- Un giorno qualunque -
12/04/2004
- § 1.
Sabato mattina, le sei, Daniele è nel dormiveglia.
Dopo due anni e mezzo di secca routine, anche se non si deve svegliare come tutti gli altri giorni alle sei e quarantacinque minuti, il suo organismo, evidentemente, non riesce a prescindere dai cicli circadiani cui si è abituato.
E, così, dopo avere costatato che il tempo è un disastro, si deve dire: "Dormiamo, chi se ne fotte, tanto piove... Altro che Pasqua di sole".
S'addorma quasi subito, e sogna: un cavallo bianco, puro e candido come la neve novembrina delle montagne di Lanzo. Il cavallo scalpita, bruca (il cavallo cavalla, pensa stolidamente) e, dopo un po’, prende a galoppare verso di lui.
Gli si fa vicino, vicinissimo, e lui lo accarezza, colmo di una tenerezza che di regola gli è competamente estranea. Il pelo ha una consistenza a metà tra i capelli dei bambini di pochi mesi e quelli di alcune delle donne della sua vita. Gli occhi sono docili e buoni.
Daniele si volta, e, assurdo, si ritrova nello stesso letto in cui sta in realtà dormendo. Il letto però non è più tra quattro mura, è in mezzo al verde del bosco in cui il suo sogno si sta svolgendo e il cavallo cavallava.
Senza soluzione di continuità, il cavallo non è più un cavallo, ma un centauro.
Dalla vita in sù gli somiglia in modo esagerato.
Il centauro è Daniele, Daniele è il centauro, non sa più se lo sta guardando o se si sta guardando, e il costatarlo gli fa strizzare e dolere gli occhi.
Brodobum!
Un rumore metallico rimbombante gli fa fare un salto di dieci centimetri, tanto in alto che pensa: "Minchiazza, un altro po' e mi mettevo a volare!".
Cos'è successo, si chiede?
Il rumore veniva dal bagno.
Si alza, e, trascinandosi di malavoglia, va verso la fonte del rumore, e, se lo sente, di una quasi certa incazzatura.
Il suo ospite, solito maniaco (la coca questo fa, e, se poi c’è una qualche predisposizione congenita, come nel caso di Alex partire per la tangente è facilissimo), è lì che armeggia col boiler... Perché, dice, "C'era il rischio che esplodesse, ammazzando qualcuno... Ti ricordi di quell'attrice che è rimasta paralizzata dal suo boiler, no?"
La sortita dev'essere stata dovuta allo sguardo di Daniele, tra lo scoglionato e l'esasperato. E no, non sa un cazzo di attrici paraplegiche e di boiler.
Essì, Alex, Alex il cocainomane, Alex il lunatico, Alex l'egoista bastardo che pensa anzitutto al suo culo, è fatto così: male.
Ti invita a dormire (quando lo fa sembra che ci tenga davvero), eppoi, quando meno te lo aspetti, di certo complice la coke ma la genetica ci ha messo del suo, alle ore più impossibili si fa prendere da fregole domestiche di ordine e pulizia.
Di sicuro, riflette Daniele, gli è tornato alla mente che gli ha dato più di una volta del maniacale, dunque ha di certo messo le mani avanti.
E, tanto per dimostrare che non è - almeno del tutto - pazzo, gli fa vedere il boiler, che è a terra, smontato malamente (i fili sono strappati ed un tubo è piegato a cazzo): in effetti, è talmente pieno di calcare che si è deformato, e pare un bubbone prossimo a deflagrare.
La tragedia, pensa Daniele costernato, è che si dovrà lavare con l'acqua fredda.
Il discorso è un po’ complicato (oppure no, dipende dai punti di vista), ma il fatto è che svegliarsi mezzi indolenziti dall'astinenza e doversi lavare con dell'acqua non calda è, senza esagerazioni, uno dei prezzi più alti da pagare che impone l’oppio.
Il problema, però, rimugina Daniele con maggiore attenzione, è lavarsi, tout court, indipendentemente dalla possibile temperatura dell’acqua.
Se non fosse l'igienista che è, avendo sviluppato un antipatia gattesca per quel liquido in particolare da quando è divenuto un heavy abuser, si limiterebbe a puzzare.
