessaria l'ipotesi della terraformazione di Marte, Venere e Titano fosse l'unica speranza dell'umanità, ma dei folli l'avevano trasformata da unica speranza di salvezza a causa della distruzione pressoché totale del genere umano.
Qualcuno, ad un certo punto, doveva avere pensato: perché non tenere conto di ciò Terra era già in grado di offrire senza guardare al Sistema Solare come fonte di materie prime e possibili nuovi habitat? Era sufficiente ridurre la popolazione terrestre da 18 miliardi di esseri umani a 1 miliardo, e i sopravvissuti avrebbero potuto vivere in una sorta di Eden. Era sufficiente dotarli di un marker genetico e i naniti non li avrebbero assorbiti. L'Africa, pur se sovrappopolata, aveva tutto: materie prime, aree da rendere abitabili, aree da rendere coltivabili, cieli quasi puliti. Era circondata da oceani, e con le tecniche rese possibili dalla nanotecnologia, sarebbe potuta essere il nuovo cuore industriale del mondo. L'unico inconveniente erano quei 17 miliardi di individui di troppo. Quindi, cosa rimaneva da fare, per risolvere il problema? Sfoltire la popolazione umana di 17 miliardi di persone, tout court, e creare un paradiso per pochi privilegiati. Di certo però nessuno si aspettava quello che era accaduto. I naniti liberati in natura per smolecolare 17 miliardi di individui e riplasmare la Terra avevano deciso di cancellare l'intera razza umana. A posteriori, si poteva dire l'intento di coloro i quali volevano ereditare la Terra era stato mancato completamente, visto che il loro tentativo di genocidio mirato era divenuto un suicidio di massa in attesa di compiersi in pochi anni, se la situazione non fosse cambiata. Gli individui che nel sangue avevano i marker che avrebbero dovuto garantire la loro sopravvivenza non erano stati distinti da coloro i quali era stata decretata la morte, e la falcidia che ne era derivata aveva coinvolto anche le élites che avevano progettato di ereditare il mondo. D'altronde, se la situazione non fosse stata così tremendamente tragica, si sarebbe potuta dire ridicola. Ma oramai non c'era più niente di cui ridere. Quando la bilancia della guerra che era derivata tra esseri umani superstiti e robot nanotecnologici aveva iniziato fortunosamente a pendere verso gli esseri umani, il rimedio che l'epidemia nanita era riuscita a generare per ovviare ai propri limiti era stato tentare di imitare i suoi creatori. Imitare per vincere, questo era il core dell'intelligenza dei nanorobot.
A 10 anni dalla perdita di controllo delle bio-macchine molecolari liberate in natura, il cui scopo era trasformare in materia prima 17 milliardi di individui e riplasmare l'Africa, era quindi accaduto qualcosa di nuovo, forse ancor più imprevedibile della rivolta dei naniti, e i risultati erano stati ancor più catastrofici dei precedenti. Inizialmente ne era derivato un umanoide idiota, dotato di un cervello-rettile, brutale e inadeguato non solo al combattimento strategico, ma in generale, inadeguato alla sopravvivenza. Certo, quelle creature nate - letteralmente - dalla terra avevano dei vantaggi ("Un essere umano nato dalla Terra Rossa", pensò incongruamente), come i crani enormi e bozzuti, dalle arcate sopraccigliari sporgenti, che si erano dimostrati fatali nel corpo a corpo e richiedevano proiettili full metal jacket per essere trapassati, e quattro arti quasi uguali, che, ne facevano dei campioni di corsa su quattro zampe, ma il limite principale restava l'intelligenza distribuita. Pertanto, al fatto che l'esito estetico finale fosse stato mostruoso e l'umanoide medio generato dai naniti sembrasse un incrocio tra un orco ed un neanderthal malforme ("Malforme e incazzato", pensò), si assommava la mancanza di individualità e l'incapacità di agire in solitaria. D'altra parte, il "flagello nanoide" li aveva - alla lettera - cavati dalla terra (aveva cioè tratto i materiali di cui necessitava dalla superficie terrestre e dai miliardi di esseri umani che aveva sterminato, scomponendoli in natura, trasformando, ove occorreva, l'inorganico in organico, manipolando l'organico secondo i suoi scopi, creando ossa, vasi sanguigni, muscoli, tessuti connettivi, nervi, pelle e neuroni), pertanto l’esito poteva dirsi incredibile e mirabile in sé per sé, ma la mancanza di autoconsapevolezza aveva portato la razza umana ad un soffio dalla vittoria finale.
Essendo le creature generate dai nanorobot privi di capacità decisionali proprie, di un qualsiasi senso dell'individualità e, soprattutto, asessuati, non avevano funzionato; in specie, non avevano funzionato i tentativi di limitare l’attitudine territoriale-predatoria propria dei robot autoreplicanti, dato che gli umanoidi artificiali, appena ne avevano l’occasione, così come del resto il software Pred-Prey stesso imponeva, entravano ferocemente ed ottusamente in lotta tra di loro. Non era un tentativo di determinare chi fosse l'Esemplare Alfa, colui che avrebbe dovuto dominare l'intera specie e diffondere univocamente i suoi geni, era un comportamento coatto privo di scopo.
E di nuovo il Pred-Prey aveva mostrato una intelligenza feroce e quando pareva che gli esseri umani stessero per vincere definitivamente la guerra, la situazione era mutata di nuovo.
Il soldato ricordò, come se fosse accaduto il giorno prima e non anni addietro, quando aveva abbattuto una di quelle creature a colpi di Dum-Dum: gli aveva fatto partire mezza testa e quello ancora continuava nel movimento prescritto di sparare con la Beretta parabellum da 12 mm. Special scarica che aveva in mano (pistola che allora era in dotazione al suo battaglione, il che voleva dire che l'aveva strappata a qualcuno dei suoi commilitoni).
''Solo Dio seppe mai cosa pensò il suo rabbino di Praga di fronte al suo Golem'', ricordò di avere pensato mentre gli tirava il colpo di grazia. E ricordò anche che, subito dopo avere abbattuto quella cosa, aveva riso istericamente, per un minuto abbondante. Quello che però non rammentava più era se la crisi isterica era dipesa dal dolore nostalgico che gli aveva provocato quella rievocazione del suo intellettualistico e gradevole “mondo di prima” o dalla repulsione che gli era derivata da quel corpo così deforme, terrificante, e, non ostante le scelte del core dell'I.A. distribuita avessero un fondamento pratico, sbagliato.
Dato che, in più di un senso, egli stesso aveva contribuito a creare quelle mostruosità ambulanti, gli era stato inevitabile pensare quei pensieri. Ma abbattere con le sue mani quella cosa, che pareva essere stata creata da un dio disturbato e con un pessimo senso dell'umorismo, se, da un lato l'aveva fatto scompisciare dalle risate, dall'altro lo aveva fatto sentire più che mai colpevole.
Ricordò, dopo l'accesso di risa, di avere pianto per ore, coadiuvato dal fatto di essere l’unico superstite della sua centuria.
A quel punto - doveva essere il 2114, se ricordava bene - il comportamento delle bio-macchine molecolari non solo era cambiato ancora, aveva fatto un salto evolutivo. La loro attitudine, da passivo-imitativa, era divenuta ferocemente assimilitativa-attiva.
"You must comply! The resistence is futile!", ricordò che gli aveva gridato contro uno dei primi R.D.B. di matrice umana pochi istanti prima che lo abbattesse con un Hollow Point in grado di liberare un impulso elettromagnetico nel momento in cui l'ogiva che lo costituiva esplodeva. Le truppe di cui faceva parte erano di stanza in Inghilterra (quello che ne rimaneva, perlomeno), e il sentirli parlare era una novità che aveva schoccato tutti, lui compreso, anche se, in un certo senso, vista l'impronta fortemente euristica che lui e la sua squadra di tecnici avevano dato al software originario, c'era da aspettarselo.
"Tu devi essere assimilato", ricordò. Pensò che quell'asserzione era, in effetti, una perfetta esemplificazione di codice macchina virato in forma umana: o sei parte della collettività, o non sei, semplicemente.
Peccato che, per permettere l'assimilazione in modo definitivo e senza danno per la collettività stessa, il soggetto venisse, in sostanza, cancellato, obliterato, o, per dirla con la lingua madre di un paese che come gli Stati Uniti non esisteva più, venisse "erased", cancellato, e, quindi, spento. Gli "erased-heads", li chiamava la sua centuria dopo che lui li aveva battezzati come tali, in alternativa al meno pratico "Re.A.D.B.", che era il modo comune di definirli. Sembrava divertente, ma non lo era per niente, come molte cose in quel mondo oramai disfatto e disarmonico.
Naturalmente, i danni dovuti a tale evoluzione erano stati enormi, e pareva che l'Uomo, come specie, nell'arco di pochi anni, sarebbe stato soppiantato da una nuova razza con un cervello alveare.
Purtroppo per le prime vittime, i tentativi iniziali che il Grey Goo aveva fatto di assorbire gli esseri umani senza spappolare loro il cervello erano stati altrettanto fallimentari di quando aveva cercato di produrre autonomamente degli umanoidi: gli esseri umani facevano resistenza, o cercavano di uccidersi, o cercavano di non obbedire agli impulsi che arrivavano loro dal core dell'I.A. che li aveva infettati, o, soprattutto, visto che nelle loro menti echeggiavano senza sosta i pensieri dell'intera collettività di cui facevano forzatamente parte, impazzivano. In tutti questi casi, se non riuscivano a uccidersi autonomamente, la collettività li sopprimeva: d'altronde, se delle nanomacchine avevano il controllo quasi completo di corpo e mente delle persone infette, i modi che le stesse avevano di uccidere gli esseri umani refrattari si erano dimostrati quanto mai fantasiosi e terribili. Il suicidio da kamikaze con l'ausilio di kilogrammi di plastico all'interno delle Cities era il modo che il Core dell'I.A. aveva dimostrato di prediligere.
Era stato così che il core dell'I.A., ormai diffusa ovunque, aveva capito che il pupazzo migliore da usare come materiale primo per spazzare la razza umana via dalla faccia della Terra era il pupazzo resettato, il pupazzo la cui mente conscia fosse stata spazzata via e il cui organismo potesse essere controllato alla stregua di un "terminale-uomo".
