01/12/2005
L'avevo visto al cinema quando uscì, e ieri l'ho rivisto in dvd...
Bello l'avevo trovato e bello l'ho ritrovato.
Eccone la recensione.
N.B.: SPOILER non è solo la parola inglese che contrassegna propaggini aerodinamiche (alla lettera: “deflettore”): in questo contesto, si legge, più o meno, come "spualé", ed è un monito.
Vuol dire: "Se vuoi vederti il film recensito senza guastartene la visione, non leggere quanto segue, perché qui la trama è stata messa a nudo; spogliata, appunto."
Spoiler
Spoiler
Spoiler
L'inizio sembra di maniera.
Il film è appena cominciato, ed è già chiaro che il mondo se ne sta per andare in rovina: una delle protagoniste, un'infermiera, è in cerca di un paziente che, a causa di un morso subito in una rissa, pare abbia preso a stare molto, ma molto male.
Per chi è avvezzo al genere - e io lo sono - è palese che quello che l'infermiera sta cercando non è altri che uno "zombituro", una persona che sta divenendo uno zombie.
Ma, e il fatto emergerà chiaramente più avanti, nel mondo in cui è ambientato il film nessuno pare sapere cosa sia un "morto vivente".
In un paio di occasioni li si sentirà chiamare "tarantolati" e, in un'altra, "morti cannibali", ma "zombie" mai.
Qui, se non ricordo male, partono i titoli di testa.
E di nuovo, pare esserci un'altra esplosione di manierismo cinematografico: una digitale inquadra, inframmezzando le inquadrature in un accendi-spegni ai titoli di testa, zombie urlanti e in corsa, assatanati come non mai.
Quando alla fine ho capito il perché di quelle riprese sono rimasto a bocca aperta.
I titoli di testa sono invece intelligentissimi: le lettere si sciolgono in un effetto visivo che le distorce, e le fa sembrare sangue che cola.
L'infermiera torna a casa (bella l'inquadratura del complesso di villette in cui questa vive, poiché dà molto l’idea di un formicaio), e, dopo (ehe-ehm) avere espletato i doveri coniugali con il marito e essersi addormentata, si trova in mezzo al più classico degli incubi horror: la figlioletta è stata masticata (in faccia), non si da chi, e, in apparenza, diventata pazza come un cavallo, sgola il padre.
A morsi, naturalmente.
Ecco qui una novità che avrà fatto inorridire molti cinefili: la piccola, una zombetta bionda, dopo avere sgolato il papozzo, corre verso mammà come un babbuino impazzito, gridando e sbavando.
Corre?
Ma come corre?
A quattro zampe?
Gli zombie non sono sempre stati dei lenti babbei?
In effetti, sì, ma il regista qui ha introdotto una novità, per mettersi al passo coi tempi: questi zombies, se non disturbati, paiono dei catatonici; se vedono carne viva - umana, canina no - diventano improvvisamente dei centometristi.
I tempi corrono, vien da dire, e gli zombies pure.
Per quanto mi riguarda è una scelta furba: se quello che conta è il risultato, e il risultato è mettere paura, il regista - o lo sceneggiatore – ha(nno) avuto un'ottima idea.
Se poi in questo possa ravvisarsi un plagio deliberato verso "28 giorni dopo", non saprei dire (o forse, visto che "L’alba" mi ha divertito e coinvolto faccio che fare finta di nulla).
Un'altra sequenza de paura (come direbbe Rokko Smitherson) è la fuga dell'infermiera da casa sua, col marito anch'esso ormai trasformato in uno zombie urlante e veloce come Mercurio.
L'infermiera riesce a salire in auto, e fugge, inseguita dal marito, che, è evidente, se la vuole sgranocchiare (Gnam-gnam).
All'esterno il mondo sembra essersene già andato a rotoli per benino: dappertutto zombies, persone in fuga, persone impazzite che sparano a vanvera (e vengono spiaccicate da ambulanze).