Ma sa che, anche quel giorno, non sarà così.
"Comunque", dice all’amico, "non potevi chiamare un cazzo di idraulico? Sai che in questi casi deve intervenire la proprietà, no? Non sarebbe dovuto diventare nemmeno lontanamente un problema tuo... Guarda che cazzo hai combinato..."
Alex lo guarda in tralice, con un'aria isterica e folle come non mai, ma non risponde.
A quel punto Daniele decide di tacere.
È molto meglio così, conoscendolo, lo sa così come si conoscono i fatti ovvii della vita: solo due sabati prima per una fottuta Frau ancora un po' e non venivano alle mani.
Tutto perché, a detta di Alex, gli si era seduto sopra con malagrazia, rischiando - addirittura - di scucirgliela...
Figuriamoci che cazzo viene fuori se insiste con 'sta storia.
Quasi mezz’ora dopo Alex abbandona il campo - finalmente! - e Daniele riesce ad intrufolarsi nel box doccia. Non sa se Alex ha finito con le sue cazzate e non lo vuole sapere: l’unica cosa che conta in quel momento è potersene andare.
L’acqua è fredda oltre ogni previsione e, Daniele, probabilmente illuminato di immenso dallo choc termico, capisce in pieno il significato di una frase di Gaiman che ha da poco letto su "American Gods": “L’oppio è la religione dei popoli”.
Trattandosi della versione in lingua inglese ed essendo il delirio di un leprecauno che sa di stare per morire, quando Daniele l’aveva letta la prima volta temeva di avere frainteso.
E, invece, no.
La frase era esattamente quella (e, di fatto, il leprecauno era un junkie).
Il concetto, ragiona, almeno per quel che riguarda la classe degli addicted, è mostruosamente vero, cogente e calzante.
Malgrado tutto, la doccia fredda gli dà una sferzata energetica inattesa e molto forte. Forse, troppo: si sente come se gli avessero infilato una presa elettrica in culo - senza il benché minimo preavviso.
Il tempo è una mezza merda, ma Daniele non ci fa affatto caso.
Ormai è preso da tutt’altri problemi. Della metereologia pasquale non gliene importa sega.
La sua priorità è una, e una soltanto (per il resto il cielo potrebbe anche cadergli in testa): non stare male.
Pensa a Vinnie, lo Zio Vinnie.
Zio Vinnie lo aiuterà, come al solito: lui sa sempre come cavarlo dai casini: ha sempre qualche gancio, qualche pista segreta che 10 anni in più rispetto a lui di tossicomania gli hanno fornito.
Lo chiama e lo va a prendere.
Vinnie sale in auto e saluta Daniele contento, dandogli pacche sulle cosce.
è felice perché, oltre ad essere andato a prenderlo (non lasciandolo in casa a rompersi le palle la vigilia di Pasqua), hanno finalmente deciso di mettersi in affari.
Gli spiega la situazione: con ottanta euro deve arrivare a martedì e passare un bel sabato, concerto che intende andare a vedere all'Hiroshima incluso.
"Bene, bene, non c'è problema, andiamo da Vincenzo, vedrai che lo possiamo prendere per le palle...", dice Vinnie strofinandosi le mani.
Vincenzo: l'espressione "relitto umano" gli si attaglia alla perfezione. Anzi, per assurdo che possa sembrare, a posteriori si direbbe che Dio l'abbia inventata per lui.
Vinnie, con eccezionale dovizia di particolari, come, al solito, gli è tipico, ha raccontato a Daniele che Vincenzo, la disgrazia-umana, una settimana prima, era in piazza ad acquistare: un tossico gigante, nerboruto e pelato, gli ha strappato i soldi di mano ed è scappato sul proprio carro-attrezzi.
Con la disperazione propria di chi è in piena rota (e sa quindi che se non si farà gli toccheranno ore ed ore di agonia), Vincenzo ha inseguito il gigante e si è appeso allo specchietto del lato guida, col mezzo già in movimento.
Il bastardo non ha trovato di meglio da fare che stringere e cercare di scrostarsi di dosso l’incomodo e indesiderato passeggero, facendolo cozzare contro non una, non due ma bensì tre auto ferme (Pam!-Pam!-Pam!).