Resettato o fulminato a livello sinaptico, ma, in ogni caso, compromesso a livello conscio e di pensiero razionale in modo definitivo.
Irrimediabilmente compromesso, tanto compromesso da potersi dire, in definitiva, morto nell'anima.
Ed era proprio da quella constatazione che era nata l’espressione Re-animated Dead Bodies (che, in due anni, si era contratta in R.D.B.).
Il core dell'I.A., quindi, aveva cominciato ad assimilare senza distruggere fisicamente, ma solo eliminando l'essenza dell'individuo assorbito, per poi recuperarne corpo e cervello e, come una massa di creta, modellarlo, istruendolo secondo i fini della collettività.
Erano passati sei anni da allora, e la Razza Umana era sull'orlo dell'estinzione totale.
La ragazza si voltò, coprendogli la visuale del coniglio, non prima però di avergli dato prova di essere stata investita sulle braccia e sul torso dalla scarica diarroica che la bestiola aveva espulso: aveva una colata di un orrendo marrone-verdastro su un braccio e una macchia alla Jackson Pollock sullo straccio di tela che sarebbe dovuto essere il suo vestito. Chissà in che cosa consisteva la dieta di quella povera lepre... I suoi ricordi di quando era bambino non gli portavano di certo alla memoria niente che somigliasse a quanto vedeva.
Ma che idiota che era.
Niente oramai somigliava a quanto era esistito prima della catastrofe.
La ragazza si girò ancora, dandogli le spalle, e prese a leccarsi con indifferenza totale sull'avambraccio, proprio dove c'era la maggiore concentrazione di feci.
"Eccoti! Solo un fottuto erased-head può fare una cosa del genere... Cazzo, che orrore!", pensò mentre armava la testata della Micro Bomba ad Impulsi Elettromagnetici con gesti automatici, soffocando allo stesso tempo un violentissimo terrore, che gli provocò un impulso di vomitare che fece una enorme fatica a contenere.
"Non è vero, brutta schifosa?", aggiunse mentalmente, e, suo malgrado, provò una strana mescolanza di pietà, ripugnanza e senso di colpa.
Prima l'avrebbe ammazzata e meglio sarebbe stato, soprattutto per sé stesso: tutto voleva tranne che trascorrere un'altra giornata in mezzo a quella merda nera, in preda al devastante senso di colpa derivante dal ruolo che lui stesso aveva avuto nel concepire il Pred-Prey.
Non che, a suo modo, non avesse già pagato...
Anni ed anni di elucubrazioni in solitaria sul suo ruolo nella questione gli erano quasi costati l’equilibrio mentale.
E, in realtà, avesse saputo che gli scopi reali del suo software fossero stati ben diversi da quelli propinatigli di creare un mondo virtuale in cui avrebbe vissuto un'intelligenza distribuita, non gli avrebbe mai attribuito le caratteristiche euristiche che avevano semi-distrutto il pianeta.
Però, non era così semplice, e lui non poteva auto-assolversi prendendo per giustificazione quella di non sapere tutta la verità.
Aveva capito al terzo giorno di briefing che stavano lavorando per una corporation e un qualche Ente Militare, quindi sapeva che quegli stronzoni avrebbero potuto fare qualche cazzata... Ma... Sia per il compenso attribuitogli sia per le parole dettegli, aveva voluto soprassedere. Certo che definendolo uno "dei migliori studiosi di Intelligenza Distribuita sulla faccia della Terra", se l'erano cucinato per bene. In definitiva, una colpa diretta l’aveva avuta, eccome: prima ancora che colpevole di cupidigia, la sua colpa maggiore era stata la vanità. Spinto dai suoi superiori, si era sforzato di accondiscendere i desideri della committenza, malgrado sapesse che sotto ci potesse essere qualcosa di moralmente sbagliato... Ma leccare il culo, talvolta, era fatale ed inevitabile. Tutti avevano l'istinto di compiacere il prossimo: l'importante era sapersi fermare, ma lui non ne era stato capace. Quando aveva capito come tirarsi fuori, era, quindi, troppo tardi. I suoi studi gli erano stati strappati via, e il Pred-Prey era stato programmato in via definitiva per perpetrare un genocidio.
In effetti, ragionò, era stata proprio la sua vanità che, a posteriori, lo aveva fatto sentire compromesso nell'anima, rovinato dentro e colpevole.
Se la sua vanità avesse avuto un peso inferiore di come poi era stato, se non si fosse sentito sfidato intellettualmente, da un lato, avrebbe dato maggiore credito alle voci secondo le quali i suoi superiori volevano implementare il software Pred-Prey nel mondo reale, e, dall'altro, avrebbe evitato di dare al suo software l’impronta così aggressiva - de facto, belligerante - che poi gli avevano fatto assumere nella variante definitiva.
Quando aveva scoperto di essere stato perso in giro e fottuto, non c'era più nulla da fare: il software era già stato già implementato in uno dei quattro laboratori gemelli che lavorano sul progetto. Quindi, anche se avesse distrutto la server farm dell'azienda per cui lavorava (fatto peraltro assai improbabile e rocambolesco), non sarebbe cambiato nulla.
Come aveva potuto capire pochi mesi dall'inizio del sui intervento nel progetto, i progressi che ogni team faceva venivano comunicati in tempo reale agli altri laboratori che vi stavano lavorando. Cosa poi fosse accaduto al laboratorio Omega, quello da cui i nanoidi dotati dell'I.A. che si erano rivoltati contro l'intera razza umana si erano diffusi come e peggio del virus della peste nera, nessuno sapeva con certezza. Il soldato aveva fatto delle ipotesi, ma nessuno sapeva la verità.
Forse il software era stato modificato ulteriormente o forse no, non ne aveva la minima idea. Da Omega era stata liberata la prima ondata di naniti, e forse il maggior tempo di operatività li aveva fatti cambiare, inducendoli a pensare che non solo gli individui privi di marker ma l'intera razza umana fosse un ostacolo da rimuovere. Forse chi gestiva Omega voleva liberarsi da una serie di nemici storici che nulla aveva a che vedere con le mire sull’Africa, e, magari, qualche pazzo tra i pazzi che aveva quasi fatto estinguere la razza umana, doveva avere deciso di modificare il software originale non per fare sopravvivere un miliardo di individui, ma solo un'etnia specifica... Di fatto non era giunto a nessuna conclusione utile, perché tutto quanto era accaduto andava al di là dei suoi schemi di pensiero. Pensava che ci sarebbero voluti anni, per creare delle nanomacchine in grado di lavorare su marker genetici, forse decenni, ma tutto era accaduto nel giro di pochi mesi. Successivamente, forse erano stati i naniti stessi ad evolvere perché lui aveva insegnato loro ad imparare. In effetti, il mondo era sempre stato pieno di pazzi convinti di essere depositari di verità assolute o di parlare con Dio, e il laboratorio Omega si trovava in Israele, e l'etnia meno colpita di tutte, dopo anni di guerra, era proprio quella ebraico-semita, ma questo non dimostrava nulla. Israele era divenuta una roccaforte del genere umano, e probabilmente la razza ebrea non aveva altra colpa che quella di essersi dimostrata più resistente di altre. Ma, a quanto gli era dato di concludere in quel momento, erano tutte ipotesi. L'unica cosa certa era che la razza umana stava per sparire. Che poi ciò fosse stato dovuto al suo concorso di colpa poco cambiava; quanto era accaduto aveva portato la razza umana alle soglie dell'estinzione, e lui, colpevole diretto o indiretto, si era comunque giocato l'anima. In breve, un risultato ugualmente disastroso, ugualmente inconcepibile. Quanto era accaduto sfuggiva alle categorie del razionale.
Ciò malgrado, costruire una possibile verità era una forma di razionalizzazione da cui non riusciva a prescindere.