Una cosa che mi ha colpito particolarmente è l'animalità dello zombie in cui si è trasformato il marito dell'infermiera. Questi la insegue, come se mangiarsela fosse (o sia? mi si perdoni se ho sbagliato) il suo unico scopo; invece, distratto da un'altra preda, le zompa addosso, non prima però di avere fatto una svolta ad angolo retto degna di "Automan".
Questa prima sequenza di impazzimento corale, e una successiva inquadratura dall'alto della città in cui il film è ambientato, danno l'idea della fine del mondo: incidenti tra auto, esplosioni, spari e incendi fanno capire che il genere umano è spacciato.
E che, a suo modo, abbiamo di fronte una pellicola atipica e anti-hollywodiana.
In effetti, "Dawn of the dead" questo è: un film sulla fine del mondo.
Non c'è possibilità di salvezza o perpetuazione per il genere umano, e questo emergerà un po' alla volta, sino al colpo di scena di fine film.
Dopo varie peripezie, e dopo essersi imbattuta in altre quattro persone (tra cui una donna gravida), l'infermiera trova rifugio in un centro commerciale.
Qui il film si fa più scontato, ma rimane comunque una pellicola di alto livello: il leitmotiv del "prendi un gruppo di persone eterogeneo, sbattilo in una situazione critica e guarda cosa vien fuori dalla loro interazione" non guasta né l'intreccio né lo spessore psicologico dei personaggi (per avere un esempio di come questo genere di film non debba essere, prendo sempre "Indipendence Day").
Due personaggi in particolare mi hanno colpito: "Micheal" e il cattivo cinico e riccone, di cui, però, proprio non mi ricordo il nome.
Questo film ha un altro merito, ovvero quello di infrangere l'ultimo dei tabù del genere horror-zombie: quello del neonato-morto-vivente.
Nato "morto-vivente"...
Chissà se lo sceneggiatore ha rilevato la metafora...
Comunque, dicevo, tra le persone che si imbucano nel centro commerciale c'è una donna gravida, la quale, ovviamente, viene infettata da un morso.
Quello che è meno ovvio è che dia alla luce un neo-zombie, e che il padre (il "Pratt" di E.R.), nel tentativo di non fare terminare puerpera-cadavero e nato-morto, si faccia uccidere.
Ecco, dicevo, il Genio: potevano fare sì che il bambino nascesse sano, e salvare papà e figlio...
Invece sceneggiatore e regista hanno fatto una scelta cuperrima (accrescitivo di "cupa", che forse non esiste), e il messaggio lanciato sembra essere: "No, gente, non pensate di 'Andare e Moltiplicarvi' come sempre avete fatto... Questo è il capolinea."
Bella anche la relazione amicale che nasce tra un ex-poliziotto (Ving - magnificus - Rhames, il "Marcelus Wallace" di "Pulp Fiction"), e un venditore di armi, bloccato anch'esso, ma in una palazzina di fronte al centro commerciale.
Questi diventano amici, giocando partite di scacchi a distanza e tirando in testa con un fucile di precisione agli zombies che si sono accalcati nel parcheggio del centro commerciale, dopo averli identificati per la loro somiglianza con personaggi famosi (il primo, ho scoperto a posteriori, è il sosia di Jay Leno).
Sarà proprio il venditore di armi a fare precipitare involontariamente gli eventi. I sopravvissuti avevano comunque deciso di fuggire in un'isola deserta, ma sarà proprio il fallito tentativo di soccorrere prima il venditore di armi e poi la ragazza che era andata a cercare di salvare il cane che a sua volta avrebbe dovuto salvare il venditore portandogli da mangiare (wow!, che torciglione!), a fare andare tutto in malora.
Dopo avere recuperato ragazza e cane (il venditore di armi finisce invece zombie prima e preso a fucilate poi, e questo proprio ad opera del suo amico ex-poliziotto), i nostri si danno alla fuga con dei bus trasformati in carri-armati.
La scena di trasformazione dei bus in fortezze ambulanti mi è parsa un po' scema.
Non so, forse perché mi ricordava un po' troppo "A-Team" e "Mc - 'da un accendino alla bomba atomica' - Giver".
La sequenza di apertura della fuga coi bus, invece, è fenomenale: gli zombies che si sono accalcati nel parcheggio sono così tanti che i pulmann non riescono a muoversi.