La folle strategia ha funzionato: Vincenzo è caduto, e il carro-attrezzi, con la ruota posteriore, l'ha anche calpestato sul bacino.
Insensati: pensa Daniele, saranno pure tossici, ma, su tutto, individui come il gigante nerboruto sono dei dementi insensati.
Oltretutto, come si può facilmente immaginare, la cifra in ballo era, in effetti, miserrima: pare non fossero nemmeno quaranta euro. Giusto una pera per cavarsi via dalla rota.
Non che se fossero stati quattrocento o quarantamila quell’atto in particolare avesse avuto più logica, ma così pare, appunto, l’esito di un mondo impazzito, demente, ma, soprattutto, cattivo.
Ammazzi una persona per quaranta euro. Sembra una follia da "gangsta movie" statunitense.
Persino lo zio Vinnie, che in vita sua ne ha viste tante, non ci poteva credere.
Daniele non lo ammetterebbe mai con nessuno, nemmeno sotto tortura, ma la prima volta che ha visto Vincenzo gli è venuto un magone così intenso che poco c'è mancato che piangesse, malgrado non lo conoscesse e per lui non fosse che un estraneo totale.
Il corpo del tizio, ri-pensa per l'ennesima volta Daniele, è diventato a-simmetrico, tout court.
Sembra che qualche divinità burlona abbia deciso di pasticciare con l'argilla di cui il povero Vincenzo è fatto, dandogli una nuova, bizzarra e sconclusionata forma.
Il braccio sinistro era - ed è - messo particolarmente male: ad una decina di centimetri dal gomito il bicipite trasla verso l’esterno, per poi tornare verso il torso. Dà l’idea di una folgore, in sostanza.
Come sia rimasto in vita, e come il bacino gli sia rimasto intatto, in effetti, non si sa.
Vinnie (i due sono omonimi, per pura combinazione, ma il suo amico Vincenzo per Daniele è Zio Vinnie) gli ha raccontato che porta pure una protesi dentaria, e vederlo in casa in libertà è uno spettacolo a metà tra il tragico e il comico.
Una punta di schifoso non è da togliere, in verità, se proprio ci si volesse attenere alla descrizione che Vinnie ne ha fatto a Daniele poco dopo essere andato a trovarlo a casa sua, il giorno successivo a quello della dimissione dall’ospedale: “Ti dico, era lì, buttato sul letto e senza dentiera, col braccio spappolato su un cuscino, a spurgare... Eccheccazzo, sai che ho lo stomaco forte, ma dopo dieci minuti me sono dovuto andare”.
A tuttora, e sono passati sei giorni da quando Vinnie ha raccontato a Daniele ‘sta storia, ogni volta che ci pensa gli viene contemporanemente da ridere e da dare di stomaco.
Ma la vita, pensa Daniele, non è solo tragedia (magari è una tragicommedia scritta da un burlone cosmico): a quanto pare, Vincenzo riesce ancora a ridere di sé e fare ridere gli altri, scherzando sul proprio stato di derellitto.
“Dopo 'sta cazza di storia, quando sono uscito dal Maria Vittoria, ero in via Cibbbrario, hai presente, subbbito dopo la discesa?”, racconta Vincenzo a tutti, indistintamente, dopo pochi minuti che si è assieme a lui, “Credimi, non ci stavo con la testa dal dolore, ero tutto piegato... Ad un certo punto alzo la testa, e davanti a me vedo 'sta cazzo di scritta! 'Sei un rottame'! Hai capito? 'Sei un rottame'! Scritto con 'na bobbboletta, davanti a me! Mi sono messo a ridere e non riuscivo più a fermarmi!”. E, tanto per fare capire cosa intendesse sul ridere senza riuscire a fermarsi, aveva ragliato per un minuto buono, inevitabilmente trascinando lui e Vinnie.
Peccato però, ci ha rimuginato sopra Daniele, che Vincenzo non faccia ridere tanto perché abbia un’attitudine comica speciale: fa ridere perché, messo com’è, è ridicolo in modo farsesco, grottesco e sdrummato.
Una decina d’anni fa fu ospite della Corrida di Corrado, imitazione, a sentire Vinnie, perfetta e allucinante di Nino d’Angelo (e Daniele non ha ragione di dubitarne, visto che la prima volta che si sono re-incontrati si sono messi a fare diversi pezzi del suo repertorio, e hanno smesso soltanto quando, serissimo e imbufalito, lui li ha minacciati di farli scendere entrambi dalla macchina).