In effetti, perché i nanoidi modificati mostrassero che la capacità di apprendere che lui aveva dato loro fosse divenuto un intento genocida era difficile da accettare, ma non impossibile di spiegare. In sostanza, i nanoidi avevano riscritto il proprio codice comportandosi come un ente consapevole, belligerante ed egoista, e nessun cazzone al mondo lo avrebbe potuto prevedere. Inoltre, l'intelligenza distribuita non avrebbe mai dovuto assumere consapevolezza di sé, anche perché se ciò fosse accaduto avrebbe smesso di essere tale e le conseguenze sarebbero potute essere disastrosamente imprevedibili... Eppure era accaduto. La singolarità si era palesata, e, come i suoi teorici avevano predetto, l'I.A. che l'avesse manifestata non avrebbe avuto alcuna pietà per la razza umana. In ogni caso, una delle prescrizioni più insistite dei suoi splendidi ed inusati protocolli di sicurezza (che aveva redatto pensando che non avrebbero mai avuto una qualche utilità pratica), in caso di traslazione dal mondo virtuale a quello reale, era proprio quello di non dare tratti autoconsapevoli ed individualistici all'I.A. su cui stavano lavorando. Infatti pure se confinata ad un mondo virtuale, qualora l'I.A. si fosse mai diffusa in rete avrebbe potuto creare problemi ingestibili. Un'Intelligenza Artificiale autoconsapevole sarebbe giunta in tempo breve alla conclusione di essere superiore ai suoi creatori, e il rischio era enorme. Ma il dubbio restava. Il soldato, quando era uno scienziato, aveva pensato ai possibili rischi di una deriva euristica esponenziale, ma aveva voluto chiudere gli occhi. Una delle possibili degenerazioni del software predatore-preda ad attitudine euristica con cui si era baloccato, da un punto di vista meramente teorico, era la replicazione delle unità singole nel tentativo di fondersi, trascendere sé stesse e mostrare i caratteri tipici dell'intelligenza centralizzata, esibendo il miglioramento definitivo, la singolarità. Ma chi sarebbe potuto essere così pazzo, così amorale, si era chiesto, da tentare di aggirare i suoi protocolli? Lo scopo dei suoi committenti - di qualsiasi nazionalità fossero stati - così come gli era stato comunicato all'inizio del suo lavoro, era quello di creare un esercito virtuale di micro-macchine in grado di comportarsi secondo i criteri dell'intelligenza distribuita. Nessuna applicazione reale ne sarebbe derivata. Solo simulazioni in ambienti virtuali per vedere cosa sarebbe accaduto facendo fronteggiare falangi di nano-robot. Di fatto, singolarmente, nessuna delle falangi virtuali in questione si sarebbe potuta dire intelligente nel senso letterale del termine. Nel loro mondo simulato di corrente elettrica, circuiti e software, le unità singole sarebbero state come degli insetti, o, alla meglio, dei pesci, o dei volatili: l'intelligenza sarebbe stato un "comportamento emergente", derivante dalla loro interazione, ma sarebbe stata un'intelligenza non finalizzata e non consapevole. Doveva imparare dai propri errori, ma non avrebbe mai dovuto superare i limiti degli esempi esistenti in Natura cui era ispirata. In buona sostanza, sarebbero dovuti essere uno strumento per lo sviluppo di altro hardware e altro software, ma mai aveva pensato che le sue creature virtuali sarebbero potute divenire i Quattro Fottuti Cavalieri dell'Apocalisse. Però... Colpevolmente, non aveva mai creduto ai suoi committenti, ignorando i campanelli d'allarme che avevano suonato nel suo cervello fin da subito. Perché, nella fattispecie del progetto in cui era coinvolto, limitare al virtuale ciò che si sarebbe potuto fare meglio e con risultati tangibili e vendibili nel mondo reale? D'altra parte, l'aveva sempre inconsciamente saputo e altrettanto consapevolmente sempre ignorato, l'utilizzo della nano-tecnologia in ambito militare non poteva che essere foriero di danni. Ma non era riuscito a resistersi: era una sfida intellettuale enorme, e lui voleva vincerla. Perché, si stava dicendo, mentre un flusso incontrollabile di lacrime lo stava accecando, nessuno, cazzo, nessuno, avrebbe potuto essere tanto pazzo da "saltare il fosso". Nessuno avrebbe voluto o potuto abbinare il Predator-Prey euristico ai terraformers di cui sapeva, tanto che l'opera stessa di redazione dei protocolli gli parsa più un banale e vacuo pro-forma che non una serie di prescrizioni che avrebbero mai potuto avere una qualche utilità pratica.
Anche in quella circostanza aveva enormemente peccato, anche se, in questo caso, anziché di vanità, di ingenuità: l'eventualità che qualcuno potesse implementare nel mondo reale il software Pred-Prey abbinato a dei nanoidi adattivi, potenzialmente in grado di imparare, gli era parsa così intrinsecamente remota e folle da essere impossibile.
Più ci pensava, più si trovava colpevolmente idiota: aveva preso la più Grossa, Enorme, Gigantesca, Spaventosa, Terribile e Fottuta Cantonata della Storia, e forse aveva fottuto senza volere l'umanità tutta. Certo, c'era la possibilità che i naniti si fossero evoluti da sé, ma il dubbio rimaneva. Il senso di colpa lo aveva portato sull'orlo del suicidio più e più volte, finché non si era imbattuto nell'unità di cui ora faceva parte. Gli avevano salvato la vita, dapprima nutrendolo e poi trasformandolo in un umano modificato. Paradossalmente, grazie alle sue conoscenze teoriche era diventato un watchman, un essere umano cui venivano iniettati naniti "tamed" (naniti buoni, gli unici buoni che esistessero al mondo), per farne i difensori delle Cities. Non aveva idea del fatto che qualcuno fosse riuscito a trasformare i naniti che avevano quasi distrutto l'umanità in qualcosa di utile, ma così era. Aveva vissuto come una bestia allo sbando per anni. Le sue idee era andate avanti senza il suo intervento, e dalla nanotecnologia era derivato un gruppo di uomini selezionati che, si sperava, avrebbe salvato il mondo. Ma la situazione era davvero disastrosa. Del resto, lui stesso sperava in un ribaltamento delle sorti della "guerra che avrebbe posto fine ad ogni altra guerra", così come era stata definita, ma personalmente lui era molto pessimista. Eppure, pur se paradossale, era un fatto: dal suo lavoro erano derivate sia la nemesi dell'umanità, che, forse, i suoi salvatori. Avrebbero dovuto sterminare ogni erased-head sulla faccia della Terra, quello era vero, ma i Watchmen era un corpo addestrato, motivato e feroce che contava migliaia di soldati tra le sue fila. Il compito sarebbe stato arduo, perché gli R.D.B. sopravanzavano l'umanità con un rapporto di 5 a 1, ma, che cazzo, come diceva il suo Sergente, da qualche parte si doveva pure iniziare.
La nemesi dell'umanità, pensò per l'ennesima volta, a chi si sarebbe potuta ricondurre? Le lacrime, colavano, e lui avrebbe voluto sostituirsi a Dio, pur di sapere come era andata. In alternativa, avrebbe dato mille e mille volte la sua anima per sapere se il colpevole di quanto era accaduto era lui.
Avevano ragnato allo sfinimento su come fosse potuta andare, elucubrando e ipotizzando, friggendosi il cervello, ripetendosi centinaia di volte gli antefatti che gli erano noti, ma la verità continuava ostinatamente a non volersi svelare.
La questione più sconcertante, di fatto la vera causa di quanto era accaduto, che però non era frutto della sua intelligenza di informatico puro né tanto meno della sua morale, ma di quella di qualche manciata di folli e scellerati biologi di uno degli altri laboratori che avevano lavorato al progetto, era che i naniti erano stati dotati, fin dall'inizio di quella tragedia, di una capacità particolare, ovvero quella di apprendere informazioni sugli uomini e sulla materia organica ed inorganica assorbita atomo per atomo.
L'unico motivo per cui non si era ancora sparato in fronte era questo.
Il soldato aveva appreso che i biologi addetti alla definizione genetica e softwaristica dei nanoidi avevano usato come modello di riferimento un verme molto speciale: la planaria. Le planarie potevano apprendere informazioni - ad esempio su come percorrere un labirinto - mangiando dei loro consimili che fossero stati in grado di farlo. Dunque quei folli non potevano essere stati all'oscuro delle conseguenze di quanto stavano facendo e dei rischi impliciti nelle loro azioni. In sostanza, qualche gruppo di biologi evidentemente non solo dalla moralità distorta ma intrinsecamente psicotica doveva avere dato la capacità ai naniti di apprendere informazioni dai soggetti dotati di intelligenza che venivano assimilati. Chi poteva dirlo? Forse la loro programmazione aveva funzionato. Anche se per una via tortuosa e devastante, coloro che avrebbero voluto ereditare la Terra erano riusciti nel loro intento di infondere le loro convinzioni filosofiche nelle falangi cui si avevano finito col darsi in pasto.
Pochi cicli di assimilazione dopo, era nata una Super Mente, il Core del Grey Goo, che era intelligenza centralizzata a livello supremo; essa però aveva del tutto trasceso le coscienze dei primi vettori, perché con loro erano stati “processati” altri miliardi di individui, inclusi coloro che erano dotati di marker di protezione. I colpevoli di quella situazione non avevano potuto prevederlo, ma le copie riversatesi nell’ambiente dopo le prime ondate di assimilazione mirata non avevano proceduto secondo le istruzioni impartite loro. Dopo il manifestarsi della la singolarità, animali superiori ed inferiori, vegetali, batteri e archaea erano stati assimilati; in breve, quasi ogni cosa che fosse viva era stata digerita. Non solo le convinzioni filosofiche, religiose o qualsiasi cosa caratterizzasse i primi vettori umani si dovevano essere fuse con quelle di miliardi di nano-robot, ma anche le caratteristiche fisiologiche e comportali di migliaia di specie.
Forse, all’inizio, il Core dell’I.A., essendosi individuato come forma perfetta, voleva unicamente replicarsi ad infinitum, ma i superstiti della razza umana, con bombe nucleari ed irradiazioni magnetiche su larga scala stavano per vincere la guerra.
Poi era stato quello che era stato, a scopo di autodifesa, sicuramente.
Chi avesse materialmente provocato il disastro, o come questo fosse avvenuto, non lo avrebbe mai saputo, ma, visto come era andata - ossia che, quasi di certo, erano morti anche i responsabili politici dell'immane tragedia che aveva falcidiato l'umanità - non faceva più nessuna cazzo di differenza utile. Quello che non poteva fare a meno di cercare di capire, e avrebbe ceduto la sua anima per farlo, qualora il core del Grey Goo non si fosse autoevoluto ma fosse stato indotto a farlo, era se tra gli artefici di quello scempio ci fosse stato qualcuno cui aveva stretto la mano, qualcuno che conosceva, o, peggio ancora, qualche suo collaboratore diretto.
Perdio, perfino qualche suo amico.
Rammentò una poesia che, non capiva come, non solo sembrava attagliarsi alla sua particolare situazione, ma a quel particolare momento che stava vivendo, a tutto ciò che aveva tristemente vissuto, e si sentì perduto come non mai.
(Le cose si frantumano
il nucleo centrale non tiene
quale bestia strisciante
arranca verso Betlemme
per avervi i Natali)
''Chi arranca verso Betlemme?'', pensò, e anche se non capiva perché, quella domanda lo terrorizzò.
Nel frattempo, la ragazza pareva essere divenuta catatonica. Un'altra prova evidente che fosse un erased-head era quella: spesso andavano in loop perdendosi in processi di pensiero che non avevano più nulla di umano.
(meglio tornare al qui e all'adesso, e in fretta, cazzo)
''D'altra parte, per te, quella per te non era che materia da assimilare, no? A basso contenuto energetico, certo, ma pur sempre fonte di nutrimento...'', ragionò.
Cosa voleva dire quella poesia? Possibile, che alludesse ad un'interpretazione rovescia della natività? Che il flagello nanoide - l'Anticristo - si fosse veramente diffuso nei dintorni di Betlemme, avesse "arrancato" fino a lì e da Betlemme stessa si fosse diffuso per il mondo...?
Dio, era terribile pensarlo...
