Cingular |
Alle volte sono proprio tonto...
Ieri l'altro avevo letto di "Bravo Bravissimo", il concorso letterario di La Stampa e Fiat (consiglio caldamente, c'è in palio una spettacolosa Bravo, andate a leggere il regolamento!), e, così, ho deciso di partecipare...
Peccato che, essendo impossibilitato fino ad ora a controllare il regolamento del sito, avessi:
1) confuso l'oggetto stesso del bando, tra il reale "Andare oltre le aspettative" e quello che io - misteriosamente - mi ricordavo, ovvero il più generico "Andare Oltre";
2) confuso la lunghezza massima di "3000 battute, spazi compresi" - a mia discolpa, vada il fatto che non ho mai partecipato a concorsi letterari di sorta - con quella di "3000 battute", e basta (contando cioè solo le lettere).
E, così, è venuto fuori il presente racconto.
Vabbe', menomale che ci è il mio blog...
- Andare Oltre -
Dani’el sentiva di essere vicino alla soluzione.
Aveva difficoltà a concentrarsi per via del fatto che ormai erano tre dia-cicli interi che non dormiva e, ormai, pareva si fosse assuefatto alla bio-stimolina, ma non avrebbe ceduto (non avrebbe potuto cedere): era ad un passo dal decifrare il sistema di coordinate, se lo sentiva; non sapeva perché, se lo sentiva e basta.
Inoltre, era una percezione che non operava a livello razionale: per usare un'espressione cui lui stesso per primo non aveva mai ricorso in vita sua ma che recepiva come quanto mai calzante, se lo sentiva nell’anima.
La Comunità Scientifica Internazionale aveva spiazzato tutti, e, in verità, lui per primo, attribuendogli quel gravoso e storico compito, quindi non li avrebbe delusi.
In fondo, anche se era solo un misconosciuto astronomo eterodosso, relativamente apprezzato ed altrettanto relativamente bistrattato, era stato investito da una responsabilità storica. Si era chiesto perché l'avessero incaricato, ed era giunto alla conclusione che, forse, la scelta era caduta su di lui perché, in ambito religioso-filosofico (e, quindi, pure in un mondo liberale ed evoluto qual era Ophicius, politico), non aveva mai espresso una posizione chiara. In verità, per lui, mantenersi imparziale era stato giocoforza: non aveva espresso opinione religioso-filosofiche nette perché, essendo un razionalista, non era stato in grado di esprimenerne ne' aveva voluto esprimerne.
In ogni caso, ormai la questione fondamentale era che, come specie, avevano avuto, finalmente, la prova che, almeno nella loro Galassia, non erano soli.
E, per Dani’el stesso, questo era assieme una conferma delle sue teorie di esobiologia, una speranza, un miracolo - propriamente inteso - ed un’opportunità epocale.
Paradossalmente poi, quanto gli psico-sociologi del suo pianeta avevano da sempre temuto, ovvero che una prova concreta dell’esistenza di forme di vita diverse dallo loro avrebbe provocato crisi e sommovimenti culturali, non era affatto successo.
Al contrario, il clima mondiale che si era creato era di trepidazione, aspettativa e...
Felicità collettiva?
Sì, poteva dire di sì: felicità collettiva.
D'altra parte, come poteva essere altrimenti?
In primo luogo, non erano l'unica razza senziente che esisteva in quella Galassia, e, in secondo luogo, il modo stesso in cui la sonda era stata rinvenuta aveva del prodigioso.
Ci aveva riflettuto a lungo, e aveva capito che l’invio nell’immensità dello spazio interstellare di un oggetto come quello, per quanto fosse stato evidentemente messo in viaggio da una civiltà con discrete - anche se all'epoca dell'inizio della missione, primitive - capacità tecnologiche, non dovesse essere stato altro che un atto simbolico.
E il modo in cui era la sonda era stata trovata era, in effetti, frutto di un’eventualità così fortuita da non sembrare nemmeno un caso: mentre il confine del loro Sistema Stellare stava venendo vagliato dai nuovi apparati di intercettazione, collocati nei punti Kalandiani di equilibrio gravitazionale, alla ricerca di corpi asteroidali che potessero costituire una minaccia analoga al meteorite di roccia e metallo che aveva provocato sei milioni di vittime soltanto cinquanta periodi orbitali prima, era apparso un minuscolo oggetto in movimento verso il loro pianeta.
Dapprima era stato scambiato per un meteorite o un qualche analogo fenomeno naturale, poi, una più attenta analisi a distanza con i sensori del sistema "Individua e Distruggi", ne aveva rilevato un cuore atomico.
Defunto da, si era appurato in base allo studio dei decadimenti, almeno 2.000.000 di Periodi Orbitali Standard, ma pur sempre tale. L'apparato, nel suo complesso, dimostrava una padronanza della tecnologia (e di quella atomica in particolare) analoga a quella che la Razza aveva raggiunto nel periodo più buio della sua stessa Storia: quello delle guerre eugenetiche, che, per poco, non erano sfociale nella distruzione totale della loro civiltà. Da allora erano trascorsi circa 120.000 Periodi Orbitali Standard, per cui, vi era da presumere che, in quel momento, la civiltà di quelle creature fosse molto più evoluta della loro, posto che non si fosse estinta naturalmente o artificialmente.