In effetti, ha riflettuto Daniele, basterebbe prendere Nino d’Angelo, farlo tornare magro come quando era all’apice, (re-?)intossicarlo di eroina, fargli passare un carro-attrezzi sopra... Et voilà! Le jeux sont faites! Eccosi fatti una fotocopia vivente di come è Vincenzo ora.
Il pensarlo gli ha fatto venire una ridarella folle.
Per fortuna ancora è stato prima che lo raggiungessero, perché, per quanto penoso e ridicolo sia (un rottame, per dirla tutta), ridergli in faccia non sarebbe né furbo né conveniente.
In ogni caso, visto che sono in macchina da dieci minuti e gli ultimi trenta secondi li ha trascorsi a ridere da solo, Daniele decide di ragguagliare Vinnie e, il risultato è che i due hanno un attacco di risa così sgangherato che Daniele deve accostare e devono darsi cinque minuti abbondanti per ricomporsi.
Ad un certo punto, senza preavviso, e spiazzandolo come sempre fa con la sua saggezza pacata di uomo della strada, Vinnie chiede a Daniele: “Secondo te, se lo meritava?”.
Daniele lo guarda, e poco ci manca che dica che forse l’intero genere, per i danni che tende a fare, lui compreso, dovrebbe essere spazzato via dalla Terra, ma si trattiene.
E, così, non sa nemmeno lui quanto credendoci, risponde: “No, non penso se lo meritasse. A quanto mi hai detto, non è nemmeno capace di rubare, no? Secondo me la sua colpa più grave è quella di essere un disgraziato”.
Vincenzo ora guarda Daniele, serissimo, con le lacrime agli occhi, e questi non capisce se la sua è disperazione o se sono soltanto gli effetti collaterali della ridarella.
Daniele ricambia lo sguardo, ma non dice nulla: certi argomenti è meglio evitare di approfondirli, a priori.
“Andiamo, dài, che sennò ce lo perdiamo”, dice Vinnie, come se gli avesse letto nella testa.
Lo incontrano, se lo caricano in macchina e quattro minuti dopo lo smollano, più che altro per evitare di ridergli in faccia.
In ogni modo, Vinnie ha avuto ragione: l'hanno preso per le palle.
S'è venduto - o, meglio, ha venduto a Daniele - quello che gli hanno chiesto per un tozzo di pane.
- § 2.
È pomeriggio tardo, Daniele sente amici, amiche, va là che s’organizza la serata.
Torna a casa di Alex, controvoglia (glielo ha promesso prima di andarsene da casa sua), e, anche se ancora non lo sa, si sta per tagliare le palle da solo.
Alex chiama Billy, e questi gli chiede d'andarlo a prendere, che ha daffare delle "commissioni".
Le commissioni costeranno loro la serata: sono andati a prenderlo alle nove, e ora delle due di mattina erano ancora con lui e la sua ragazza.
Per fortuna, pensa Daniele, c'era questa, Denise: col suo chiacchiericcio continuo ha allietato la serata di tutti, ma, soprattutto, quella di Daniele. È proprio una bella figliola, direbbe suo padre.
A guardarla parlare, sembra dolce come un pasticcino. Non sta zitta mai. Daniele non sa come, ma intuisce che lo fa perché è angosciata, quindi non gli dà la minima noia.
In più, sta studiando arabo, ed è bravina a parlarlo.
Della lezione che gli ha fatto a Daniele è rimasta in testa una cosa sola, ovvero come si dice "amore mio": "habibi".
L'espressione ha un bel suono, e quando l'ha sentita, Daniele ha subito pensato a Sherazade e ad amori e meraviglie da mille e una notte.
Ad un certo punto, con Billy fuori dalla macchina, Denise fa un paio di lodi sperticate a Daniele (la ragazza non lo sa, o, forse, sì, ma mentre si stava complimentando per il taglio da "Bambi" dei suoi occhi, lui se la stava già montando da dietro), e, a fine serata, gli regala un basco, il suo basco.
Billy sembra non gradire, ma non dice una parola; anzi, ride sotto i baffi.