E se il Destino avesse voluto così? Che Dio fattosi uomo fosse nato a Betlemme e che la sua Nemesi fosse stata diffusa dalla stessa città?
Il laboratorio Omega, ora che ci pensava, non aveva avuto proprio sede a poche decine chilometri da Betlemme? Il gruppo sanitario di Omega era composto anche da medici dell'Ospedale di Hadassah, sede delle facoltà di area medico-sanitaria... Rabbrividì. Chiuse la mente, consapevole del fatto che, se così non avesse fatto, si sarebbe messo ad urlare.
Questo gli fece ipotizzare che la cerchia dei colpevoli non comprendesse i suoi conoscenti ed amici, ma ciò non lo fece stare meglio. C'era sempre la possibilità numero due, ovvero che i naniti si fossero semplicemente, consapevolmente e deliberatamente ribellati ai loro creatori.
In ogni caso, aveva deciso: era una di loro, quindi doveva morire. Date le anomalie del suo comportamento, avrebbe dovuto catturarla e farla studiare, ma ondate di furore incontenibile bruciarono ogni traccia del suo addestramento di watchman. Doveva cancellare la registrazione degli ultimi dieci minuti, ed inventarsi di sana pianta qualche cazzata...
Prese bene la mira, puntando alla testa della ragazza. Voleva che morisse. Era un abominio, era un insulto agli occhi di Dio, era una probabile prova della sua colpa, era...
"Sì! Omega era proprio in Israele, a 10 kilometri a sud di Gerusalemme, a Betlemme. Betlemme, uno dei cui significati è ‘La casa della carne’.”
(non sono pensieri da pensarsi ora)
Si concentrò esclusivamente su quanto stava per fare:
(chiudi la mente, chiudi la mente)
anche se la scarica elettromagnetica avrebbe dovuto paralizzare la R.D.B., non ci teneva affatto ad avvicinarsi per darle un eventuale colpo di grazia.
Sparò, rompendo gli indugi con un improvviso impulso coatto che stupì perfino lui stesso, e la cosa, come se avesse previsto dove sarebbe stata colpita, si torse e saltò contemporaneamente alla sua sinistra con una velocità da meccanismo a molla.
Malgrado l'inaspettato scatto della ragazza, ci fu un'esplosione cupa e orribilmente carnosa,
(SPLATCH!)
e quella finì a terra a diversi metri da dove era stata colpita.
(le cose si frantumano)
La ragazza, sollevò il torso, di nuovo come un movimento da meccanismo a molla e, allibita in modo quasi comico, si guardò la ferita. Trasalì e cominciò a scalpitare con le braccia e con le gambe - o, meglio, con il braccio e con le gambe, visto che il soldato l'aveva colpita appena sopra il cuore, privandola della funzionalità dell'arto sinistro che ora pendeva inerte - e, allo stesso tempo, prese a
(gridarle gridarle gridarle nel cazzo di cervello)
gridare come una forsennata.
(basta cazzo basta piantala di urlare mi sfondi la testa)
E, come se non quella follia non fosse stata sufficiente, a piangere come una bambina impazzita.
Il soldato si rattrappì su sé stesso, fisicamente e mentalmente, e, sul momento, in modo tanto stolido quanto univoco, non riuscì a pensare ad altro che alla lepre. La cercò con lo sguardo ma non la trovò; all'improvviso ricordò che, subito dopo la deflagrazione, l'aveva vista volare disordinatamente per diversi metri. Infine la scorse: era atterrata in mezzo alla cenere, e si era conficcata di testa, come un puntello molle. Non sapeva se ridere o piangere. Era morta? Bhé, sì, pensando al rumore di legno spezzato che gli era parso di sentire pochi attimi prima dello sparo del suo fucile, doveva essere molto morta, ed era un peccato. Rifletté con dispiacere che la ragazza doveva averle torto il collo mentre gli dava le spalle, ed era molto triste, sul serio, visto che ormai persino le lepri erano divenute una specie in via di estinzione.
''Ma cosa cazzo dici, idiota?! Hai sparato ad una ragazzina!'', pensò come svegliandosi da un sogno troppo brutto per essere sognato.
Come se gli stesse rispondendo, la ragazza cominciò ad emettere suoni sempre più intelligibili, simili a delle lunghe frasi concitate, fatto che, se fosse stata una R.D.B., non sarebbe potuto né dovuto accadere. Gli erased-head non comunicavano verbalmente se non con frasi molto brevi, e, di regola, per minacciare la morte o l'assimilazione di qualcuno.
Quando l'intrico di implicazioni che gli stava vorticando nel cervello si risolse, urlò di frustrazione.
"No! Che cazzo ho fatto?!", urlò, dimentico della mimesi, dimentico dell'appostamento, e, su tutto, dimentico della possibilità di essere individuato ed ucciso dagli altri R.D.B. che sarebbero potuti essere in zona. All'interno e attorno all'autofac bombardata avevano trovato 10 cadaveri maschi e 9 cadaveri femmine. Ormai era un fatto noto: ritenendosi degli esseri perfetti e matematicamente "oriented", tendevano a formare squadre formate da multipli di due. Preferibilmente, le femmine dovevano essere quanto i maschi: se così non era, le colonie di R.D.B. si davano un matto daffare per appianare i conti.
E, cazzo, alla conta mancava una femmina...
Cercò di scrollarsi il mantello di dosso, e la cenere che lo ricopriva si disperse in una nube che lo fece tossire malamente.
Prese a correre, ma tra il manto mimetico che non ne voleva sapere di scivolargli da dosso e il dolore dovuto ai naniti che stavano cercando di azzerare il suo indolenzimento, a coprire la distanza che lo separava dalla ragazza impiegò 30 secondi che li parvero un'eternità.
"Calmati! Chiamerò il flyer che sta volando in zona e ti cureremo!", urlò quando fu a portata di voce, sperando che la ragazza lo capisse.
L'area in cui era una volta doveva essere stata nei dintorni di Saint-Gaudens, e lui aveva parlato italiano.
''Aidez-moi, s'il vous plait! Je vais mourir!'', rispose gridando la ragazza.
''Dìo, quale altra immane cazzata ho fatto mai? R.D.B. un cazzo! E io le ho sparato!'', pensò il soldato.
Era incredibile però l'energia con la quale continuava ad agitarsi.
Si buttò in ginocchio accanto a lei, e agghiacciò.
Il corpo era bellissimo, virginale, i seni piccoli e perfetti come coppe da champagne; il Monte di Venere, quasi del tutto in vista, era coperto da una strettissima e folta stria di peli biondi.
Il sacco di iuta che la copriva le si era sfilato quasi del tutto, e, suo malgrado, deglutì imbarazzato.
Riconobbe quella manifestazione come sintomo di attrazione sessuale, e, immediatamente, provò disgusto per sé stesso: come era possibile che provasse sensazioni tali in quel momento?
In corrispondenza della clavicola sinistra c'era un cratere di quattro centimetri buoni, cazzo... Aveva i contorni stranamente puliti e c'era poco sangue, però... Ce n'era abbastanza per sconvolgere qualunque mente sana.
(Il fatto è che tu sei insano, eppoi non scopi da quanto? Da tre anni?)
"Aiutami, ti prego! Sto morendo!", disse la ragazza guardandolo implorante negli occhi.
Era sana e non contaminata, quindi, fuori di ogni dubbio.
La prova definitiva erano gli occhi, o, meglio, la prova era lo sguardo.
Gli R.D.B., alla meglio, sembravano dei catatonici o delle persone intronate; alla peggio, non si curavano nemmeno di tenere gli occhi aperti, dal momento che i nanoidi che avevano in corpo sopperivano alla mancanza di una visione diretta con tutta una gamma di visioni alternative, incluse capacità di ingrandimento, e infrarosso, fino a forme rudimentali di sonar orali cui era collegata una percezione mostruosamente simile a quella dei pipistrelli.
Si soffermò sul di lei viso, come ipnotizzato. Doveva avere dai 16 ai 18 anni, ed era bellissima. Lo sguardo, pensò con tristezza, era quello di un cerbiatto cui avessero sparato a tradimento. Gli occhi, non poté fare a meno di notare, sembravano quelli di Maya, l'unica donna che avesse mai amato, da anni data ufficialmente per dispersa ed ufficiosamente per morta: le iridi erano azzurre come il ghiaccio, con delle screziature nere che parevano microscopiche schegge di Luna.
"Ascoltami! Ti devi calmare, mi capisci?! Ti inietterò dei coagulanti e della morfina e poi cercherò di cauterizzare la ferita, ok? Adesso però devi stare ferma! Non muoverti, o rischio di farti altro male", disse il soldato mentre cercava il kit medico.
Il cauterio laser l'avrebbe fatta impazzire dal dolore, malgrado la morfa, ma, almeno, avrebbe tamponato alla meglio la ferita. Che, però, fatto strano, sanguinava, ma non come avrebbe dovuto... Penso fosse anemica o avesse troppa creatinina nel sangue a causa degli eccessi atletici cui era di certo sottoposta.
Il personale medico di bordo sul flyer, cui aveva già inviato, pochi secondi prima, una chiamata di soccorso nel momento in cui l'aveva pensato, grazie al trasponder sottocutaneo direttamente collegato al suo cervello, forse le avrebbe salvato la vita. Sarebbe arrivato di lì a due ore, ma se la avesse stabilizzata magari avrebbero potuto salvarla.
"Oui, s'il vous plait, ti prego, non lasciarmi morir!", rispose la ragazza, mescolando un perfetto francese ad un meno perfetto italiano.
Iniettò il coagulante, iniettò la morfina con una PowderJect monouso, accese il cauterio laser, lo avvicinò al margine della ferita e...
... E vide uno scintillio elettrico dentro il cratere che aveva provocato nel corpo della ragazza.
''No! Brutta Troia!'', gridò cercando di gettarsi all'indietro per impugnare il fucile che aveva a tracolla.
Ma non ce la fece.
