Asmodeo guarda il foglio e il foglio ricambia con ostinata impertinenza, come due amici che si ritrovano insieme dopo tanto tempo e non sanno cosa dirsi.
Asmodeo pensa, si gratta la testa, inizia a scrivere.
Non sa che titolo dare alla vicenda che si appresta a narrare, ma incomincia a picchiettare in fretta sui tasti, seguendo un'ispirazione labile, temendo di perderla e ritrovarsi in una coesistenza muta con la pagina elettronica che lo guarda sorniona.
Scrive, di getto: "Come aveva potuto farsi incastrare a quel modo non riusciva a capire. Era sempre stato scaltro e attento nell'esprimere le proprie opinioni, eppure, si rendeva conto adesso, l'avevano fregato come un idiota".
S'arresta, una musica dolce interrompe il flusso dei suoi pensieri.
"El tempo pasa y nos estamos volvendos viejos", Pablo Milanes e Victor Manuel cantano con passione una storia di amori perduti e tempo che passa, una bellissima canzone introdotta da un assolo di piano, lenta e struggente, uno dei suoi pezzi preferiti, ma in quel momento Asmodeo avverte il fluire delle note come un disturbo, qualcosa che lo allontana dal racconto che si sta dipanando a fatica nella sua testa e lo porta in altre latitudini, in un'atmosfera sognante ed ellittica, fatta di bar fumosi, spiagge abbacinanti, mulatte che ti guardano in tralice, gruppi di jazz che protendono cascate di note scoppiettanti verso il mare verde.
"Esta no puede ser màs que una canciòn, quisiera que fuera una declaraciòn de amor".
Lui invece voleva addentrarsi in un'atmosfera dalle tinte cupe, ambientata in una Russia gelata e livida, in cui il protagonista (del quale ancora non ha deciso il nome), viene costretto a scendere all'Inferno da un torturatore di stato, a vendere la propria integrità, già minata dalla sua fatica di vivere, e trasformarsi anche lui in un aguzzino felice.
Forse potrebbe ambientare la storia a Cuba, nell'Havana di oggi, tra i dissidenti che vengono incarcerati dal regime di Castro, ma Cuba è troppo solare, troppo latina e poi Asmodeo è legato all'isola da affetti sinceri. Ricorda ancora perfettamente lo sguardo di Dolores, che aveva incontrato a Varadero. Lo aveva mirato di sottecchi muovendo i fianchi, con la mescolanza di grazia e sfrontatezza tipica delle giovani donne del luogo, andando a parlare con un'amica vicina.
Lui si era avvicinato facendo una battuta, nel suo spagnolo incerto. Le ragazze si erano voltate e gli avevano rivolto un largo sorriso, chiedendogli da quale parte dell'Italia venisse.
Asmodeo aveva pensato che il suo accento ne aveva rivelato la provenienza, poi era stato distolto dai fianchi di Dolores, che sembravano muoversi al ritmo di una musica immaginaria.
Ricorda benissimo la settimana passata a girovagare per la città vecchia, i bar, la sua stanza di albergo e il viaggio a Santiago su una vettura affittata.
Una terra di donne incantevoli, leggere e appassionate: non può ambientare il suo racconto in un luogo così.
"Serà la noche oscura donde arderè, escriberè tu nombre in cada pared".
Si era sentito bene, desiderato senza richieste di amore eterno e di soldi, oggetto di un piacere che bastava a sé stesso, in una successione di giorni che trascorreva placida.
Ricorda, con uno struggimento difficile da arginare, il movimento del corpo di Dolores sopra il suo.
"Cuando se muere la tarde y agosto parece abrazarte... Te buscare entre la sombra del jardin".
Asmodeo si alza, si riscuote, muove due passi nel suo piccolo appartamento.
Da allora sono passati tre anni e Torino l'ha riaccolto con la sua gentile indifferenza, mettendolo di nuovo davanti alle solite cose, il lavoro, gli amici, le cattive abitudini (verso cui prova un sentimento ambivalente così forte da sembrare l'incarnazione della realtà stessa, come ha detto quello scrittore argentino di cui non ricorda il nome).
Asmodeo si concentra, torna al computer, mentre ascolta una canzone che parla di amori sospesi tra opposti cromatici.
"En blanco y negro, come en el cine, pasa la vida y lo que me diste... El mio es tuyo y lo tuyo es mio".
Pensa che, a trentadue anni, vorrebbe sentirsi diverso, vivere un tempo pieno di eventi, colmo di sensazioni che si inseguono e sfumano le une nelle altre, fino a formare una rete di linee significanti, un tessuto di connessioni vitali.
Rilegge ciò che ha scritto, e, quasi facendosi violenza, scrive: "In sostanza, comprendeva appieno solo ora, non ostante avesse intuito sin da subito con chi avesse realmente a che fare, non si era trattenuto. Trattenuto come, semplicemente, l'istinto di conservazione più basso gli avrebbe dovuto imporre".
Gli pare una frase aspra ed involuta, in cui è difficile capire per quale ragione il protagonista si fosse trattenuto, nondimeno ha già deciso che la lascerà così.
Si alza, mentre Pablo Milanes canta "Yo no te pido que me bajes una estrella azul", salva quello che ha scritto, si affaccia alla finestra e rimane colpito dal tepore del giorno, così lontano dal gelo atmosferico ed interiore che aveva immaginato per il suo pezzo.
"Meglio fare due passi", si dice ad alta voce, avvertendo una sensazione di contentezza incongrua e repentina, "tutto sommato, oggi sarà una buona giornata".
Fin.
Thanks, Writer
Volevo specificare una cosa...
Una persona che mi è amica mi ha chiesto il significato di "Asmodeo scrive", perché, malgrado gli sia parso un buon racconto, "non ne ha capito il senso".
In primo luogo: non sono impazzito.
Ovvero: non mi sono messo a scrivere di me stesso (del me che c'è nascosto dietro il mio tanto reboante quanto ingombrante nickname, per meglio dire), in terza persona.
Il racconto in questione è un omaggio, che un altro autore, Writer per l'appunto, mi ha dedicato.
E' frutto di fantasia, e il me descritto in detto racconto *non* sono io.
Io, tanto per dirne una, a Cuba non ci sono mai stato.
Certo, una cosa Writer l'ha indovinata in pieno: quelli che sono i miei scazzi, e quello che vorrei essere (in questo forse è stato aiutato dalla sua professione di terapeuta e psicologo).
Ci sono delle leggere modifiche rispetto all'originale, la più importante di tutte, come ho scritto lassù tra le parentesi, me l'ha imposta il senso pratico.
Spero che Writer perdoni questa mia "licenza".
Bye,
D.
Scritto da: asmodeo | 10/12/05 a 17:39