Daniele sa che la cosa è meno strana di quanto non possa sembrare di primo acchito.
Il punto è che lui se ne fa due assieme, a fusi orari: dalle sei a mezzanotte una, da mezzanotte alle sei dell'indomani l'altra.
Se mai Denise lo sapesse, riflette Daniele, quasi di certo diverrebbe una novella Lorena Bobbit. Lo capisci da come e da quanto parla: è una di quelle ragazze fragili, e la fragilità, Daniele lo sa, è stato vittima di una situazione del genere, può diventare rabbia feroce e vendicativa, e questa può tralignare nella follia.
Terminato il "giro di commissioni", decidono di prendersi un break a casa di Alex: è davvero tardi, pensa Daniele, e, per quanto lo riguarda, è davvero cotto.
In realtà, per quanto lo concerne, è bollito, non solo cotto, e l'ultima cosa che vorrebbe fare è socializzare, ma alle cinque Alex è di nuovo pimpante come un grillo imbottito di ephedrina, e lo trascina fuori casa.
Vanno a prendere un rhum, e, come sempre quando Daniele assume alcolici, pochi minuti e non gli reggono più le gambe.
Escono dal BarCode, senza sapere dove andare, ma, in ogni caso, Daniele dice ad Alex: "Fà il favore: guida tu, che sennò c'ammazziamo".
[Che fare?
Che passione!
Che giovinessa!
Che ardore!]
"Andiamo da Billy, vah", dice Alex.
D'altra parte, è vero, pensa Daniele: “Cazzo potremmo o dovremmo fare? Andare di nuovo per locali? Farci una birra, un altro rhum, due - o quattrocento - chiacchiere? 'Affanculo...”.
Sono in Piazza Rivoli, quasi a destinazione, ai venti all'ora scarsi, eeeeh...
BOUM!
“Cazzo!”, urla Daniele.
“Cazzo è successo?”, pensa subito dopo, cercando di riprendersi.
Era intronato dal rhum, quindi non comprende...
La macchina, la sua macchina, ha preso una botta tremenda, e Daniele fatica a respirare.
Scende dall'auto, e la prima cosa che gli viene in mente, per quanto la sua povera Punto è deformata e contorta, è di stare avendo un’allucinazione.
Eppure, non è così: un pazzo in Smart è passato col rosso pieno ai novanta-cento all'ora, travolgendoli. La Smart e il suo nucleo di titanio non si sono fatti un cazzo. La Punto di Daniele, invece, è piegata in due.
"Evidentemente lo spot in cui una Smart veniva calpestata da un T-Rex e non si faceva un cazzo non era un'esagerazione", pensa e la costatazione gli fa venire da ridere... Ma non ride: è troppo incarognato.
Una palla di cannone non avrebbe fatto di meglio.
Guarda bene la sua auto e l'entità del danno, si rende conto che se gli andrà male sarà da buttare e prende a gridare, viola in volto: “Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo!”.
“Non è possibile! Guarda questa merda d'un ragazzino che cazzo mi ha combinato!”, pensa.
Ha preso la patente due mesi fa, e la macchina poco dopo: a 2 (leggonsi: due) giorni dall'acquisto gliel'hanno aperta, 3 settimane dopo gliel'hanno bocciata da ferma facendogli un danno di 2.500,00 euro e adesso questo?
Il tamponatore dice: "Scusascusascusa, avete ragione...".
"Bene, porca troia", risponde Daniele, "avrò anche ragione, ma spostiamoci da qua e facciamo il cid...".
Il tizio sale in macchina, Alex pure, e, senza preavviso, senza logica e, infine, senza pudore, la Smart parte sgommando.
"Sta scappando! Alex, quel bastardo sta scappando!", grida Daniele schoccato.
Alex è più schoccato di Daniele, e, allibito, lo guarda e dice: "Sta scappando? Maccome sta scappando?!"
"Vai, cazzo, vai!", gli urla di rimando, anche se, mentalmente, ha già preso nota della targa.
Alex parte, e Daniele deve ringraziare che la sua auto sia appartenuta al Ministero dell'Interno (forse, alla Digos), perché, non ostante il vantaggio della sorpresa, poche centinaia di metri e Alex raggiunge il ragazzino, e, come in un film, lo blocca, mettendoglisi di fronte di traverso.