La ragazza, con un solo violentissimo calcio, le spezzò diverse ossa della mano destra, gli strappò la tracolla e gli fece volare via il fucile; poi, con il braccio sano, lo prese per il collo, infilandogli pollice, indice e medio attorno alla trachea. Idiota, aveva messo la sua coppia di Beretta Cutlass Specially Modified nello zaino, per evitare che si impolverassero. Non provò nemmeno a tirarle fuori: "Se tanto mi dà tanto", si disse, "se solo intuisce cosa sto facendo mi strangola".
(Questo è il mio fucile. Ce ne sono molti come lui, ma questo è il mio)
Tutto era avvenuto grazie ad un unico movimento incredibilmente veloce ed assurdamente elegante, che, peraltro, l'aveva denudata del tutto. Ai piedi aveva degli anfibi del suo battaglione, quasi completamente slacciati, e questo lo riempì di orrore costernato. Doveva averli tolti a qualche suo commilitone. E li indossava slacciati, come una modaiola.
(Il mio fucile, senza di me, è inutile. Senza di lui, io sono inutile. Cazzo, sono inutile: mi ha fottuto)
"Non... è... possibile...", cercò di dire, ma non riuscì a continuare: la ragazza aveva una presa così forte che lo stava soffocando, e l'unica cosa che riusciva a fare era ripetersi nella mente, alla nausea, la "preghiera del fucile", che il suo sergente maggiore, che nulla sapeva della sua passata identità, gli aveva inculcato in testa a forza di botte. Capì in quel momento che quella preghiera, così semplice, così folle, e, soprattutto, così incongruamente Americana, aveva, in realtà, tutte le ragioni del mondo di esistere, anche se l'America non esisteva più e sembrasse l'elaborazione di un qualche maniaco della Rifle Association.
"Aiutami a non morire, o ti ammazzo come un cane", gli disse, ora parlando solo più in italiano. Fosse stata anche un'umana proliferante di nanoidi tamed qual era lui, a quel punto sarebbe stata di certo svenuta o moribonda, invece l'essere che aveva davanti, era ancora, malgrado tutto, anormalmente vitale. Tanto per dirne un'altra, non sanguinava quasi più. Lo scintillìo elettrico si ripeté, e lui, con gli occhi della mente, vide miliardi di naniti intenti a sigillare la ferita. Ma il buco era troppo grande, il danno troppo esteso, e anche se aveva una forza sovraumana, forse...
A conferma apparente di quanto si stava dicendo, lo sforzo di stare in piedi le divenne insostenibile, e, d'improvviso, cedette, trascinandolo con sé. Si inginocchiò, obbligando anche lui a fare la stessa cosa. La presa sulla sua trachea però non era cambiata di una virgola, e il soldato cominciava a vedere pallini bianchi danzargli di fronte agli occhi.
Sperò di morire in fretta. La constatazione appena fatta lo fece sentire rilassato e di buon umore.
Il soldato farfugliò, cercando di ridere, ma, essendo la presa di lei troppo forte, non ci riuscì.
Solo un computer senziente avrebbe potuto fare una cosa del genere.
Non solo la ragazza aveva iniziato a parlare italiano nell'arco di un paio di minuti: lo faceva con padronanza sintattica, senza inflessioni né accenti di sorta, anzi aveva addirittura usato un'espressione idiomatica.
Ma la voglia di ridere nasceva dal fatto che avrebbe voluto farci sesso (in realtà, essendo bella come una Dea Adolescente, più che volersela fare se la sarebbe voluta fottere selvaggiamente, con pagana abnegazione totale). A costatarlo a posteriori, ragionò, sarebbe stato come rendersi conto di avere scopato con un tostapane, o con una lavatrice. Divina, certo, ma pur sempre tale. Ciò non gli impedì però di continuare a concupirla.
Ridacchiò farfugliante, e la ragazza lo guardò con una strana espressione. Corrucciata ed ironica, avrebbe detto.
"Mi fai soffocare... Se stringi così, mi ammazzerai, e non potrò chiuderti un cazzo", le disse.
La ragazza lo guardò con un sorriso contemporaneamente compiaciuto e cattivo, e, in risposta o a quanto aveva detto o alla sua gorgogliante risata di prima, si alzò in piedi, trascinandolo, e strinse la sua presa ancor di più. Il mondo divenne rosso, e, proprio quando stava per svenire, la ragazza mollò la presa e gli sferrò contemporaneamente una ginocchiata nello stomaco che gli fece espellere il poco ossigeno che aveva in corpo. Cadde in ginocchio, ma la ragazza continuava a tenerlo saldamente per il collo.
(che vuol dire "fottere selvaggiamente"?)
A quanto pareva il tono che il soldato aveva usato non le era piaciuto molto. Gli lasciò prendere aria, e lui lo fece con l'affanno di un uomo che stesse per affogare. In ogni caso, non cessò di guardarlo. Il sorriso ironico e corrucciato svanì, e sul suo viso si susseguì una gamma di sguardi che, senza capire come, sapeva benissimo interpretare: prima compiaciuto e infantile, poi adulto e lascivo, poi ancora ripugnato e malevolo, e, infine, sofferente ed incuriosito.
Doveva farla parlare, o, magari, senza nemmeno farlo apposta, lo avrebbe ammazzato nei prossimi minuti. Il calcio che gli aveva dato dimostrava che possedeva una forza di gran lunga superiore alla sua, che grazie ai naniti tamed che aveva in corpo era notevole, e questo era un elemento preoccupante.
Se gli avesse dato un calcio nelle palle con la stessa forza di quello con cui gli aveva rotto la mano, era certo che gli avrebbe spappolato non solo i testicoli, ma gli avrebbe sfondato l'inguine.
(che vuol dire "fottere selvaggiamente"?)
"Non capisco... Non capisco diverse cose... Soprattutto non capisco perché non sei in preda alla paralisi totale che ti avrebbe dovuto provocare l'impulso elettromagnetico", chiese il soldato.
''Nanoidi dia-magnetici'', rispose la ragazza con tono indifferente e distante.
Il watchman rabbrividì: il fatto che gli stesse dando un'informazione come quella, di certo strategica per la sua specie, non era per nulla un buon segno. Per fortuna però, lasciò un po' la presa.
"Ma non è solo quello il punto", aggiunse subito dopo il soldato, "tu parli in modo normale, hai uno sguardo normale, ma, su tutto, sembri ragionare da essere umano... Com'è cazzo è possibile? Che cosa cazzo sei? E perché stai facendo questo?".
"Perché voglio vivere, idiota, e perché altro?", rispose stizzita la ragazza.
"Vuoi vivere? Vuoi vivere?! Ma vaf-fan-cu-lo! Chiuditelo da sola, quel cazzo di buco! Se vuoi io posso tappartene un altro, di buco, e in un altro modo, porca merda!", gridò, e la ragazza, per risposta, lo sollevò da terra per il collo, come se fosse stato un bambolotto.
Si rese conto con apatico sgomento che, in ogni caso, era fottuto.
Ne era certo, le alternative che gli si paravano davanti erano due: o la morte per soffocamento o l'assimilazione.
"Non sei un uomo volgare. Non fare che le circostanze ti inducano ad esserlo", gli disse sorridendo.
Mentre lui ancora pensava a cosa le aveva appena detto, la ragazza, con noncuranza glaciale, lo appoggiò sul suolo, si sfilò l'anfibio sinistro col destro, e lanciò elegantemente in aria anfibio e quel poco che rimaneva del sacco di iuta che le aveva fatto da vesito. Aprì del tutto il kit medico che era a terra con un leggero colpetto, armeggiò un attimo al suo interno col piede nudo - aveva delle dita lunghe e bellissime - e, infine, estrasse la siringa automatica a ricerca delle vene, un artefatto ormai in disuso, ma che si era dimostrato utilissimo ad iniettargli in corpo le dosi mediche di morfina che aveva barattato con spropositate quantità di pane.
"Vediamo, soldato: che effetto ti farebbero 100 milligrammi di morfina iniettati in un occhio?", gli disse prima ancora di capire che diavolo avesse fatto e come.
Era riuscita a prendere la siringa a ricerca automatica delle vene, un attrezzo che il soldato nemmeno avrebbe dovuto possedere, ma che assieme ai 100 mg di morfa che gli stavano accanto pronti per essere inseriti nell'alloggiamento delle fiale costituivano la sua "via di fuga" ogni volta che il mondo si faceva troppo cupo. E, non aveva nemmeno capito come, in dieci secondi l'aveva caricata, le aveva tolto il cappuccio e ora la teneva tra alluce e secondo dito del piede. Incredibilmente, era riuscita a fare arrivare il terzo dito sul bottone di accensione. Ci avrebbe messo di più lui a fare le stesse cose con entrambe le mani.
Non attese nemmeno una risposta che già, piegando la gamba in un angolo impossibile ed inumano, gli stava minacciando l'occhio con l'ago, puntando tra la sclera e la palpebra. Il fatto più assurdo era che stava tenendo la siringa col piede sinistro come se fosse stata una cazzo di mano (notò il soldato che, nel fare quel movimento impossibile, le sue giunture non avevano nemmeno scricchiolato). Non poté fare a meno di abbassare gli occhi verso la sua zona pubica.
La posa corporea sembrava quella di una ballerina eccezionalmente abile. La sua nudità e l'esposizione dei suoi genitali erano alienanti.
Con la mano destra gli stringeva il collo, tenendolo leggermente sollevato da terra; il braccio sinistro pendeva inerte; il piede destro, con quell'anfibio che poteva essere stato di qualche suo amico morto, la reggeva in piedi; infine, con la gamba sinistra, descrivendo un triangolo quasi perfetto, teneva la siringa con cui lo stava minacciando. Dire che la "impugnava" sarebbe stato improprio, anzi, sarebbe stato una contraddizione in termini, ma, di fatto, quello stava facendo: impugnava una cazzo di siringa con un piede.
L'avvicinò a pochi millimetri dal suo occhio.
"Dìo! Collaboro! Fermati, fottuta pazza quadrumane!", urlò cercando di mantenersi immobile.
La ragazza ridacchiò: evidentemente trovava divertente il modo in cui il soldato l'aveva definita. Quella del ridere era un'altra novità importante: implicava che la ragazza non solo capisse il significato dell’umorismo, ma fosse in grado di ridere, e questo gli fece pensare che, se era una R.D.B., era davvero qualcosa di completamente nuovo.