Un'inquadratura di questa scena dall'alto è particolarmente azzeccata: gli zombies che si affollano senza criterio e senza alcun istinto di conservazione attorno ai bus, pigiati come vermi, mi hanno fatto pensare all'Inferno.
Uno dei due bus soccombe, e solo l'altro, con sei superstiti, arriva al porto.
Qui il film si fa struggente: "Cj", una guardia giurata del centro commerciale che a inizio film pareva essere un idiota balordo e invece si era già dimostrato un coraggioso, morendo per gli altri si riscatterà del tutto; "Micheal", personaggio bello e dolce, quando sarà il momento di imbarcarsi con gli altri quattro sopravvissuti, rinuncerà a partire, perché è stato morso, e, quindi, essendo condannato a divenire uno zombie, non vuole mettere a repentaglio la sorte degli altri.
La sequenza di separazione tra lui e "Hanna", l'infermiera (ma forse è "Anna", pronunciato all'inglese) è forse la più commovente del film.
Ecco, i sopravvissuti si imbarcano e partono: qui sembra che tutto finisca bene.
Cioè, non è di sicuro un finale lieto, ma è un bel finale, perché dà speranza.
Invece un paio di particolari ti colpiscono come una mazzata, e ti fanno comprendere che il film non è affatto finito.
Sulla barca, che era di proprietà del cinico riccone, c'è una sua telecamera digitale, con cui questi si era ripreso mentre amoreggiava con una bella figliuola.
A me quelle immagini mi hanno fatto pensare al mondo "di prima" come ad un mondo finito, andato, ad un mondo-cartolina, e mi hanno fatto capire che, come fosse andata, i sopravvissuti non avrebbero di certo vissuto una vita degna di quel nome.
Particolare importante: da questo momento in poi il film è girato con la telecamera amatoriale di cui dicevo, che da soggettiva di uno dei sopravvissuti, diventa la nostra soggettiva.
Alla barca dei nostri si avvicina una scialuppa di salvataggio, e di nuovo, ti dici: "Toh, un contatto con un altro essere umano, forse è questo il segnale di speranza".
Invece, quando la scialuppa viene affiancata, orrore degli orrori, vediamo che dentro c'è uno zombie depezzato, ma ancora in grado di urlare.
E, giusto per dare allegria, il motore si guasta e i superstiti finiscono alla deriva.
In lontananza, all'improvviso, un'isola.
"Ecco, ce l'hanno fatta", ti vorresti dire.
E invece il tempo è una schifo, e l'idea che ti eri fatto dell'isola deserta in cui sarebbero dovuti finire, una piccola perla "sole-sabbia bianca-palme e tranquillità", se ne va a mare (appunto), perché l'isola è molto più grande di quanto ti aspettavi ed è avvolta dalle nebbie.
E’ l’alba.
Se l’isola è così grande, ti dici come prima cosa, di sicuro non sarà deserta...
E se non è deserta sarà piena di quelle cose morte e urlanti, pensi.
I superstiti attraccano, e quel benedetto (si fa per dire) cane che aveva già fatto precipitare le cose poco prima, parte abbaiando in corsa verso l'entroterra...
Ed ecco, è così: No Salvation, No Calm, No Peace...
L'isola è infestata, e i Nostri, lo capisci, sono fregati.
Così è: pochi secondi e la macchina da presa con cui una di loro stava riprendendo tutto cade a terra, e la sua soggettiva, che ormai è la nostra, ci fa capire che siamo caduti a terra, inermi.
Pochi altri secondi e gli zombies si impossessano della mdp, spegnendola e accendendola a caso, girando un involontario documentario di cui essi stessi, pazzi-gridanti e inconsapevoli, sono i protagonisti.
Di nuovo, il genio: è così che il film cominciava!
Io che sono ossessionato dalla circolarità sono rimasto profondamente colpito.
In effetti, è lì che capisci definitivamente che non è un film di maniera...
Ma, soprattutto, è lì che capisci che è un film sulla Fine del Mondo.
Fin.
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