Daniele parte di corsa, intenzionato a percuotere come un tamburo il bamboccio (perché questo è), ma Alex, che, di regola, tra i due è il più impulsivo, lo ferma, cercando di metterlo calmo: "Ma no, dài che non voleva scappare, si voleva solo spostare..."
Daniele è fuori di testa.
Si sente come una pentola a pressione, e, mentre chiama la Polizia, cammina in circolo, e molla improperi e bestemmie come e peggio di uno scaricatore di porto.
Davvero, lui che considera il turpiloquio gratuito estranei alla sua persona, sta eruttando oscenità peggio di un malato di coprolalìa.
Il 113 risponde dopo una ventina di squilli (assurdo!), e manda sul posto una pattuglia dei Vigili.
Dopo dieci minuti di attesa vana, il ragazzino, contrito, si avvicina a Daniele: "Scusami, hai ragione tu, ho davvero cercato di scappare... Ma ora devo andare, non posso fare altrimenti, per me è troppo tardi... I miei mi ammazzano se arrivo dopo le quattro!"
"Bene, io cid non ne ho, cercane uno, ammetti il torto, firmamelo e vattene pure", gli risponde Daniele.
Il ragazzo va alla macchina, frugacchia, torna, e, chissà come mai, cid dice di non averne.
"Non importa", gli dice Daniele, "aspettiamo i vigili, ammetti il torto e poi te ne vai dove vuoi".
Alex và sul luogo dello scontro, "per vedere le strisciate delle ruote", dice lui: a quanto pare, è convinto che a partire da quelle si possa risalire alle responsabilità dell’incidente.
Una delle sue cazzate, in somma, ma l’ultima cosa di cui Daniele ha ora bisogno è di mettersi a litigare con lui perché si sente Sherlock Holmes.
Daniele nel frattempo cerca di procurarsi un cid, ma il risultato è avvilente: ha la bocca impastata, in parte per gli eccessi della serata, e, in parte, per il trauma indottogli dalla situazione, quindi, poiché non riesce che a ciancicare, le uniche persone che riesce ad avvicinare lo guardano come un pazzo pericoloso.
“È terribile trovarsi dall’altra parte", pensa Daniele!
Non è un criminale, ma solo un povero fesso un po’ intronato in stato di disgrazia che cerca un cid, e la gente lo guarda come fosse un assassino...
Una coppietta (giovane, per di più), non solo non abbassa nemmeno i cristalli, ma parte sgommando quando lui, pensando di non essere stato capito, bussa su uno di essi per farsi meglio ascoltare.
Daniele ride, ma subito si blocca.
In effetti, non sa più se trovare la situazione in cui è esilarante o sentirsi una merda derelitta.
Riflette e prova pena per chi, in generale, in una situazione di bisogno, viene respinto così come si respingerebbero degli appestati.
Torna indietro a mani vuote, e incazzato come non mai.
Il ragazzo insiste: ha da fare, se ne vuole andare.
“Il fatto che non abbia trovato cid fa il suo gioco”, pensa Daniele, ma non dice nulla.
"No, non hai capito, tu di qui non te ne vai", gli dice invece, fermo e visibilmente alterato.
Richiama la Polizia, facendosi un’idea abbastanza precisa di come potrebbe andare: se lo trattiene con la forza (e lo stimolo è potente), finisce che si becca pure una denuncia.
Il 113 questa volta è più sollecito nel rispondere: Daniele spiega loro la situazione, e chiede che gli inviino al più presto dei Vigili.
Il ragazzino sembra avergli letto nel pensiero, e, così, riprende la tiritera di prima: se ne vuole andare, ha da fare, se non tornerà a casa saranno botte.
"Di nuovo: non te ne vai da nessuna parte, non insistere, non farmi incazzare... Non sul serio, almeno, sennò le botte te le do io", gli dice Daniele.
Il ragazzino lo guarda, e cambia espressione.
“Senti, mi stai rompendo, sai?”, dice col fare risentito che avrebbe un infante megalomane se fosse distrubato nel compimento della sua attività preferita.
Daniele, che avrà tanti difetti ma vede lungo, ha già capito la situazione.