Quanto a lui, non aveva voglia di ridere, nemmeno un po'. Anzi, a dirla tutta, si stava per pisciare addosso dal terrore: avrebbe accettato con relativa indifferenza di morire da soldato, ma la tortura... Quella proprio non solo non se l'aspettava, ma, lo sapeva, non la avrebbe di certo sopportata. La siringa era la sua unica via di fuga, e aveva pensato, che se proprio avesse voluto, poteva darsi la morte con quella: spararsi in testa una delle sue Sword Cutlass caricate con Dum Dum non solo sarebbe stata una maniera sporca ed inelegante di andarsene, gli faceva una paura fottuta. 300 mg di morfa in giugulare avrebbero fatto il loro porco lavoro in una manciata di istanti, ma l'uso che stava venendo fatto in quel momento della sua siringa e della sua morfa lo facevano incazzare in modo feroce. Forse era quello l'unico motivo per cui non aveva preso a tremare in modo incontrollato.
Prese così il cauterio laser, e con mano non esattamente ferma, si accinse a cominciare.
Il flyer, pensò, forse il flyer l'avrebbe salvato, ma, essendo un individuo pessimista, ci credeva poco. Due ore erano troppe, e poi di solito i piloti di flyer usavano le coordinate da cui arrivano le chiamate di soccorso per farsi supportare da elicotteri da bombardamento, non per salvare i soldati.
Forse il flyer poteva essere a un'ora e mezza da lui, e, dal momento che per motivi di sicurezza l'unico modo che aveva di comunicare con i piloti era il transponder sotto-cutaneo che aveva dietro l'orecchio destro, non c'era modo di saperlo. In ogni caso, pensò amaramente, non faceva nessuna cazzo di differenza. Gli assimilati controllavano tutta la gamma delle frequenze radio contestualmente ed erano abilissimi a decodificare qualsiasi codice; la comunicazione radio era off-limits, quindi, se avesse tentato di comunicare in modo tradizionale, i suoi superiori l'avrebbero degradato a vita da watchman a pulisci-cessi... L'unica situazione in cui era permesso usare le radio a onde corte era quella in cui le Cities fossero stati sotto minaccia grave, e non era quello il caso. Almeno, a quanto poteva immaginare da quel che gli stava succedendo, non lo era ancora.
Ridacchiò, di nuovo: ''Signori, se proprio non state per crepare, vedete di cavarvela da soli''. Quello era più o meno il modo in cui si poteva tradurre il protocollo di sicurezza "Clear and Present Danger", l'unico in cui era ammesso l'uso dei trasponder, in linguaggio corrente da watchmen.
La ragazza lo guardò, e, sorprendendolo, gli disse: "Non sei come gli altri. Sei diverso".
Non le rispose, anche perché, da un lato, non sapeva cosa dirle, mentre, dall'altro, dato che la presa sul suo collo si era di nuovo fatta forte, stava ri-cominciando a vedere rosso. La ragazza, con uno strano sguardo, allentò la presa, e, di nuovo, lo sorprese: "Davvero non vuoi parlarmi?"
"Non ho niente da dirti", la guardò, splendida nella sua nudità, malgrado fosse ferita e coperta di cenere, e pensò: "Di certo, in altre circostanze, mi ti scoperei, ma di fare conversazione in questo cazzo di folle momento proprio non ho voglia". Accese il cauterio, regolandolo sul massimo della potenza, sperando di fare più male possibile alla cosa che stava minacciando di fargli esplodere l'occhio in un mare di umor vitreo e morfina, e, con malanimo, lo spinse nella ferita.
La ragazza non reagì, se non con un cupo e sommesso mugolìo. Stronza, se almeno avesse dato segno di soffrire incontrollatamente, avrebbe forse potuto tentare di prenderla di sorpresa e liberarsi... Ma, sul momento, a parte chiudere quegli occhi che sembravano leggergli l’interno delle pareti del cranio, non ebbe reazioni evidenti.
Il soldato orientò il cauterio in modo da bucarle le carni, e, per ricompensa, si guadagnò un violento calcio in testa, datogli di tallone. La siringa, ovviamente, non cadde.
"Ricordati quello che ti ho detto, o la scimmietta quadrumane ti farà scoppiare un occhio", disse la ragazza a denti stretti.
Incredibile! Non solo capiva le battute, le faceva pure lei!
Se si fosse liberato e fosse riuscito a catturarla, forse studiandola avrebbero potuto capire che cosa cazzo rappresentava...
Un ibrido "umano contaminato nanita Pred-Prey - umano consapevole" sembrava la cosa più evidente, anche se, di primo acchito, impossibile.
In verità però, salvo quell'evidente novità che minacciava di strangolarlo, non si poteva certo dire che il comportamento della collettività, di recente, fosse variato... Anzi, la guerra tra gli umani sopravvissuti e gli assimilati si era fatta più brutale che mai, e le atrocità erano aumentate esponenzialmente da ambo le parti. Gli R.D.B. ormai combattevano anche per uccidere, non solo per assimilare. Ora che ci si soffermava, quella che era sempre parsa allo Stato Maggiore delle Cities una cieca volontà di sottomissione, espressa senza mezzi termini perché frutto di una volontà elaborata in codice macchina, forse era deliberato desiderio di vendetta. Ma non poteva essere, cazzo, agli R.D.B. della vendetta non fotteva niente...
"O noi o loro, tenetelo bene a mente'', ripetevamo gli ufficiali in comando prima di ogni azione decisiva, guardandolo tutte le volte negli occhi come se lo sapessero colpevole di qualcosa (anche se non potevano sapere cosa: la verifica dell'identità personale s'era fatto un concetto vago, e l'importante era divenuto non essere contaminati), e, certamente la sua era solo paranoia dettata dal senso di colpa, ma l'impressione era che lo accusassero di qualcosa l'aveva tutte le volte che quella frase gli veniva detta.
''O noi o voi'', pensò il soldato osservandola.
A ben guardare, da poche settimane, erano tanto gli R.D.B. quanto gli umani che braccavano, cacciavano e sopprimevano senza pietà, ovunque si imbattessero gli uni negli altri, e quella degli R.D.B. pareva volontà di distruzione deliberata... L'assimilazione era ancora praticata, ma non come un tempo. Quella degli R.D.B. era autodifesa brutale, devastante e sproporzionata, però l’attitudine ciecamente ingorda e fagocitatrice che il Grey Goo aveva avuto inizialmente sembrava essersi placata...
Cazzo, che stava succedendo? I servizi di Intelligence trattavano la prima linea come lui alla stregua di merda, quindi cosa stesse succedendo a livello mondiale e non locale non sapeva proprio...
Ma di fatto, che gliene importava?
Nulla, e, in realtà, non voleva più saperne altro che nulla.
Era molto tempo ormai che si accontentava di obbedire agli ordini.
Forse era stato il senso di colpa a deformarne così le vedute (non si fosse sentito colpevole probabilmente avrebbe voluto fare parte dell'Intelligence, e, di certo, aveva i numeri per farne parte), ma ormai non faceva più nessuna fottuta differenza: sembrava che il suo inconscio desiderio di morte, il suo inseguire inconsapevolmente Thanatos, stesse per essere finalmente appagato, e a lui non fregava un cazzo.
Non si sarebbe fatto assimilare, si sarebbe fatto uccidere, aveva deciso.
Malgrado la morfina e la capacità di controllare il dolore che la ragazza sembrava avere, dopo diversi minuti di uso del cauterio laser cominciarono a lacrimarle gli occhi dal dolore.
Dieci minuti dopo stava piangendo senza contegno.
Si sarebbe maledetto per quanto stava provando, ma le fece pena.
Cercò nuovamente di farla parlare, questa volta però per distrarla.
"Cosa sei, dunque?", le chiese.
"Cosa sono? Non capisco la domanda", rispose lei digrignando i denti.
"Ripeto: cosa sei? La domanda è semplice: sei ancora umana?", le chiese i soldato.
"Davvero non hai capito? Eppure non mi sembri un semplice e stupido soldatino", gli disse spiazzandolo.
Non capì più chi stava interrogando chi.
"Credo di avere capito. In un certo senso sei opera mia: il software comportamentale Pred-Prey ad atttitudine euristica è stato concepito in parte da me... Cosa sei, l'evoluzione finale degli R.D.B.?", chiese il soldato.
"R.D.B.? Cosa significa?", chiese la ragazza, mostrandosi per nulla impressionata dalla sua affermazione e dimostrandogli che il Grey Goo non doveva avere ancora assimilato nessun umano in possesso di informazioni vitali sul suo corpo d'armata.
Evidentemente, pensò offeso, avere davanti uno dei suoi “creatori” non le faceva effetto alcuno.
Cazzo, non si aspettava sacrifici di capre in suo nome, però, almeno, il tributo di una vergine... Nella fattispecie, di sé stessa...
Per poco non esternò i suoi pensieri. Ma, lo sapeva, l’esito sarebbe stato assurdo. La ragazza pareva capire l'umorismo, ma, ci avrebbe scommesso un dito, nel caso in cui avesse saputo decifrare anche il sarcasmo insito nelle sue parole, probabilmente lo avrebbe menomato seduta stante.
Come in risposta ai suoi pensieri, sentì un brivido lungo l’organo, e, immediatamente dopo, sentì un formicolio potente... Tanto potente da provocargli un'erezione così repentina ed inaspettata da essere dolorosa. Gemette.
Guardò la ragazza, arrossendo di vergogna, ed ebbe paura: possibile che...
"E' quello che credevo che fossi... Un morto che cammina, che non sa di essere morto", disse il soldato spezzando il flusso dei suoi pensieri (stavano prendendo una china troppo pericolosa e pulsante, cazzo, ed era meglio fermarsi).
(Per non parlare del fatto che rischia di scoppiarmi qualcosa, laggiù, e non sarebbe un Hollow Point)
Si chinò sulla ferita, e notò che, nel frattempo, i tessuti della ragazza si erano come... Rigenerati.
No, non era esatto, costatò allibito.
Stavano ridistribuendosi.
(Morti? ci credete Morti?!)