Che incredibile scoperta, era stata! E quanto incredibili erano le implicazioni che derivavano da un’analisi della targa d'oro apposta sull'oggetto! Anzitutto – e quello era il fatto che aveva provocato il maggiore sconcerto – gli esseri che avevano costruito ed inviato la sonda nell'immensità del cosmo erano umanoidi.
Ogni esperto di esobiologia sapeva quanto, da un punto di vista probabilistico, questo fosse incredibile, e lui stesso, in particolare, aveva scritto un trattato in cui esprimeva il parere che la Fantascienza avesse prodotto l'erronea convinzione che ipotetici alieni dovessero essere in qualche modo simili agli esponenti della Razza. Non si trattava di sopravvalutarsi (cosa che la sua specie, a partire dal modo in cui si era battezzata, regolarmente faceva), era pura probabilistica matematica in azione. Queste erano state le sue parole (che, a posteriori, lo avevano fatto sentire non poco stupido, ma a quanto pareva, non avevano condizionato chi l'aveva incaricato): "L'idea che ipotetici alieni siano simili a noi è una convinzione limitante e limitata. Di fatto, la vita puo' svilupparsi e di regola si sviluppa su sentieri imprevedibili; che, su due mondi distinti, anche simili, si vengano a produrre esseri umanoidi è, a mia opinione, altissimamente improbabile... Su mondi diversi da un punto di vista ambientale, poi, impossibile. Potremmo avere alieni con 6 gambe e quattro braccia, alieni ciechi, sordi o muti (a seconda delle condizioni gravitazionali, geografiche, climatiche e di luce, e, quindi, cosa di non poco conto, a seconda delle finestre sensoriali di accesso), addirittura, alieni acquatici (anche se, in questo caso, difficilmente potrebbero sviluppare una tecnologia evoluta), e, perfino, alieni non a base carbonio (anche se, tra gli elementi in Natura che conosciamo, l'unico altro candidato ammissibile, per quanto concerne le reazioni chimiche richieste dall Vita, è il silicio). Tutto dipenderebbe dall'ambiente in cui queste creature potrebbero essersi evolute...".
Certo, c’era una differenza fondamentale tra loro e gli alieni ritratti sulla targa d'oro, però la forma del corpo era molto simile a quello della Razza. Era pur vero che, ipertrofia mammaria esclusa, la loro specie somigliava maggiormente alla creatura priva dell'organo sessuale esterno, ma, a parte quello, erano pressoché identici: due gambe, due braccia, una testa con capelli, mani con cinque dita, e, fatto piu' strabiliante di tutti, i volti avevano un aspetto analogo a quello della Razza (il che, come era prevedibile, aveva determinato una nuova esplosione delle religioni che ritenevano che Dio avesse creato la Razza a sua immagine e somiglianza, dopo secoli in cui Razionalità e Religione erano riuscite a convivere in modo del tutto pacifico e nel reciproco rispetto).
"Una piccola-grande differenza, c'è però, diamine, se c'è!", disse ad alta voce e prese a ridere con trasporto.
Riguardò la targa, e, con il solito divertito sconcerto di sempre, disse (questa volta, urlo'): “Due sessi! Due! DUE SESSI!”. Quanto era bizzarra, la natura, pensò Dani’el! Anche sul suo pianeta esistevano forme di vita differenziate in due generi, ma erano una percentuale infinitesima del totale di specie viventi animali, e si trattava solo di animali inferiori. Poi, a dirla tutta, da un punto di vista evoluzionistico e di sopravvivenza della specie, pareva impossibile che potesse esistere qualcosa di diverso da una razza umanoide sessualmente adattiva qual era la loro. “Il genere viene definito dalla necessità ambientale, e torna neutro quando questa e la finalità riproduttiva o l'estro cessano”: così insegnavano agli infanti nelle scuole di primo livello, e lui aveva sempre pensato che in Natura non potessero esserci differenze fondamentali rispetto alla loro specie, e, che se mai ne avessero incontrate altre, aspetto a parte, sarebbero state di certo sessualmente adattive. Pensò: "Come faranno a riprodursi, se dovesse determinarsi un eccesso di una tipologia sessuale sull'altra? E' folle... Forse esistono dei meccanismi di compensazione automatici, ma è... Folle!" Certo, sul suo pianeta c'era un mito che sosteneva che la Razza fosse nata divisa in due, ma che il dolore provocato dal vivere continuamente separati avesse spinto gli esseri primevi ad unirsi in un solo essere dal sesso adattivo, ma, appunto, era un mito... Invece... A quanto pareva, invece, c’erano delle creature per cui la scelta relativa al genere sessuale la faceva la Natura. E la faceva, quasi di certo, una volta sola. Magari