“Senti, te ne vuoi andare? Non ho problemi. Chiami tuo padre e la situazione gliela spiego io”, gli dice.
“No, guarda, mio padre non è in casa, proprio non si può”, risponde il ragazzino.
“E allora chi ti dovrebbe ammazzare di botte? La mamma?”, dice Daniele furioso (le narici fremono, il sopracciglio destro è arcuato allo spasmo) e maledice Alex: quell’idiota ancora non è tornato.
Si volta, e lo vede sul luogo dell’incidente col telefono in mano, tranquillo come nessuno, che parla e ride, raccontando quanto è accaduto a qualcuno, come se fosse sono uno dei tanti gossip riguardanti la cerchia di amici che entrambi frequentano.
“Idiota egomaniaco”, dice ad alta voce.
Il ragazzo fraintende, convinto che ce l’abbia con lui.
"E così fai lo stronzetto? Sai io allora che faccio? Cambio la versione dei fatti... Chi dice che sei passato col verde?", dice, mentre Daniele è ancora voltato.
Sul serio, deve avergli letto nel pensiero, o, quantomeno, ha capito che Alex e lui (in fondo in fondo) sono due persone civili, e che, quindi, vada come vada, non lo malmeneranno.
D’altra parte, il ragazzo deve avere già tratto le sue conclusioni, e da parecchio: fossero stati due bestie l’avrebbero già pestato prima, subito dopo il suo idiota e fallimentare tentativo di fuga.
Daniele si volta, e gli urla: “Dimmi che non hai detto davvero quello che hai detto!”
Il ragazzo non si scompone, anzi, ribatte: "Picchiami... Dài, mettimi le mani addosso..."
Daniele lo guarda a bocca aperta, come un catatonico, e non dice nulla.
In realtà, non potrebbe nemmeno se volesse: non riesce a spiccicare parola.
I suoi pensieri sono quanto mai acuti e precisi; invece di essere confuso ha il cervello che va a mille, anche se sotto diversi strati di isolante.
Di nuovo, come già in altre occasioni della sua vita, lo schifo lo sommerge.
Colleghi che ti fottono i progetti, colleghi che ti sputtanano, attribuendoti responsabilità che non hai, amici che ti tradiscono, donne che si fanno te e altri tre uomini, a turni (per fortuna, almeno, lui di solito era il primo), persone che mentono senza un motivo apparente...
Fiducia verso i tuoi simili?
Amore per il tuo prossimo?
Siamo una razza di carogne egoiste, pensa Daniele triste e depresso, non si tratta di me, delle mie cazzate o delle persone che incontro: non sono io che sono andato e m’imbatto sempre e comunque in individui col cervello frollato, è proprio della nostra natura.
I Vigili finalmente arrivano.
Incredibilmente, il ragazzo gli si avventa contro, inscenando una pantomima in cui la vittima è, ovviamente, lui.
La scenetta fa incazzare Daniele così di brutto che quasi lo strozza, ma i civic glielo impediscono.
Il loro intervento si limita in un rimbrotto poco convinto a Daniele.
Strano ma vero, sembrano avere perfettamente capito la situazione.
Ciò malgrado, non dicono nulla.
E lui sa anche perché, dato che ha lavorato nelle assicurazioni: devono essere imparziali e limitarsi a rilevare l’apparente evidenza dei fatti.
Il che però non significa che siano stupidi: basta vedere chi tra i due ha il sangue agli occhi per capire quale sia la verità.
Daniele non ama la violenza, ma, se potesse, ammezzerebbe il ragazzo come un cane con la rogna.
E non una, ma dieci volte.
Alex invece non ha problemi ad ammettere che la brutalità gli piace: lui è quello, tra i due, che si butta nelle risse, anche se non lo riguardano.
E così, non appena i vigili si allontanano, gliela promette.
“Tanto le teste di cazzo come te frequentano sempre e solo quei cinque o sei posti, quindi prima o poi ti becchiamo e ti facciamo scassare di botte... E se ti stai chiedendo perché dico che 'Ti faremo scassare di botte', è perché noi le mani di merda non ce le vogliamo sporcare”, gli dice.
In effetti, Daniele è talmente incazzato da sperare che Alex lo faccia non sono prendere a botte, ma proprio fracassare.