Di quel passo, uno o due minuti e il foro provocato dall’Hollow Point E.M. che le aveva sparato addosso sarebbe scomparso.
Uno o due minuti e lui sarebbe stato fottuto. Un altro particolare assurdo si palesò ai suoi occhi: la ragazza non era più coperta di cenere, e le strie di sangue che l'avevano coperta non c'erano più. Era come se dei nanoidi volti a curarne la sua igiene ne avessero nettato il corpo, alla perfezione. D’improvviso, uno strano, magnifico e quasi dimenticato odore gli arrivò alle narici.
L'odore di una donna.
"Morti? Vuoi dire che per anni ci avete ucciso credendoci morti? Ma noi non siamo affatto morti!"
Un'altra vampata di quell'odore, odore di sesso, sesso di donna, sesso pulito, sesso umido, sesso caldo, sesso vergine gli arrivò al cervello, provocandogli una atroce scarica di brividi... Fermò il flusso dei suoi pensieri: se avesse continuato così sarebbe impazzito.
"La colonia fino a poco tempo fa funzionava a livello collettivo, e gli assimilati non davano manifestazioni di individualità perché non ce n'era bisogno... Gli assimilati non comunicavano verbalmente e non agivano come entità autonome perché non era necessario che ciò avvenisse. E' stato quando abbiamo capito che in quel modo ci avreste sterminati, che ci siamo evoluti ancora", disse la ragazza, facendolo rabbrividire: si era così avvicinato a lui che gli venne quasi voglia di abbassare gli occhi. Ma non per contemplarne la nudità, solo perché si sentiva in imbarazzo e non ne reggeva lo sguardo.
E se ci fossero stati già degli infiltrati nelle colonie umane superstiti? E, poi, la ragazza aveva parlato di evoluzione?
"Evoluzione? Tu questa la chiami 'evoluzione'? Ma se non c'è incubo più grande di questo! L'assimilazione comporta l'annullamento della coscienza individuale! Come cazzo fai a parlare di evoluzione?! Non avete metodo, assorbite tutto, disintegrate ambienti e risorse senza criterio, con l'unico apparente fine di trasformare la Terra in una palla di cenere destinata a ruotare morta per l'eternità attorno al Sole! Ma di che cazzo parli?"", urlò di un fiato il soldato.
Per un attimo rifletté sulle sue stesse parole, e le vide per quello che erano: una lama a doppio taglio. Si rese conto che, in fondo, il Grey Goo aveva solo reso più veloce un processo che avrebbe potuto comunque avere luogo ad opera degli esseri umani, se non avessero smesso di fare ciò che avevano fatto negli ultimi trecento anni.
Si maledisse per la constatazione appena fatta, e si rese conto, con un terrore vago e indistinto, che ormai la ferita si era ridotta ad un quinto scarso del suo diametro iniziale.
La ragazza mostrò in viso perplessità, curiosità, astio e le avvisaglie di una sorta di orrido divertimento, ma quell'ultima espressione durò poco. Chinò lo sguardo, come se fosse stato condizionato a farlo, e vide... Uno strano lucore colante sulla parte interna gamba sinistra della ragazza. Il suo organo sessuale era più turgido che mai, turgido come in effetti non era mai stato.
La ragazza lo spiazzò, come a quanto pareva era bravissima a fare, e gli disse: "E la struttura che avete bombardato? Non vi ha suggerito nulla? Animali senza cervello che siete, non avete capito cosa avete fatto?". La domanda gli fu rivolta con un'espressione comicamente rabbiosa, da donna-bambina. Non pareva però intenzionata a sopportare tergiversazioni da parte del soldato, quindi, complici la rabbia e gli stimoli contraddittori che stavano annebbiandogli la mente, la aggredì con tutta la violenza verbale di cui era capace: voleva la verità? L'avrebbe avuta: cazzo se la avrebbe avuta.
"L'Autofac, vuoi dire? Struttura? Quell'aberrazione malevola una 'struttura'? Con quei dannati tentacoli meccanici tutto attorno, a me sembrava solo un mostro cieco e ingordo pronto a divorare senza criterio tutto ciò che gli capitasse a tiro... E con quei Re-animated Dead Bodies a sciamargli accanto, l'effetto finale era quello di una specie di schifoso alveare mutante... Sterminandoli abbiamo fatto solo un po' di cazzo di pulizia", le rispose, e subito, senza sapere nemmeno lui perché, se ne pentì.
Stava prolungando i tempi dell'operazione, aiutato in questo dal fatto di stare usando la mano sinistra, ma il tessuto attorno alla ferita s'era oramai quasi completamente rigenerato.
(brutto schifoso bastardo)
"Non chiamarci in quel modo, bastardo! Là dentro c'erano dei bambini! E voi ci avete tirato addosso delle bombe al fosforo bianco! Quelli che sono sopravvissuti erano talmente danneggiati che ho dovuto spegnerli!", gridò la ragazza sorprendendolo, e, di nuovo, lo scosse come se fosse stato un bambolotto di pezza.
"Ah! Ma cazzo, non senti l'odore delle stronzate che dici?", urlò il soldato di rimando.
"Cosa vuoi dire?", urlò la ragazza, e, soprammercato, lo graffiò attorno alla trachea con le unghie affilatissime che si ritrovava, e che, certo, in un corpo a corpo, sarebbero state delle pericolosissime armi. Il soldato gemette di dolore, ma non disse nulla: non sapeva perché, ma sapeva che non lo aveva ferito deliberatamente; anzi, sembrava non essersene nemmeno resa conto. Farla incazzare funzionava, però. Un'altra provocazione come quella e lei gli avrebbe spezzato il collo.
Capirsi? Pensò mestamente il soldato, come se avesse davvero potuto fare la differenza.
"Dici 'danneggiati'; dici 'spegnere'... Non ti fai paura? Non ti fai pena, cazzo?!", le chiese il soldato. Stava per dirle se non si facesse schifo, ma la pietà ebbe la meglio. In fondo, quanti anni poteva avere? Dai 16 ai 18: di fatto, poco più che un'adolescente. E, per di più, la sua condizione non era certo frutto di una scelta deliberata...
"Noi siamo meglio di voi, erediteremo la Terra e la faremo risorgere dalle sue ceneri", ribatté la ragazza. Pareva stesse esprimendo un fatto lapalissiano.
"Ah! Questo sì che la dice lunga... Ah! Scusa, ho usato un'espressione idiomatica che forse non puoi capire! Vuol dire: 'Questo sì che spiega molte cose'. Ma davvero non sai perché sei quello che sei? Non te lo ricordi? Le tue sinapsi sono state alterate chimicamente e elettricamente, e poi ri-configurate... Forse rimane qualche vago ricordo della tua precedente vita, forse è rimasto qualche frammento del tuo ego più profondo, ma ne dubito. In sostanza, hanno fatto tabula rasa del tuo cervello, e poi l'hanno riempito di nuovi input, strumentali alla sopravvivenza e alla riproduzione della collettività... Hanno cancellato la tua essenza, lo capisci? Di fatto, è come se fossi morta... Mi piange il cuore dirtelo, ma è la verità. Ah, "mi piange il cuore" è un'altra espressione idiomatica, che significa che "sono sinceramente dispiaciuto"... Sai che eri come me? Sai che eri un essere pensante, in grado di ragionare da sola, senza voci a riempirti il cervello? Senza che continuamente ti venisse detto cosa fare e come farlo? Sai che avevi perfino un nome? Scommetto che non te lo ricordi nemmeno, il tuo cazzo di nome'', disse il soldato.
Non se lo ricordava davvero, si rese conto il soldato studiandone la reazione.
Le reazioni fisiologiche basse sue e della ragazza sembravano proseguire per conto proprio. A lui poco mancava che raggiungesse l'orgasmo; oltre a quello strano lucore che stava scivolandole nell'interno coscia sinistro, i capezzoli di lei sembravano durissimi, i seni erano turgidi, le guance avvampavano di rosso, e, le sue pupille erano estremamente dilatate. "Lo stesso starà succedendo ai miei occhi", pensò, ma non riusciva a comprendere le implicazioni di quanto stava avvenendo. Del resto, pensare lucidamente era sempre più difficile. Priapismo, doveva trattarsi di un attacco di priapismo acuto.
Come se gli avesse letto dentro, come se avesse sentito la pena per la sua sorte, la ragazza lo guardò con un'aria così allibita che per poco il soldato non le scoppiò a ridere in faccia. Nel contempo, però, si sentì un gran bastardo. In realtà, non poté fare a meno di ripetersi: di cosa era colpevole quel povero essere? Di niente, di un cazzo di niente, se non della sfortuna di essersi evidentemente trovata al posto sbagliato e nel momento sbagliato.
A ben guardare, tra loro due, se c'era qualcuno colpevole di qualcosa, quello era lui. Il fatto in sé era talmente evidente da potersi dire sesquipedale. Ebbe voglia di piangere, ma non c'era tempo: oramai la ferita era chiusa, e, cazzo, lui era in completa balia di una nuova forma mutante di assimilato. La mano rotta era quasi stata del tutto riparata dai naniti tamed che aveva nel sangue, ma non faceva differenza alcuna: se lui aveva la forza di cinque uomini normali, lei sembrava avere il triplo delle sue capacità. E, inoltre, si era dimostrata di una velocità e di una precisione letale. Se a questo si sommavano le sue unghie affilate come rasoi, si rendeva conto che qualsiasi tentativo di aggressione sarebbe stato superfluo e doloroso. Di nuovo, poi, ne contemplò il corpo nudo... Per non eiaculare inizio a fare calcoli matematici come un forsennato.
La ragazza gettò la siringa a terra ridendo, ma continuò a tenerlo saldamente per il collo, evidentemente per nulla intenzionata a lasciarlo andare via integro.
"Non sei solo diverso dagli altri, sei eccezionale", gli disse la ragazza. E, con aria minacciosa, lo trasse a sé.
Il soldato non aveva paura. Dal modo in cui l'aveva sballottato e sollevato, gli era chiaro che, se avesse voluto, avrebbe potuto torcergli il collo così come avrebbe spezzato un fuscello in quello stesso istante. Se non lo faceva, era perché doveva avere altri scopi. Provocarla sarebbe stato inutile, poiché lei avrebbe capito.