alla nascita, o al raggiungimento della pubertà, ma, evidentemente, non faceva differenza: pareva quasi certo che una volta che il genere di quelle creature così bizzarre si fosse definito e queste fossero divenute sessualmente mature, non sarebbe più cambiato. Più improbabilmente, nascevano già sessualmente definite, ma, diavolo, se era una astrazione difficile da fare! In ogni caso, non erano adattivi. Altrimenti, ragionò per l'ennesima volta, non si sarebbero rappresentati in quel modo. Perfino lui, che era un astronomo specializzato in xenobiologia, non aveva mai nemmeno pensato ad un’eventualità tale. Eppure, essi esistevano, e la prova era lì, in quel momento, come un sole pulsante, davanti ai suoi occhi... “Un sole pulsante...”, pensò Dani’el. Riguardò quello che evidentemente era un sistema di coordinate, basato su degli astri, e, ancora, si chiese che senso poteva avere indicare nell’intersezione tra una pluralità di essi quello che doveva essere il loro sole. Come distinguere delle stelle da altre stelle, nell’immensità della Galassia? Anche considerando la velocità che la sonda aveva quando era stata presa a bordo dalla Alzebaran e il tempo da cui doveva essere in viaggio, poiché quasi di certo era stata spedita nello spazio interstellare grazie ad un effetto di fionda gravitazionale, capire quale fosse la direzione originaria da cui era provenuta pareva impossibile. Certo, comprese le caratteristiche dei 14 astri rappresentati nella mappa, doveva essere relativamente facile definire quale fosse la stella alla loro intersezione, anche perché, essendo quello rappresentato sulla placca un sistema solare a 9 pianeti, era molto atipico. Il problema, però, era proprio quello. Che tipo di stelle erano? Niente indicazioni intelligibili - posto che ce ne fossero - sulla posizione originaria, assoluta o relativa, niente indicazioni sul tipo spettrale, niente indicazioni sulle dimensioni, niente indicazioni sulle velocità relative e direzioni di movimento le une rispetto alle altre, e, fatto più limitante di tutti, quella che aveva davanti a sè era sì una mappa, ma era bidimensionale... La sonda conteneva un disco d'oro, ma ancora non aveva potuto essere utilizzato, perché, anche se i tecnici avevano capito come riprodurre i suoni che erano incisi materialmente su di esso, la specie che aveva inviato nelle profondità del cosmo quella meraviglia aveva - naturalmente - usato il proprio linguaggio (forse, addirittura, una pluralità di linguaggi), e sarebbero occorsi di certo studi di generazioni di linguisti ed esperti in comunicazione per venirne a capo. Dani'el riguardò lo schema e... E... Sussultò, indietreggiando, a bocca aperta e braccia spalancate (il movimento fu così repentino da dare l'impressione che una forza invisibile l'avesse sospinto). Poco dopo, un lampo gli esplose nella testa: fu come se avesse raggiunto quella che i mistici del suo pianeta definivano la M’zaar, ovvero La Consapevolezza dell'Andare Oltre. Quegli astri erano delle pulsar! Finalmente, dopo giorni di riflessioni così intense da essere debilitanti, era riuscito ad andare oltre! Finalmente, aveva trovato la chiave, e, con il nuovo sistema di viaggio interstellare basato sul tele-trasporto quantistico che da poco avevano inventato, presto, prestissimo, avrebbero potuto incontrare quei fantastici esseri o le loro vestigia. Fine.
Bellissimo, bellissimo, bellissimo!!! Bravo Davide, anche questo tuo racconto è davvero molto bello...!!! Mi sono divertita a leggerlo!! Ciao buona serata baci a presto ps: ti ho risposto alla mail!:-9 By Marlene86
Scritto da: marlene86 | 24/01/07 a 21:00
Ciao,
grazie a te!
Lo dico sempre che sei una sedicenne atipica... Credevo che fosse un racconto "difficile" (insomma, tra decadimenti radioattivi, pulsar, androgini, movimento relativo degli astri e chi più ne ha più ne metta), pensavo fosse un racconto... bhé, sì, pensavo fosse un racconto astruso.
Invece mi pare più che chiaro che ti sia piaciuto. E, per esserti piaciuto, devi averlo capito...
Sono molto contento, davvero.
Ciao,
Davide.
p.s.: la sonda del racconto è la Pioneer... Si capisce? O, quantomeno, si capisce che è un "manufatto" terrestre?
Scritto da: asmodave | 25/01/07 a 09:35
Sì, si capisce....! Comunque a me non è sembrato proprio difficile, sinceramente (se l'ho capito io!!!)...e mi è piaciuto molto! A presto buona giornata By Marlene86
Scritto da: marlene86 | 25/01/07 a 13:51
Si vede che mi sopravvaluto!
Ciao e grazie ancora...
Besitos,
Davide.
Scritto da: asmodave | 25/01/07 a 16:43