Ha una carogna così grossa sulle spalle che spera di non essere lui a incontrarlo: se mai ciò dovesse capitare, continua a pensare che forse gli troncherebbe la vita.
Quindi è meglio che a farlo pestare sia Alex, anche a sangue, se serve, ma lui proprio non se lo deve trovare in mezzo alle palle, sennò gli tira il collo.
I rilievi e l'acquisizione delle dichiarazioni si portano via tre lunghissime ed estenuanti ore.
Incredibilmente, anche se oramai ha il coefficiente di aerodinamicità di un cumulo di materia informe, l'auto parte, e alle otto e mezza di mattina Daniele arriva a casa.
È stanco come non mai.
No, stanco non basta: è a pezzi peggio che se lo avessero percosso su ogni centimetro quadrato di pelle.
È strano costatare quanto devastante possa essere lo stress, pensa.
Si butta a letto e, per quanto si dica che non ce la farà mai ad addormentarsi, subito sviene.
L'indomani va in ospedale (ancora non lo sa, ma gli troveranno sei costole rotte, così, pour rire), e, in coda, di fronte a sé, ha una donna marocchina, che, a quanto sente, ha delle coliche intestinali.
"Può ripetermi il suo nome, signora?", dice l'infermiera.
"Habibi", risponde la donna.
Amore mio...
“Sincronicità”, pensa Daniele.
E poi dicono che non esiste.
Fin.
Eh, giorni difficili... :-) Appena posso, torno. Son in dubbio anche su quanto continuare il mio blog. Ho avuto una brutta notizia accademica. Per il resoconto completo puoi andare sul blog di cate. :-))
Speriamo di poter riprendere a parlare quanto prima. Scusa. Son successe cose piu' grandi di me, e mi devo mettere sotto per vedere di limitare i danni...
Il simbolo RSS che mi hanno messo è perché ho un feed RSS diverso da quello che hanno i blog La Stampa di default. E' FeedBurner, è piu' affidabile, e conta i visitatori del feed. (Che comunque sono 0, quasi come quelli del blog... :-)))
Ciao!!
Scritto da: Filippo | 18/09/06 a 23:31
Ciao,
in realtà non ho capito molto, salvo che sei rimasto senza alloggio, giusto?
Se c'è qualcosa di più grave "a livello accademico", come dici tu, mi basta sapere quello, non voglio altri chiarimenti.
Comunque, dammi retta, qualsiasi scelta tu faccia, non fare la _mia_ scelta... Ovvero, non mollare.
Ma spero che il problema non sia così compromissorio.
In ogni modo, riavvolgendo il nastro e ripetendomi: non mollare!
Mi sembri un ragazzo intelligente, analitico e sensibile (te l'ho già detto: odio sviolinare, quindi non prendere questa come una sviolinata, ma come una semplice costatazione), per cui, insisti.
Grazie dei chiarimenti, in culo al cetaceo e in bocca ai lupoidi e, su ogni cosa: non chiudere il blog!
Sarebbe un peccato perderti (di certo sai che significa il concetto di affinità elettiva, quindi altro non sto' a di'), ribadisco... E poi, luogo potresti sempre limitarti a dare tuo al blog un quarto d'ora al giorno (o ogni due, o ogni tre, basta che ogni tanto posti, ci siamo cpaiti, no? ;-)).
Se poi ti avrò perso come interlocutore nelle nostre complicatissime e oceaniche discussioni ed ospite, pazienza, io ti verrò a trovare lo stesso!
Statte buono, fai lo bravo, scegli bene e scegli giusto,
a presto,
Davide.
Scritto da: asmodave | 19/09/06 a 09:18
Parole gentilissime. Ti ringrazio tantissimo di quel che mi dici. Non ho intenzione di non insistere per ora, ma ho sempre paura di perdere le speranze alla lunga. E mi riferisco al problema accademico; non alla camera, che è piu' che altro una faccenda che dà malinconia, dovrei abitare in un appartamento privato con tutti i maggiori disagi e senza l'atmosfera di un college.
Anyway, ho postato di nuovo. :-) A pezzi, per non perdere tempo. Quindi diciamo che ho postato la prima puntata... :-)
Cia'
Scritto da: Filippo | 21/09/06 a 22:42