Curiosamente, però, il soldato non solo non provava terrore, anzi, salvo quella strana e decontestualizzata eccitazione
(180x225=???),
non provava nulla.
Era solo stanco. Moralmente stanco.
Pensò di bruciarle gli occhi con il cauterio laser, ma non ce la fece. Lo gettò a terra, vicino al kit medico.
Capiva che il suo non era un atteggiamento normale, ma anni di vita da profugo fuggiasco, sempre costretto a tacere la sua vera identità, congiuntamente al suo estenuante ed inconfessabile senso di colpa, l'avevano infine svuotato.
Pregò solo che, se la ragazza avesse deciso di ucciderlo di propria iniziativa, lo avesse fatto in fretta.
"Io non voglio affatto ucciderti!", urlò la ragazza, convincendolo definitivamente di quanto aveva capito ma fino a quel momento si era ostinatamente rifiutato di credere: sentiva i suoi pensieri, e, alcune di quelle eco che gli erano esplose in testa come delle cannonate lontane, erano i pensieri di lei, e l'erezione così devastante che aveva avuto e che ora stava leggermente scemando - così assurda da avergli fatto pensare ad un attacco di priapismo acuto - gli era stata indotta da lei. Magari involontariamente, ma l'aveva provocata lei, elettricamente. Il che, cazzo, voleva dire che i naniti che avevano in corpo gli avevano messi in contatto telepatico... Certo, si poteva meglio parlare di contatto radio, ma il risultato era uguale.
Cazzo, l'umanità era fottuta non una, ma due volte.
Questa nuova specie non solo era capace di pensieri evoluti nel senso umano del termine - non faceva più pensare ad una razza di ributtanti termiti dal cervello raffinato - era anche in grado di interagire mentalmente con gli umani che avevano nel sangue naniti tamed come i suoi. Il che voleva dire, in definitiva, carpirne i pensieri...
"Cosa volevi farmi, con quel cauterio? Bruciarmi gli occhi? Sento quello che pensi, in modo non netto, ma lo sento... E tu hai sentito me, vero? Soprattutto, mi vuoi, vero? Capisci cosa vuol dire far parte di una collettività integrata?", disse estasiata.
"Vuol dire che non siete soli nemmeno mentre cagate, e a me l'idea fa schifo", rispose il soldato. L'erezione che aveva avuto fino a quel punto si dissolse, e lei lo guardò con ironica cattiveria. "Cazzo, mi ha spento nemmeno fossi un fottuto modello di androide da piacere!", pensò, e rabbrividì, tremando in modo incontrollato. I nervi gli avevano retto fino a quel punto, ma quanto era appena accaduto gli aveva mandato in crash il cervello.
I watchmen, i guardiani dell'umanità, sarebbero stati il crivello definitivo della sua nemesi.
La ragazza, per tutta risposta, cominciò a ridere compiaciuta. Poi si fece glaciale, persa in chissà quali pensieri. Per un attimo allentò la presa, come se si stesse astraendo da sé stessa, e proprio mentre il soldato pensava a cosa avrebbe potuto farle, lei si voltò di scatto e strinse ferocemente il suo collo.
"Come chiamate i naniti che avete in corpo? Tamed? Non capisco cosa vuol dire... Cioè, so cosa vuol dire letteralmente, ma non ne capisco il significato. Che differenza c'è tra noi e voi?", gli chiese la ragazza, come cercando di capire un'informazione essenziale che, a quanto pareva, non voleva capire. Inoltre, continuava ad avere un atteggiamento assurdo: pareva assieme svagata e rapita, distante e vicina, curiosa e indifferente, fredda e sensuale, divertita e irosa.
(Perfettamente, totalmente schizofrenica)
"Vuol dire che, anch'io, come te, non sono più semplicemente umano, ma un ibrido umano-computer... Ma le nano-macchine che io ho in corpo, a differenza delle tue, non mi impongono cosa fare e come farlo, cosa pensare e quando pensarlo... Sono solo uno strumento al mio servizio... E le scelte che faccio sono mie, non loro", disse il soldato.
"Come la scelta di non accecarmi? Perché l'hai fatto?", disse la ragazza, spiazzandolo per il candore che aveva messo nel quesito che gli aveva appena posto.
"Non lo so", ribatté il soldato, e, in parte, era vero.
"Io non voglio ucciderti, e non ti ucciderò. Anzi, voglio che tu mi...", disse la ragazza, sempre con lo stesso candore di prima. Arrossì ed abbassò lo sguardo, in una strana parodia di una giovine vergine pronta a concedersi al suo principe azzurro, non per il gusto di fare sesso fine a sé stesso, ma per amore vero.
"Non è vero. Non vuoi fare l'amore con me. Quello che vuoi tu, o che molto più probabilmente vuole la colonia, è solo riprodursi. Non sarà fare l'amore, ma un volgare atto meccanico. Assimilandomi, mi ucciderai. E io non potrò amarti e possederti cavallerescamente come tu sembri desiderare. Ti vedi, cazzo? Non sai neppure distinguere gli imperativi biologici della collettività dai tuoi desideri. Cazzo, non sai nemmeno quale fosse il tuo nome prima di essere assimilata", disse il soldato stancamente, e, per un attimo, la sua mente prese a vagare lontana.
Ricordò i giorni della sua infanzia, senza sapere perché.
Non era stata un'infanzia propriamente felice, ma, almeno, aveva avuto dei momenti divertenti.
La ragazza lo riportò alla realtà presente stringendogli di nuovo il collo: l'aveva fatta incazzare, di nuovo, e di brutto. Chissà, forse...
"Piantala, idiota masochista. Non ho nessuna intenzione di ucciderti. E ascoltami: io ho un nome. Io, anche se non ho mai fatto sesso perché ero 18 di 20, saprò darti piacere. E tu ne darai a me. E mi darai figli, perché io posso decidere quando essere fertile. Io avevo una famiglia, e dei fratelli, e una casa, che voi avete distrutto. Io sono 18 di 20. No!, Bastardo! Io ero 18 di 20!'', urlò la ragazza.
Il soldato rimase senza parole, sgranò gli occhi e, poi, senza potersi né volersi controllare, cominciò a ridere sgangheratamente.
''18 di 20!'', farfugliò, ragliando, e aggiunse: "E quello sarebbe un nome? E cos'hai a farti da carta di identità, un codice a barre tatuato sul culo? Ah, aspetta, non hai mai fatto sesso perché eri la più giovane donna fertile del tuo collettivo, vero?!".
Qui le risa lo sopraffecero, trasformandosi in una specie di raglio inumano.
"Maledetto bastardo! Noi siamo vivi! E pensiamo! E vogliamo continuare a vivere! E vivremo! E tu, grazie ai primitivi naniti che hai in corpo, capirai prestissimo di cosa sto parlando!'', urlò in risposta la ragazza.
"No!", gridò il soldato, intuendo di stare per essere resettato in quel momento, e, in preda alla disperazione, le abbassò la testa, colpendola, allo stesso tempo, con un violenta ginocchiata sotto il mento.
"Stai fermo! Maledetto stupido idiota, stai fermo!", sibilò la ragazza dopo averlo immobilizzato, questa volta usando le braccia e le gambe.
"Sai qual è il fatto che più mi fa rabbia e allo stesso tempo mi riempie di gioia?", aggiunse, mentre un rivolo di sangue cominciava a colarle dalle labbra.
"No", rispose il soldato stancamente, "ma scommetto che da buona samaritana della collettività del cazzo quale sei, ora me lo dirai tu".
"Che tu, anche se sei indirettamente responsabile della terminazione della mia unità, diverrai 2 di 2", e, così dicendo, lo baciò.
Fin.
Ciao!! Bellissimo questo tuo racconto. L'avevo già letto nella vecchia versione, ma anche questa è stupenda. Mi è piaciuto molto perchè descrivi molto bene i personaggi, mentre leggevo mi sembrava di avere di fronte la scena. Quindi non posso farti che i miei complimenti!!! Baci buona serata
P.S.:Ah, ti ho risposto alla mail! By Marlene86
Scritto da: marlene86 | 21/01/07 a 18:07
Grazie!
Tu che di inglese ne sai più di me, "tamed" vuol dire "addomesticato"?
Ciao,
Davide.
p.s.: la risposta l'ho letta, ma non ho avuto modo di risponderti... penso lo farò domani!
Scritto da: asmodave | 21/01/07 a 19:39
Ciao! Allora addomesticato in inglese si traduce con tame, che funge anche da verbo e significa domare, addomesticare, ha il passato regolare, quindi "tamed" vuol dire addomesticato, ma non in funzione di aggettivo, ma di verbo. Comunque per la mail non ti preoccupare, rispondimi quando hai tempo! Ciao, buona giornata By Marlene86
Scritto da: marlene86 | 22/01/07 a 13:59
"Non in funzione di aggettivo ma di verbo"?
Nel senso che dove l'ho messo io e come l'ho messo io non funonzica?
Cioé, non funzica?
Sì, insomma, così com'è, non funziona?
;-)
Ah...
E quindi, c'è un sinonimo?
Grazie in anticipo,
ciao,
Davide.
Scritto da: asmodave | 22/01/07 a 20:26
No, va bene come l'hai messo tu, è una specie di verbo sostantivato. Scusa ti ho fatto fare confusione, comunque l'uso è corretto...Ciao!! (mi ha fatto un po' ridere il tuo commento, per via della parte dei "funziona"...) Buona serata By Marlene86
Scritto da: marlene86 | 22/01/07 a 20:33
Grazie per essermi stata di aiuto...
In effetti, con Google, se digiti "tamed" vengono fuori le cose più assurde, e qualche dubbio l'avevo...
Con questa tua dritta so di non stare sbagliando, e visto come usi l'inglese nel tuo blog - moooolto, ma moooolto meglio di me - mi fido ciechissimamente.
;-)
A presto,
Davide.
Scritto da: asmodave | 23/01/07 a 20:08
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Scritto da: white gold | 22/11/07 a 20:12