Baquo è sul pullman da quasi un’ora.
Sta congelando: la temperatura all’esterno è di –5° centigradi.
La schiena, appoggiata ad un finestrone del bus, è intorpidita, ma Baquo è troppo scoglionato per cambiare posizione.
Strano individuo, Baquo: spesse volte gli è capitato di ragionare, financo nel quotidiano, in termini di utilità economica, comparando i costi e i benefici del suo agire; ma oggi, del freddo calore che sta assalendo i nervi della sua schiena, pare non impiparsene.
Come sempre, si è seduto a metà bus, così può, negli intervalli in cui riposa il cervello durante la lettura o durante l’ascolto delle sue mirabolanti compilation, osservare i suoi estemporanei dirimpettai.
E' triste, felice, si fa le sue storie.
Una cornacchia gracchia fetente, e Baquo, ordinary man del XXI° secolo, vorrebbe poterla disintegrare in un’esplosione di piume: è da bambino che considera quello stridente starnazzìo animale foriero di cattivi presagi.
Con un bazooka, magari.
Sa che è un’insensatezza attribuire ad un animale poteri da chiarchiaro, ma non ostante la predisposizione e la passione per la scienza, tutte (ma proprio tutte) le volte che sente gracchiare un corvo, pensa: “Uhm... Il gracchiare di un corvo... Speriamo non sia di cattivo auspicio!”
La cornacchia bastarda ha interrotto la sua lettura, quindi, inizia un’involontaria disamina dei pesciolini dell’acquario in cui lui stesso quotidianamente sguazza. Gli occhi vagolano e vagolano, soffermandosi dapprima su un individuo di sesso maschile che ha un’assurda aria a metà tra il batrace ed il pesce palla e poi, cascando, colpevoli ma ingestibili, su un mammifero della specie da lui preferita: una femmina umana.
E' molto, moooolto attraente, anche secondo gli eccessivi canoni estetici di Baquo.
Inizia così a scrutarla e, dopo qualche secondo di stupore analitico, coglie il pretenzioso acrostico che campeggia sulla borsa rosa shocking ch’ella ha appresso, di bianco stampato: “S.Pe.G.E. e P.”.
“Ah! Scuola Per Giovani Estetiste e Parrucchiere!”, pensa feroce Baquo, neanche avesse letto “Scuola Per Giovani Meretrici”. Pure, malgrado la madre hair stylist, malgrado si sia ripromesso di non essere inutilmente misogino, la sua mente è gia caduta in una delle tante trappole del sessismo maschilista, e l’attenzione verso la femmina in parola scema precipite.
Torna, languido e pigro, a “La variante di Lüneburg”, libro elegante e adamantino, nella cui lettura è la seconda volta che indulge esterrefatto.
L’occhio gli cade (plop!) sul fondo pagina, e lì coglie il termine scacchistico “Zugzwang”, ma Baquo non tiene voglia di saltare la pagina e mezza che lo separa dalla spiegazione. Così, prende a rimuginare, lui che si è appena fatto travolgere dal Nobil Giuoco: “Zugzwang... Dovrebbe significare o ‘Situazione propria del gioco degli Scacchi in cui, qualsiasi scelta si faccia, si è perduti’, o indicare una situazione di stallo non aggirabile... Non me lo recuerdo più... Cazz’, comunque, sembra descrivere la mia vita...”,e poi ridacchia, poiché, per quanto non abbia pietà degli altri, in effetti, non ne ha neanche mai di sé stesso.
La risata attrae l’attenzione sonnolenta degli abulici astanti, molti dei quali, data l’ora presta, non riderebbero mai e, di riflesso, lo contemplano come se fosse un mentecatto pericoloso.
Tra coloro che l’osservano, v’è anche la giovane parrucchiera ed estetista, e Baquo ricambia, pensandosela già ignuda.
E carponi.
E umida.
E...
Tra le mani ha un quaderno, dal quale si affaccia quella che pare essere un’epistola grondante amore, di rosso vergata.
Baquo è un empate, e raramente sbaglia: se s’è fatto l’idea che la giovine peni per un amore perduto o per un amore che vuole perdere, è improbabile che si tratti di appunti presi a lezione. Parimenti, se sente un formicolìo lungo l’organo, è assai presumibile che ella sia da lui attratta.
“Lezione de che, poi? ‘Prima ora: Taglio; Seconda ora: Phono; Terza: Manicure; Quarta: Cerette a caldo e a freddo: un’Analisi Comparativa?’”, pensa incattivito Baquo, e poi, vinto dalla curiosità e dall’istinto della carne, ci si avvicina.
Lei lo guarda dall’alto in basso, soffermandosi sulle scarpe (“Perché poi le femmine si fissano sulle scarpe?”, si dice Baquo) e, poi torna alla sua lettera, melodrammatica e vanitosa.
I relais che condizionano tirannici l’esistenza di Baquo sono scattati, e benché non sia né un pornofilo né un erotomane, gli tornano alla mente immagini in cui casualmente s’era imbattuto durante una giornata di pigre navigazioni: ragazze che si erano trasformate il Monte di Venere in composizioni artistiche, ritagliandosi o facendosi ritagliare stelline, trifogli, triangoli, cuoricini, tribali e altre variopinte fantasie.
Essendo giornata d’occhi cascanti, l’occhio gli cade (ariploppete!) sull’epistola e, ahilui, in essa Baquo scopre una verità e mezza: ella ha scelto di lasciare il suo lui, perché, “In certi mommenti, si sentiva sofocare”.
A conferma perfetta della sua sensazione, vi sono, quindi, contenuto e forma della lettera scarlatta: gronda amore, ma dalla quantità industriale di strafalcioni ortografici di cui abbonda, si deduce che la femmina in questione è ciò ch’egli immaginava fosse.
Un vacuo involucro, attraente, curata e profumata, ma decerebrata.
Sentendosi osservata e violata nella sua intimità, ella ri-guarda Baquo dall’alto in basso e, al termine della discendente panoramica, sdegnosa alza il mento e volge altrove lo sguardo.
Baquo è furente: cazzo, non se la voleva mica scopare!
O magari si, ma rispettando il rituale del corteggiamento umano, benché giudicandolo ridondante e ipocrita, lo detesti.
La ragazza ha invece manifestato chiaramente la sua stizza, e, soprattutto, nel linguaggio tipico delle femmine torinesi, gli ha dato ad intendere che, possedendo il brevetto della passera, mai gliene farà verificare il progetto.
Rosso di rabbia e frustrazione, sporge il basso ventre leggermente in avanti e, con aria da cerbiatto, le domanda: “Scusa...?”
“Si...?”, ella risponde, dimostrandosi, infine interessata, e fornendogli prova che, effettivamente, tra loro v’è tensione erotica e facendolo vagamente dispiacere per ciò che sta per dire, ma che, spietato vendicatoreBAstardoQUattrOcchi che non è altro, dirà:
“Me lo pettini il cazzo?”
Fin.
Salve vecchio mio! Ho visto la segnalazione del tuo blog nel gruppo che sai... e una seppur breve visita di cortesia, oltre al piacere di leggerti, te la dovevo. 8-)
Ti "bookmarco" in cultura... o preferisci in stranezze? Va' che sei sempre un grande!
Alphio
Scritto da: Alphio | 30/11/05 a 22:22
Ohi, Alphio!
Che piacere leggerti!
E quanto all'inserimento nei preferiti...
Miii, il *mio* blog è nella lista "preferiti" di qualcuno che non sia io!
Miticuzzo!
p.s.: preferisco"stranezze" cmnq, ça va sans dire!
Scritto da: asmodeo | 01/12/05 a 09:32